La vera cecità non ha a che fare con la vista ma con la cultura - QdS

La vera cecità non ha a che fare con la vista ma con la cultura

Anna Claudia Dioguardi

La vera cecità non ha a che fare con la vista ma con la cultura

mercoledì 30 Maggio 2012

Sono 59 mila i non vedenti in Sicilia che fanno i conti quotidianamente con le barriere fisiche e sociali. Il Presidente dell’Uic, Castronovo: “Aumentando i servizi avremo meno difficoltà”

CATANIA – C’è una realtà che va oltre ciò che si vede, una realtà che si assapora toccando con le mani le superfici, che si ascolta e di cui si impara a carpire i segnali pur se privati del senso che pensiamo essere il più immediato: la vista. È la realtà dei 59 mila ciechi che, secondo i dati Istat, popolano la nostra Isola. Una realtà sicuramente piena di barriere, prima tra tutte, quelle culturali. E forse è proprio la mancanza di cultura la vera cecità. Così, quando chiediamo all’avvocato Giuseppe Castronovo, Presidente regionale dell’Unione italiana ciechi quali sono le maggiori difficoltà per i non vedenti, scopriamo, o meglio ci rendiamo conto, che non sono solo percorsi impervi e tracciati senza alcun attenzione a chi non ha l’aiuto della vista per percorrerli, ma è la mancanza di cultura e il pregiudizio che ancora regna nei confronti delle disabilità in genere.
“Il cieco – spiega il Presidente – ha barriere percettili e culturali”.
 
Per quanto riguarda le prime, sono numerosi gli esempi che il Presidente fornisce riguardo alla nostra regione e, in particolare alla città di Catania, dove lui stesso vive. “Se per esempio i pali, anziché verticali, come succede nelle nostre città, fossero posti vicino al muro, creando così dei percorsi plantari, come succede invece a Tokyo, non avremmo problemi. Ciò non accade – continua – per esempio in Corso Italia, è stato fatto un percorso plantare, da noi richiesto nel quale però sono stati poi posti i pali al centro”.
Ma le barriere di cui parla Castronovo sono soprattutto culturali ed è quello che lui definisce “analfabetismo sociale”, che caratterizza purtroppo ancora la nostra regione rispetto al Nord Italia, la causa del persistere di comportamenti che per il cieco diventano vere e proprie barriere. “Anche il parcheggiare le auto sui marciapiedi, o porre sugli stessi i tavoli della frutta, può rendere per noi ciechi un percorso impraticabile, basterebbe un elevamento culturale per capire che si tratta di atteggiamenti errati”. Ma è soprattutto nelle scuole che, secondo Castronovo, persistono ancora oggi tali barriere. “Ci si sforza a voler considerare il bambino disabile come uguale agli altri – spiega – questo non è vero, il disabile ha sicuramente più difficoltà che potrebbero comunque essere attenuate. Per fare un esempio si ritiene che il braille sia emarginante e pertanto da evitare, in realtà le mani sono il nostro strumento più importante e per un bambino cieco imparare a leggere il braille è fondamentale”.
Per quanto riguarda i numeri, come già detto sono 59 mila i ciechi secondo l’Istat, l’Uic ha 27 mila ciechi associati, oltre a 90 mila ipovedenti. L’ente comunque, in virtù del Dlcps 1047/1947 e del Dpr 23.12.1978, è l’unico ente in Italia per la rappresentanza e la tutela degli interessi morali e materiali dei non vedenti.
In Sicilia l’Uic è presente in tutte le Province, con centri in 250 Comuni. “Un’organizzazione così capillare – sottolinea Castronovo – consente di raggiungere i non vedenti che, nell’80- 85 per cento dei casi sono rappresentati da anziani” Ma il lavoro dell’Unione si sta concentrando anche sull’assistenza ai bambini poiché purtroppo sono sempre più numerose le nascite di bambini ciechi pluriminorati. Un fenomeno che, come racconta Castronovo, l’Unione non si riesce ancora a spiegare. L’Uic, insieme con la stamperia Braille e il centro Helen Keller, sono i “cani guida” dei non vedenti. Attraverso i numerosi servizi offerti, quali l’omaggio di audiolibri, l’organizzazione di gite o visite a casa, contribuiscono a migliorare la qualità della vita delle persone cieche. Ed è proprio nella fornitura di servizi che sta, secondo il Presidente, il segreto per una svolta culturale: “Più aumentano i servizi – conclude infatti – e più diminuiscono le barriere e i pregiudizi”.
 

 
Finanziaria. Sono salvi i fondi regionali
 
CATANIA – L’impugnativa del Commissario dello Stato, aveva fatto traballare anche i fondi destinati all’ex tabella H, comprendente anche l’Unione italiana ciechi, il Centro Helen keller e la stamperia Braille, altri due enti che si occupano di offrire servizi e assistenza ai ciechi siciliani. Un rischio che aveva suscitato forti proteste culminate con un sit-in davanti la sede dell’Ars lo scorso 9 maggio. Un rischio scongiurato, lo scorso 24 maggio l’Ars ha infatti approvato una manovra correttiva di circa 300 milioni. Nel dettaglio circa 2 mln e 86 mila euro andranno alla Uic, altri 2 mln circa alla stamperia Braille e 946 mila euro al centro Helen keller. Tale manovra non è certo scevra di polemiche, soprattutto perché per riuscire a finanziare le associazioni dell’ex tabella H sono stati dirottati i fondi destinati ai buoni scuola. Il Presidente Castronovo ha accolto con soddisfazione la notizia della riassegnazione dei contributi.
“Abbiamo costi di gestione elevati – spiega – perché offriamo servizi che nessuna istituzione offre, compresi i Comuni, con personale altamente qualificato, assistenti sociali e psicologi che sono di fondamentale importanza soprattutto per sostenere quei genitori che spesso non sanno affrontare la crescita di un bambino non vedente”.

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