Produciamo conoscenza per trasferirla all’impresa - QdS

Produciamo conoscenza per trasferirla all’impresa

Anna Claudia Dioguardi

Produciamo conoscenza per trasferirla all’impresa

sabato 09 Giugno 2012

Forum con Luigi Nicolais, Presidente del Consiglio nazionale delle ricerche

Quanti dipendenti ha il Consiglio nazionale delle ricerche e come si articola la struttura e l’attività dell’Ente?
“Il Cnr è il più grande tra gli istituti e gli enti pubblici che si occupano di ricerca. I nostri dipendenti sono circa diecimila. Di questi, ottomila sono a tempo indeterminato e duemila a tempo determinato. I ricercatori sono circa cinquemila, mentre gli amministrativi veri e propri sono circa duemila e sono presenti su tutto il territorio nazionale perché la rete del Cnr si snoda in tutta l’Italia ad eccezione della Valle d’Aosta.
Nella sua complessità il Cnr è suddiviso in sette dipartimenti tematici che curano la componente scientifica e culturale con una presenza in tutte le regioni. Si tratta di un’attività di tipo verticale che mira a mantenere sempre attivi e competitivi i settori di cui i dipartimenti si occupano. Dall’altro lato invece vi sono i progetti che camminano in orizzontale in questo sistema poiché si tratta di attività interdisciplinari”.
Qual è il bilancio complessivo dell’Ente?
“Il Centro ha un bilancio di circa un miliardo di euro. Seicento milioni provengono dal Ministero della Ricerca e i restanti 400 milioni da terzi; in parte si tratta di fondi provenienti dall’Europa e in parte dalle aziende. Quasi un 40 per cento del bilancio a nostra disposizione quindi non viene da fondi statali e stiamo lavorando per incrementare ulteriormente questo fronte”.
Qual è la missione principale del Cnr? E qual è la sua veste attuale?
“La nostra missione è quella di produrre conoscenza in diverse aree scientifiche. È una missione analoga a quella delle Università ma, mentre queste ultime attraverso la produzione di conoscenza formano le nuove classi dirigenti, il Cnr si pone come obiettivo principale quella di trasferirla all’impresa e al sociale. Per quanto riguarda l’attuale veste, il Cnr nasce come agenzia, ma negli anni si è trasformato in un ente pubblico, controllato dal ministero della Ricerca e, per tutto ciò che concerne l’attività del personale, dal dipartimento della Funzione pubblica. Noi non siamo autonomi, anche quando facciamo un bando o un assunzione abbiamo bisogno della preventiva autorizzazione”.
Per dare un contributo alla formazione di conoscenza il Cnr lavora molto anche con i brevetti?
“Si, produciamo diversi brevetti, poco meno di un centinaio l’anno, e vi è un ufficio apposito che gestisce questo settore. I brevetti vengono utilizzati prevalentemente per la creazione di nuove aziende. Più spesso invece sosteniamo le aziende esistenti con il know how: i nostri ricercatori collaborano con le aziende e stiamo cercando d’incrementare sempre più questo tipo di attività”.
Come Presidente del Cnr, su cosa sta puntando oggi il suo lavoro?
“Credo che ciò su cui il Cnr debba davvero puntare è l’incremento del rapporto con le Regioni. Vorremmo offrirci, e già abbiamo iniziato a farlo, come agenzia di supporto alle politiche regionali tornando un po’ a quello che era il ruolo originario del nostro Ente. Prima eravamo solo un’agenzia, per cui tutti i fondi che il Governo stanziava per la ricerca transitavano attraverso il nostro istituto, circa trent’anni fa il Cnr ha assunto il ruolo di produttore di ricerca con una conseguente riorganizzazione totale. Io credo molto nel tornare al ruolo di agenzia perché noi, a differenza delle Università, abbiamo una struttura distribuita su tutto il territorio, siamo un agenzia nazionale e, tale capillarità che ci contraddistingue ci permette di essere presenti su tutto il territorio”.
 
Oltre al panorama nazionale, l’attività del Cnr ha un risvolto anche fuori dai confini italiani?
“A livello internazionale il nostro istituto rappresenta l’Italia nel Global research council, un centro di ricerca globale costituito poche settimane fa, nel quale confluiscono tutti i rappresentanti di agenzie analoghe al Cnr e il cui compito principale è quello di sviluppare dei parametri comuni a tutti questi Enti, per esempio sviluppando le raccomandazioni sulla valutazione dei progetti. Sempre all’interno di tale consiglio, stiamo partecipando ad un’operazione molto complessa: l’open date. In pratica si sta cercando di mettere a punto un sistema per far sì che le pubblicazioni dei ricercatori di tutto il mondo vengano messe a disposizione attraverso giornali online gratuiti. Un programma molto ambizioso che sarà portato a termine tra tre quattro anni. Di recente inoltre abbiamo partecipato a Bruxelles a un incontro di Science Europe un’altra organizzazione che mette insieme tutti gli Enti di ricerca europei. Sempre sul fronte della digitalizzazione come Cnr invece abbiamo costituito la digital library, un’emeroteca digitale che, entro fine anno, permetterà a tutti i nostri istituti di non acquistare più riviste perché ne comprerà un’unica copia il Cnr e poi, attraverso tale sistema, la metterà a disposizione di tutti i ricercatori”.
 

