Queste le previsioni di Confesercenti in revisione delle stime presentate dal governo
Nel 2019 crescita della spesa ferma a +0,4% per un totale di 3,6 mld di consumi in meno
ROMA – Brusco rallentamento dei consumi delle famiglie previsto nell’anno in corso. Questo è quanto emerge dalle previsioni macroeconomiche elaborate da Cer per Confesercenti, che rivede al ribasso le stime presentate dal governo. Un dato inequivocabile e il peggiore dell’ultimo quinquennio.
Non solo produzione industriale ed export: la frenata dell’economia contagia quindi, anche i consumi delle famiglie. Per il 2019 la crescita della spesa si fermerà infatti ad un massimo di +0,4%, la metà dell’aumento stimato per il 2019 dal governo (+0,8%), per un totale di 3,6 miliardi di euro di consumi in meno.
Il risultato, come detto peggiore degli ultimi cinque anni e un peso anche per il Pil, per il quale la minore crescita dei consumi si tradurrà in una perdita di 2,1 miliardi di euro. Da queste stime si evince la maggiore difficoltà dell’Italia a superare la recessione rispetto agli altri paesi europei. In più a fine 2019, i consumi italiani a prezzi correnti saranno ancora 5 miliardi in meno dei livelli registrati nel 2011.
Le cause di questo calo sono riconducibili a fattori esterni, legati soprattutto alle questioni internazionali. Ma a pesare sui consumi italiani e sullo sviluppo dell’intera economia è sicuramente anche la mancata crescita del potere d’acquisto delle famiglie, fermo ormai dal 2011: nel 2019, infatti, è ancora invariato rispetto ad otto anni fa. Altro fattore determinante e da non sottovalutare è un sentimento di forte sfiducia presente negli italiani, pessimismo che nasce da un quadro economico percepito come poco favorevole e che scoraggia le decisioni di spesa.
“La spesa delle famiglie sta perdendo quota più rapidamente delle attese” – così ha dichiarato Patrizia De Luise, Presidente Confesercenti. “Nonostante le misure espansive introdotte dalla manovra, a partire dal mancato aumento dell’Iva per l’anno in corso, il 2019 rischia di diventare un nuovo annus horribilis per i consumi. E lo scenario potrebbe peggiorare ulteriormente nel 2020, se dovessero scattare gli aumenti Iva previsti dalle clausole di salvaguardia”.
Una situazione di blocco che ha condizionato il mercato interno e le Pmi che ad esso fanno riferimento: si registra, infatti, la perdita di 360mila occupati indipendenti, tra imprenditori e collaboratori familiari, di cui quasi la metà, circa 168mila, nel commercio. A farne le spese sono stati soprattutto i negozi indipendenti, penalizzati anche dalla deregulation del commercio, che non solo non ha dato nuova linfa ai consumi, come oramai evidente, ma ha portato ad uno spostamento di quote di mercato verso le grandi strutture: se dal 2011 la grande distribuzione ha visto crescere di 5,9 miliardi il proprio fatturato, soprattutto grazie alla spinta dei discount, i negozi, invece, hanno perso oltre 10 miliardi di euro di vendite.
“La priorità – continua la De Luise – è spezzare la spirale al ribasso imboccata dall’economia italiana, dando un segnale forte alle famiglie e alle imprese per dissipare il clima di incertezza. In primo luogo, confermando che lo stop degli aumenti IVA non sarà frutto di uno scambio con un taglio delle agevolazioni: non ha senso bloccare gli aumenti fiscali con altri aumenti. Segnale negativo anche lo stop alla Tav: dobbiamo anzi puntare con maggior decisione allo sblocco degli investimenti, leva di crescita indispensabile per contrastare il ciclo negativo. A partire proprio da quelli per le infrastrutture, che sono centrali anche per il commercio e per il turismo. Altrimenti l’Italia sarà condannata a marciare a velocità ridotta”.
Marco Carlino