Nelle intercettazioni di Scarantino rilevate discordanze. In aula Carmelo Petralia, ex pm del processo e ora procuratore aggiunto a Catania, accusato di aver "costruito" pentiti, rivela che Tinebra, capo dell'Ufficio, "aveva contatti con il Sisde". "Non sospettavo malafede"
Il Tribunale di Caltanissetta ha acquisito la relazione della Dia depositata alla scorsa udienza dal procuratore aggiunto Gabriele Paci nel corso del processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio a carico di tre poliziotti.
Nella relazione si evidenziano discordanze tra i nastrini rilasciati dalla macchina che registrava le telefonate fatte dal falso pentito Vincenzo Scarantino mentre si trovava sotto protezione e i brogliacci con le trascrizioni delle stesse conversazioni intercettate.
In cinque chiamate, una alla questura di Palermo e quattro ai magistrati che indagavano sull’attentato, la macchina ha accertato l’effettuazione delle telefonate, mentre nei brogliacci si parla di impossibilità di registrare per guasti tecnici. La registrazione della chiamata in entrata sarebbe, secondo i tecnici, incompatibile col guasto che avrebbe impedito la registrazione.
La tesi dell’accusa è dunque che nel corso delle cinque telefonate oggetto dell’accertamento a un certo punto la registrazione sia stata staccata volontariamente.
Gli imputati del processo sono tre poliziotti, Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, ex appartenenti al gruppo Falcone-Borsellino, che indago’ sull’attentato in cui perse la vita il giudice Paolo Borsellino. Sono accusati di calunnia aggravata dall’aver favorito Cosa nostra.
I tre avrebbero manipolato il falso collaboratore di giustizia, Vincenzo Scarantino per indurlo a dichiarare ai magistrati una falsa verità sulla strage di via d’Amelio. Nel corso dell’ultima udienza la procura aveva revocato l’istanza di effettuare una perizia sulle bobine con le intercettazioni delle conversazioni tra Scarantino e i pm Anna Palma e Carmelo Petralia che indagavano sulla strage di via D’Amelio e che ora sono accusati di calunnia a Messina.
Lo scopo era proprio accertare se ci fossero state manipolazioni dei nastri, discrasie tra i brogliacci e i dati estrapolabili dagli scontrini rilasciati dalla macchina durante le registrazioni.
L’ex pm del pool Petralia risponde in aula ai magistrati
E ha scelto di rispondere in aula Carmelo Petralia, ex pm del pool che indagò sulla strage di via D’Amelio, citato al processo, in corso a Caltanissetta, sul depistaggio delle indagini sull’attentato.
Secondo la ricostruzione della Procura, gli inquirenti dell’epoca – pm e investigatori -, avrebbero creato a tavolino pentiti imbeccandoli, costringendoli ad accusare otto innocenti e depistando, così, le indagini.
Petralia è attualmente procuratore aggiunto a Catania, mentre Palma è avvocato generale a Palermo.
Nei mesi scorsi i pm di Messina, che per legge hanno la competenza sulle indagini a carico dei colleghi catanesi – da qui la loro inchiesta su Petralia – hanno scoperto una serie di bobine, mai analizzate prima, con le registrazioni delle intercettazioni di telefonate tra il falso pentito Vincenzo Scarantino, uno dei protagonisti chiave del depistaggio, alcuni investigatori dell’epoca e i due pm.
A giugno la Procura della Città dello Stretto notificò ai due magistrati l’avviso di garanzia e l’iscrizione nel registro degli indagati contestualmente alla notizia che sulle bobine sarebbero stati effettuati accertamenti tecnici. Quelle conversazioni sono ora agli atti del processo in corso a Caltanissetta a carico dei poliziotti.
Petralia, tra l’altro, dovrà deporre sia sul contenuto delle sue conversazioni con Scarantino, sia, più in generale, sulla gestione dei collaboratori di giustizia poi rivelatisi falsi che, secondo l’accusa, sarebbero stati istruiti e “telecomandati” dagli inquirenti.
Petralia, Tinebra aveva contatti con il Sisde
“Dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio, visto lo choc generale subito dal Paese, ci fu un concorso di contributi investigativi incredibile. C’erano momenti in cui nella stanza del procuratore c’erano funzionari dell’Fbi o della polizia tedesca. E in quel contesto c’era anche la presenza di appartenenti al Sisde. In particolare ricordo che c’era Bruno Contrada con cui una volta andammo anche a pranzo. Di Contrada avevo comunque sentito parlare da collaboratori di Falcone che mi avevano riferito, tra l’altro, di una diffidenza del magistrato verso di lui”.
Lo ha detto, deponendo al processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio in corso a Caltanissetta, Carmelo Petralia, ex pm del pool che indagava sull’attentato costato la vita al giudice Paolo Borsellino e agli agenti della scorta.
“A tenere i contatti con Contrada – ha aggiunto – sicuramente era il capo dell’ufficio, Gianni Tinebra. Vi fu un contributo informativo da parte del Sisde. In che modo si sia sostanziato e quanto sia durato non lo so”.
“Il rapporto col Sisde, per quel che mi consta, lo teneva Tinebra”, ha detto, rispondendo al pm Stefano Luciani che gli chiede spiegazioni su alcune annotazioni trovate nell’agenda di Contrada relative a indagini sulle stragi.
Contrada, allora ex numero due del Sisde, è stato condannato per concorso esterno in associazione mafiosa.
Petralia, non sospettavo malafede
“Oggi – ha sottolineato Petralia – è relativamente facile cogliere le criticità di quell’indagine. Ma allora c’erano i poliziotti che portavano elementi che avevano suscettibilità di sviluppo investigativo. Loro ci credevano e io non avevo gli strumenti per sospettare una malafede”.