 
Piccole imprese in difficoltà nel fare ricerca scientifica
 
Sappiamo che le risorse destinate alla ricerca in Italia sono l’uno percento del Pil contro una media nazionale europea del due. Ma di questa percentuale c’è una parte d’investimento di privati?
“In sintesi possiamo dire che circa il 70 percento è investimento pubblico e 30 per cento privato”.
Le aziende quindi non hanno l’abitudine di destinare parte dei loro fondi alla ricerca?
“Occorre fare una distinzione. Le aziende più piccole, di dimensione subcritica non possono fare ricerca. Per queste aziende il ruolo del Cnr diventa importante perché, se riusciamo a stringere il rapporto tra università, Cnr e impresa, si crea una condizione per cui quest’ultima deve saper mettere in atto solo un’operazione di knowledge integration. D’altra parte si tratta di una pratica già diffusa a livello delle grandi aziende. Un esempio di cui abbiamo conoscenza diretta è la Boeing. Ormai questa azienda costruisce gli aerei in maniera globale e, allo stesso modo si muove sul fronte della ricerca, attraverso quello che viene definito “GlobalNet” ossia un laboratorio di vastissima scala in cui ogni sede dà il suo contributo. A Napoli per esempio si lavora molto sui processi laddove a Sheffield ci si concentra maggiormente sulla fase di testing. Il ricercatore Boing deve avere non tanto la capacità di produrre conoscenza, ma quella di integrare le conoscenze.
Questo è il nuovo modo di fare ricerca delle grandi imprese. Per le piccole imprese tuttavia, spesso vi è un problema di incomprensione della lingua della ricerca e, per questo, sono necessari dei tramiti che la traducano. Da qui nascono i distretti tecnologici o i parchi scientifici che hanno un ruolo principalmente di traduttore, il cui scopo è quello di far dialogare questi due mondi”.
 

 
Affinché i privati investano è necessaria la promozione

C’è qualche attività particolare di cui vuole parlarci?
“Il Cnr partecipa anche alla ricerca sull’Antartide riguardante quindi i grandi cambiamenti ambientali. Gran parte della nostra attività è inoltre indirizzata sulle malattie e, in particolar modo per ciò che riguarda il cancro, la nostra produzione scientifica è la seconda in Europa. Un altro settore su cui lavoriamo molto è quello delle nanotecnologie, tre dei nostri istituti lavorano sul tema e, in particolare, sulla progettazione dei materiali. Siamo molto attivi anche nel settore energetico, incluse le fonti alternative”.
Perché secondo lei molti non sanno di cosa si occupi realmente il vostro istituto?
“Il Cnr ha fatto un grande errore considerando che il proprio compito fosse quello di pubblicare la ricerca. Non è mai stato fatto il passo successivo, ossia quello di considerarsi un ente volto al trasferimento di conoscenza e alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica. La promozione tra la popolazione è l’unico modo, a mio avviso, per far sì che i privati e la politica investano nella ricerca. Nella mia veste di presidente, sto spingendo moltissimo in tal senso, sto ricostruendo completamente il mio staff e stiamo promuovendo un accordo con la Rai per realizzare sette trasmissioni sui nostri sette dipartimenti. Il prossimo anno inoltre l’ente compie novant’anni e, in quest’anno significativo, vogliamo promuovere la conoscenza delle competenze del Cnr. La divulgazione scientifica è infatti essenziale e, altre due nostre missioni sono proprio il trasferimento della conoscenza al mondo produttivo e sociale e far sì che i cittadini raccontino del nostro lavoro”.
 

 
Curriculum Luigi Nicolais
 
Luigi Nicolais, ingegnere chimico. Fondatore e Direttore dell’Istituto per i materiali compositi e biomedici del Cnr e del Distretto tecnologico Imast. Insignito nel 2005 dell’onorificenza di Grande ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica. Nel maggio 2006, è stato Ministro per le Riforme e le innovazioni nella Pubblica Amministrazione. Dal 2008 a febbraio del 2012 è stato Deputato della Repubblica e vice-Presidente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati. Da febbraio 2012 è Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche.

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