Confisca dei patrimoni mafiosi all’estero e sicurezza al tempo del Covid. Ne abbiamo parlato con il dottor Leopoldo Laricchia, questore di Palermo dal 22 ottobre scorso.
La Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato ha diffuso in data 12 gennaio 2021 una circolare diretta ai Questori, relativa al regolamento (UE) 2018/1805. La circolare invita le dipendenti “Divisioni Anticrimine” ad adottare le opportune disposizioni volte a rendere possibile, in collaborazione con le autorità giudiziarie, l’esecuzione di misure di congelamento e confisca di beni all’estero, secondo quanto previsto dal citato regolamento europeo, applicabile dallo scorso 19 dicembre 2020. Si tratta, finalmente, della possibilità di poter colpire i patrimoni della criminalità organizzata di stampo mafioso non solo per quanto riguarda i beni presenti sul territorio nazionale ma in tutta Europa. A questo proposito abbiamo intervistato il dottor Leopoldo Laricchia, Questore di Palermo, che si è insediato lo scorso 22 ottobre.
Signor Questore, cosa
cambia sia dal punto di vista formale ma soprattutto delle investigazioni?
“Sul tema delle misure di prevenzione siamo più che pronti, appartengono alla nostra cultura. Penso che siano nate proprio qua, in questo territorio, le prime investigazioni che hanno seguito i patrimoni e ricordo a questo proposito il dottor Giorgio Boris Giuliano prima e il dottor Giovanni Falcone poi. Si tratta del famoso “Follow the money”. Oggi la sfida è aperta sul territorio europeo non solo su quello nazionale”.
Quanto può migliorare
la vostra attività di contrasto e repressione delle compagini mafiose grazie a
quest’applicazione?
“La norma è voluta fortemente dagli stati membri e il nostro, l’Italia, è stato al primo posto. Il nostro Stato è quello in cui ha origine una delle più insidiose, efferate e infestanti di queste organizzazioni. È proprio da qua, dalle investigazioni di Boris Giuliano, che si è capito che esisteva un asse tra Palermo e New York e che era spesso necessario uscire dai confini nazionali per poter chiudere in maniera positiva le attività investigative. Riteniamo che sia uno strumento indispensabile e fondamentale. È iniziata la fase applicativa e molto dipenderà anche da come i singoli Stati daranno corso alla sua applicazione. La procedura ha le sue complessità e lascia, giustamente, nei margini di discrezionalità, anche se controllati legislativamente, agli Stati membri. Oggi è evidente che le grandi organizzazioni criminali utilizzano denaro, conti correnti, banche e patrimoni in Europa e in tutto il mondo e, nell’ottica di una integrazione europea per quanto riguarda la giustizia e la sicurezza, proprio questo regolamento è uno strumento importantissimo”.
La nostra Polizia di
Stato ha bisogno di fare un passo avanti o siamo pronti ad affrontare questa
nuova sfida?
“Quando di parla di contrasto al crimine e di capacità
investigativa non ci si può permettere di mettere un punto perché le nostre
capacità devono sempre essere in evoluzione e in perfezionamento.
Come Polizia italiana abbiamo una capacità notevole di investigare sui patrimoni e su dove questi siano nascosti. Il nostro ‘Ufficio di Misure di Prevenzione’, quello della Questura di Palermo, è molto strutturato e specializzato nell’analisi del collegamento tra i patrimoni e l’illecita provenienza. Questo strumento ci permette finalmente di congelare e confiscare i patrimoni in altri paesi dell’Unione Europa perché per poter seguire i soldi abbiamo bisogno di poterci muovere in maniera più ampia”.
Signor Questore, lei
arriva dalla Questura di Brescia, uno dei territori più colpiti dall’ondata
iniziale della pandemia. Quanto è difficile per la Polizia di Stato continuare
a garantire la sicurezza ai tempi della pandemia?
