I decreti-legge e il Parlamento - QdS

I decreti-legge e il Parlamento

I decreti-legge e il Parlamento

Giovanni Cattarino  |
sabato 23 Novembre 2024

La Corte costituzionale torna a occuparsi dei decreti-legge

Con la sentenza n. 146 del 2024 la Corte costituzionale torna a occuparsi dei decreti-legge, quegli atti con “valore di legge” che, come è noto, il Governo, ai sensi dell’art. 77 della Costituzione, può adottare “sotto la sua responsabilità”, “in casi straordinari di necessità e urgenza”.

Il Decreto legge deve essere convertito in legge entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione, pena la sua perdita di efficacia “sin dall’inizio”. Proprio in ragione della brevità del termine i regolamenti parlamentari prevedono per l’approvazione delle leggi di conversione un procedimento accelerato e semplificato che riduce lo spazio per il dibattito rispetto al normale procedimento legislativo.

La questione sottoposta alla Corte aveva a oggetto una norma del Decreto legge n. 51 del 2023 come convertito, che disponeva la cessazione dalla carica, a decorrere dal 1° giugno dello stesso anno, dei sovrintendenti delle fondazioni lirico-sinfoniche che, alla data dell’entrata in vigore del decreto-legge, avessero compiuto 70 anni. Il Tribunale di Napoli aveva ritenuto la norma in contrasto con l’art. 77 della Costituzione.

Prima di esaminare il caso di specie la Corte ribadisce alcuni punti fermi in tema di decretazione d’urgenza. L’adozione del Decreto legge è frutto di un’autonoma scelta politica del Governo. Necessità e urgenza sono nozioni dai margini elastici e pertanto non possono essere imbrigliate entro schemi rigidi così da predeterminare i casi in cui è consentito il ricorso a tale strumento. Tuttavia, poiché l’assetto delle fonti del diritto (leggi, decreti, regolamenti) è una componente essenziale della forma di governo e non può essere modificato ad libitum vi sono dei limiti che si impongono anche alla maggioranza e al Governo che ne è l’espressione in quanto posti a tutela della funzione del Parlamento e delle minoranze politiche. Pertanto il Governo non può dare un’interpretazione eccessivamente ampia dei casi di necessità e urgenza per evitare gli ostacoli del normale procedimento legislativo. Né l’eventuale conversione in legge da parte della sua maggioranza varrebbe a sanare il vizio d’origine del decreto, carente dei presupposti che lo legittimano.

La Corte rivendica quindi il suo potere di sindacare sia il Decreto legge che la legge di conversione sotto il profilo dell’esistenza di tali presupposti. Il Decreto legge deve essere omogeneo sia rispetto ai suoi contenuti ovvero rispetto alla sua finalità: può contenere cioè norme afferenti anche a materie diverse, purché accomunate dalla necessità di un intervento urgente per evenienze straordinarie. La mancanza di omogeneità e di coerenza delle norme tra loro o con il preambolo del decreto sono indice, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, della mancanza dei requisiti costituzionalmente necessari.

Nel caso di specie la norma che sancisce la cessazione dall’incarico dell’unico sovrintendente ultrasettantenne, Stéphane Lissner del San Carlo di Napoli, non presenta alcuna correlazione con le finalità, qualificate necessarie e urgenti, enunciate nel preambolo, “di stabilire misure volte a garantire l’efficienza dell’organizzazione degli enti previdenziali pubblici, nonché delle fondazioni lirico-sinfoniche”. La norma non può davvero essere ricondotta a un disegno di efficientamento delle fondazioni lirico-sinfoniche realizzato unicamente attraverso uno svecchiamento del personale, se poi, per di più, la misura riguarda una sola persona.

In realtà il ricorso al versatile strumento del Decreto legge mirava a liberare il posto di sovrintendente del San Carlo per assegnarlo a Carlo Fuortes, dimessosi dall’incarico di amministratore delegato della Rai. Un uso delle fonti del diritto quantomeno… disinvolto che, ancora una volta, mortifica la funzione del Parlamento ed è stato pertanto censurato dalla Corte.

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