Diritti inviolabili e tutela risarcitoria, la sentenza 205/2022: “Danno a reputazione e onore va risarcito anche se la libertà personale non è stata lesa”
PALERMO – Complice forse la campagna elettorale serrata della recente tornata elettorale, entrata nel vivo tra fine agosto e settembre, è passata in sordina la decisione presa dalla Corte costituzionale in merito al risarcimento dei danni da lesione di tutti i diritti inviolabili, anche se diversi dalla libertà personale.
Con sentenza n. 205 del 2022, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della “Disciplina della responsabilità civile dei magistrati” (legge n. 18/2015), “nella parte in cui – si legge nel testo – limita il risarcimento dei danni non patrimoniali alla sola lesione della libertà personale, escludendo dalla medesima tutela gli altri diritti inviolabili della persona garantiti dall’art. 2 Cost.” poiché la disciplina sulla responsabilità civile del magistrato, vigente fino al 2015, che limitava la risarcibilità dei danni non patrimoniali alla sola ipotesi della privazione della libertà personale, vìola gli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione.
La Corte ha spiegato che la limitazione prevista dalla norma censurata è irragionevole, in quanto non giustificata dall’esigenza di preservare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura. Autonomia e indipendenza sono infatti salvaguardate dalla definizione del confine fra lecito e illecito nell’esercizio delle funzioni giudiziarie, così come dalla previsione dell’azione diretta verso lo Stato, nonché dai limiti posti alla rivalsa nei confronti del magistrato.
Una volta rispettate queste condizioni e definito il perimetro di ciò che è illecito, non vi sono ragioni che possano, invece, legittimare una compressione della tutela civile del danneggiato, leso nei suoi diritti inviolabili. Il danneggiato non può essere privato di una protezione basilare ed essenziale, qual è il risarcimento dei danni non patrimoniali.
Limitare la tutela al solo caso della privazione della libertà personale si traduce in una irragionevole differenziazione nella difesa civile dei diritti inviolabili della persona, “evocatrice, in tale ambito, di una insostenibile gerarchia interna a tale categoria di diritti”.
Il primo passo verso una Giustizia più giusta lo ha fatto quindi la Consulta ma sono ancora tanti gli aspetti del nostro sistema giuridico da migliorare: l’uso politico o comunque “protagonistico” della giustizia da parte di alcuni magistrati, la riforma del Csm, la durata irragionevole dei processi, gli errori giudiziari, le intercettazioni, il tritacarne mediatico che fa passare in secondo piano la verità processuale a favore di quella propinata da web, stampa e social media, solo per citare i più noti.
Il neo Governo guidato da Giorgia Meloni ha intanto disposto il differimento dell’entrata in vigore della cosiddetta Riforma Cartabia (D. lgs. 150/2022) al 30 dicembre 2022. Quella che avrebbe dovuto essere l’inizio di un nuovo corso per la nostra giustizia, di fatto si è tramutata “una riforma annacquata, molto blanda” secondo Benedetto Lattanzi e Valentino Maimone, giornalisti e fondatori dell’Associazione Errorigiudiziari.com.
“Ci sono aspetti positivi – avevano spiegato al QdS Lattanzi e Maimone – ma sono talmente pochi, prevalgono talmente tanto gli aspetti che hanno lasciato tutto com’era o che non apporteranno cambiamenti rilevanti che inevitabilmente non possiamo considerarla una buona riforma: arriva stento alla sufficienza. La colpa però non è della ministra anzi: Cartabia, che è stata Presidente della Corte costituzionale, è un’ottima ministra, è una super esperta. Il problema è che le riforme non le fanno i ministri ma le fa il Parlamento, alla fine è il Parlamento che decide”.
Presunte fatture false: assolti i genitori di Renzi, leader di Iv
“Il fatto non costituisce reato”: questa la motivazione con la quale la Corte d’Appello di Firenze ha assolto Tiziano Renzi e Laura Bovoli, genitori di Matteo Renzi, ribaltando la sentenza di condanna a un anno e nove mesi stabilita dal primo grado nel 2019.
Renzi e Bovoli erano accusati di aver emesso nel 2015 – attraverso due società da loro controllate – fatture false per un totale di 160 mila euro all’imprenditore pugliese Luigi Dagostino (condannato invece a nove mesi), in cambio di consulenze che, secondo l’accusa, non erano mai state fatte.
“Non auguro a nessuno di vivere ciò che hanno dovuto vivere i miei genitori, non si meritavano tanto odio. Ha vinto la giustizia, ha perso il giustizialismo” ha commentato su Twitter il leader di Italia Viva.
Crack Gruppo Grigoli, non fu bancarotta fraudolenta, corretto operato degli amministratori
Assolti perché “il fatto non sussiste”: questa la decisione del Gup di Marsala nei confronti degli ex amministratori giudiziari del gruppo 6GDO di Castelvetrano, colosso della grande distribuzione sequestrato alcuni anni fa a Giuseppe Grigoli, considerato il braccio destro del boss latitante Matteo Messina Denaro.