“Nel primo lockdown, quello relativo alla prima ondata il panorama era questo: l’8 marzo iniziò il lockdown e, nel giro di pochi giorni anche grazie all’impatto mediatico dei camion dell’esercito che da Bergamo trasportava centinaia di bare, la gente era attonita. Il lockdown imposto, necessario per riuscire a superare la prima ondata, fu rispetto. In quel periodo ero a Brescia e nel giro di pochi giorni mi trovai di fronte una città deserta dove nulla girava, nemmeno i criminali tanto che si fermò anche il banale spaccio di sostanze stupefacenti.
Tutto il sistema sicurezza fu riversato nel controllo del rispetto delle normative anti-covid. Se guardiamo le statistiche di quel periodo ci accorgiamo che i reati sono calati di quasi il 50% e questo ci ha messo in condizione di poterci dedicare a questo nuovo problema di sicurezza. Ma non possiamo dimenticare che anche i poliziotti sono esseri umani e come esseri umani, come tutti gli altri, hanno paura e sono vulnerabili al virus. Andare per la strada tutti i giorni a contatto che le persone che potevano essere portatrici di virus, è diventato difficile. È stato grazie alla nostra ‘Direzione Centrale di Sanità’, che sin da subito ha dato direttive e attuato provvedimenti che ci hanno permesso di mettere subito in sicurezza il nostro personale, che siamo stati in condizione di continuare a fornire sicurezza ai cittadini. Ricorderà anche il florilegio di esperti opinionisti che hanno creato confusione e hanno messo in difficoltà la tenuta psicologica dei cittadini. Proprio per questo era importante che chi conduceva gli uffici fosse in grado di far reggere psicologicamente il personale che si trovava in queste condizioni.
Nella seconda ondata, invece, come in videogame si è passati dal primo al secondo livello, poi al terzo. Stante ancora una grossa percentuale di rischio di contagio per la comunità, ci siamo trovati non più con un lockdown totale e inoltre con una ridotta attenzione da parte della popolazione e una condizione di maggiore insofferenza per le limitazioni dovuta anche a ragioni non peregrine: pensi ai piccoli commercianti, ai lavoratori autonomi che si sono trovati in gravi difficoltà economica e nella condizione di non sapere se a fine mese sarebbero stati in grado di portare a casa ciò che serviva per il sostentamento della famiglia. Ma alla fine, comunque, sulla strada c’eravamo e ci siamo noi.
In assenza di un lockdown generalizzato non c’è più stato l’abbassamento dell’operato della criminalità e questo ci ha costretto a sdoppiarci occupandoci sia della sicurezza legata alla pandemia sia di quella ordinaria e quotidiana. Lei pensi che a Palermo ci sono 10.000 strade, se dovessi mettere una pattuglia per ogni strada, pattuglia che è composta da due uomini per quattro turni giornalieri, servirebbero 80.000 uomini. Bene, l’organico della Polizia di Stato è di 100.000 uomini a livello nazionale. A lei le considerazioni”.
Arrivano allarmi che
indicano che, in questa fase, la criminalità di stampo mafioso sia all’attacco
proponendosi come alternativa allo Stato fornendo supporto anche economico alla
popolazione.
“Il monitoraggio è già iniziato, soprattutto in quei settori che più di tutti possono essere esposti al ricatto della criminalità organizzata. Abbiamo già avuto qualche esempio proprio a Palermo, quando abbiamo arrestato allo Zen sodali delle cosche che avevano organizzato la consegna di pacchi di derrate alimentari sostituendo il terzo settore e lo Stato. E’ evidente il rischio che, anziché esigere il pizzo, in questo momento la criminalità mafiosa si offra di finanziare le piccole e medie imprese per poi prenderne il controllo”.
In chiusura, come si trova in Sicilia e a Palermo?
“Mi sarei fatto volentieri qualche bagno in mare, avrei voluto andare a cena in qualche ristorante e magari mi sarei fatto volentieri una gita in questa terra meravigliosa, ma ci saranno altri momenti in cui ne potrò godere”.
Roberto Greco