Rai, tagliare canone e spese - QdS

Rai, tagliare canone e spese

Rai, tagliare canone e spese

venerdì 29 Novembre 2024

Troppi dipendenti e giornalisti

Per varare la legge di bilancio 2025 vi sono tanti ostacoli da superare, non solo tra maggioranza e opposizione, ma anche all’interno della prima.
Uno degli argomenti che sembra secondario, ma non lo è, riguarda il canone della Rai. Com’è noto, la società editoriale è posseduta interamente dal Ministero dell’Economia e Finanze, che quindi ne decide le linee attraverso un contratto di servizio, oltre che nominare il Consiglio di amministrazione e indirettamente i/le direttori/trici dei diversi dipartimenti di informazione.

Teoricamente la Rai ha una gestione autonoma, le cui entrate sono fondate su due pilastri: la pubblicità e il canone, nel rapporto di circa un terzo e due terzi. Il canone è dunque l’entrata maggiore, il cui importo è di novanta euro per abbonato/a, tranne nel 2024 in cui è stato ridotto a settanta euro grazie ai fondi del Pnrr. Ma nel 2025 verrà ripristinata la cifra standard.

La riduzione del canone implica che le entrate della Rai diminuiscono di venti euro per abbonato/a (circa 400 milioni di euro). Di conseguenza, anche le uscite devono diminuire ed ecco dov’è il punto di conflitto: diminuire le uscite significa tagliare sul personale e sui/sulle giornalisti/e, che sono circa duemila. Pensate che le redazioni dei Tg regionali sono ventiquattro.
La spending review necessaria per potere far quadrare il bilancio è impopolare, anche perché bisognerebbe effettuare tagli drastici in appalti di vario genere e nell’acquisto di film e di altri prodotti confezionati, anche provenienti da amici degli amici e pagati spesso a prezzi superiori a quelli di mercato.

Insomma, il primo editore italiano, che è pubblico, cioè la Rai, non segue una linea di efficienza e di massima economicità, bensì quella più tortuosa di venire incontro a tante richieste secondo la consuetudine della cultura del favore.
L’aspetto economico è quindi rilevante e non sappiamo quale linea prevarrà all’interno della maggioranza: quella di lasciare le cospicue spese esistenti col canone a novanta euro, ovvero tagliarle portando il canone a settanta euro.

Vi è un’altra questione che vogliamo mettere in evidenza e cioè che tutti gli spettacoli di intrattenimento, di dibattiti giornalistici e non giornalistici e di informazione, prevedono ospiti di vario tipo. Fra essi una maggioranza di personaggi politici, ma anche professori, professionisti, imprenditori. Molti volti sono conosciuti perché compaiono ripetutamente nelle diverse trasmissioni, molti altri sono sconosciuti. Sono proprio questi ultimi che danno un poco di verve e di novità ai dibattiti perché quelli che si ripetono continuano a ribadire argomenti triti e ritriti.
Vi è soprattutto una pletora di giornalisti/e, molti/e dei/delle quali vengono appellati/e come editorialisti/e (errore marchiano), che continuano a propinarci il loro punto di vista anch’esso stantio e che non dà nessun respiro nuovo ai dibattiti.
Tutto ciò è in conflitto con l’articolo 21 della Costituzione e con il Testo Unico dei Doveri del Giornalista.

La Rai italiana dovrebbe funzionare come la BBC britannica, cioè dovrebbe avere la funzione educativa e formativa dei/delle cittadini/e, non inseguire l’audience, per cui è costretta a trasmettere programmi di intrattenimento in concorrenza con le radio-televisioni private.
Ma questo indirizzo nessun governo della seconda Repubblica ha intrapreso perché gli appetiti sono rilevanti e non si pensa a una Rai senza pubblicità, anche perché non si vogliono favorire gli editori privati.

Tuttavia, pur perseguendo un obbiettivo economico, la Rai non può dimenticarsi della sua funzione di guida e di formatrice dei/delle cittadini/e e pertanto dovrebbe scegliere quegli autori e autrici di programmi che siano colti e competenti, in modo da organizzare trasmissioni che costituiscano punti di riferimento etici per tutti/e e non roba piena di leggerezze e facezie che non divertono e non educano.
Un Paese senza una guida culturale pubblica, quale dovrebbe essere quella della Rai, è carente e deficitario.

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