L’inchiesta, aperta nel 2015, scaturì dall’esposto presentato alla Procura di Marsala da 56 ex dipendenti che accusavano gli ex amministratori di aver gestito male la società e di averne procurato il fallimento.
I reati contestati ai sette amministratori Ribolla, Buscemi e Cirino (ex componenti del Cda della società), Santoro e Rizzo (ex collegio dei sindaci) e Nicitra (ex direttore generale) erano false comunicazioni sociali, bancarotta fraudolenta, aggravata dalla commissione di più fatti e danno patrimoniale causato.
Processo Eni-Nigeria, non ci sarà appello
Colpo di scena nel processo sulla presunta corruzione internazionale che vedeva coinvolte Eni e Shell insieme ai loro manager ed ex manager: le assoluzioni stabilite in primo grado perché “il fatto non sussiste” sono diventate definitive a seguito della rinuncia all’appello da parte della Procura generale di Milano.
“Non c’è prova di nessun fatto rilevante in questo processo. Gli imputati che hanno patito un processo lungo sette anni hanno diritto di vedere cessare immediatamente questa situazione che in questo momento è contra legem rispetto alle indicazioni di regolarità formale del processo, di economia processuale, di durata ragionevole”: queste le dure parole pronunciate in aula dal sostituto procuratore Celestina Gravina.
I 15 imputati (13 persone e le società Eni e Shell) erano accusati di aver versato una tangente da 1,092 miliardi di dollari per aggiudicarsi la concessione da parte del governo della Nigeria dei diritti di esplorazione sul blocco Opl245.
Peso morto, la vita di Angelo Massaro distrutta per colpa di una consonante
Il nuovo docufilm di Errorigiudiziari.com
Dopo ‘Non voltarti indietro’ (primo docufilm sul fenomeno delle ingiuste detenzioni in Italia, menzione speciale ai Nastri d’Argento 2017), l’associazione Errorigiudiziari.com dei giornalisti Benedetto Lattanzi e Valentino Maimone torna sul tema degli innocenti in manette raccontando la vicenda umana e giudiziaria di Angelo Massaro, un innocente arrestato e condannato a 24 anni di carcere per un delitto mai commesso, salvo poi essere riconosciuto innocente dopo aver passato 21 anni dietro le sbarre. La storia di Angelo è raccontata in ‘Peso morto’, documentario che ripercorre i momenti chiave di questa sconvolgente odissea umana. L’opera, per la regia di Francesco Del Grosso (che aveva già diretto Non voltarti indietro), è stata scritta da Lattanzi, Maimone e Del Grosso, con la produzione esecutiva di Black Rock Film in collaborazione con Errorigiudiziari.com.
Alta Velocità Milano-Genova, sei anni dopo si sgonfia l’inchiesta
A distanza di sei anni dalla grande retata del 26 ottobre 2016, che vide decine di arresti di manager pubblici e privati per corruzione, la maxi inchiesta sul Terzo valico si smonta: dopo tre anni di processo, ventisette sono state le condanne chieste dalla Procura di Genova e venti le assoluzioni stabilite dal Tribunale. E ai pochi imputati ritenuti colpevoli inflitte pene al di sotto delle richieste dell’accusa.
Tra gli assolti con formula piena Pietro Salini, numero uno di WeBuild (ex Impregilo), Ercole Incalza, ex dirigente del ministero delle Infrastrutture e Andrea Monorchio, ex ragioniere generale dello Stato.
La retata genovese era scattata in contemporanea con un’operazione analoga della Procura di Roma che si avvia oggi verso la prescrizione.
Yatch confiscato e poi messo all’asta, Briatore accusato di evasione fiscale
Si è conclusa con un’assoluzione piena la vicenda che ha visto coinvolto Flavio Briatore, accusato di evasione fiscale per la vicenda dello yacht Force Blue.
Dopo l’annullamento in Cassazione della prima sentenza, che condannava Briatore a 18 mesi, e la conseguente richiesta di un nuovo processo, la Corte d’appello di Genova ha assolto il noto imprenditore e altre tre persone perché “il fatto non costituisce reato”.
Il maxi yacht era stato sequestrato nel 2010, al largo della Spezia. Prima della sentenza definitiva, però, l’imbarcazione, il cui valore si aggira sui 19 milioni, è stata venduta all’asta per 7 milioni a Bernie Ecclestone.
Briatore, che ha incassato dallo Stato 7 milioni, ha richiesto il risarcimento per i restanti 12 milioni ma la richiesta gli è stata respinta.
“Nessuna truffa ai danni dell’Università di Palermo”
Non luogo a procedere perché “il fatto non sussiste”. Si chiude con un proscioglimento il caso di Vincenzo Franzitta, professore universitario di Ingegneria accusato di truffa per avere svolto il doppio lavoro – quello di amministratore di fatto di un’azienda intestata alla moglie – senza l’autorizzazione dell’Ateneo di Palermo.
Per il gup Simone Alecci le accuse sono infondate e così, al termine dell’udienza preliminare, Franzitta non solo è stato prosciolto ma è stato annullato anche il sequestro di 63mila euro che era stato disposto nei suoi confronti nel 2019.