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AeM: “In Sicilia rete ferroviaria, portuale e stradaria monca”

Caro Direttore,

La sciagurata scelta del secondo porto a Sud di Messina, a Tremestieri, dovrebbe insegnare qualcosa: ideato per liberare la Città dalla schiavitù del traffico pesante si dimostra classica fabbrica di S. Pietro che necessita di circa 400 mila euro annui per liberarlo dai massicci insabbiamenti provocati dallo scirocco. Sito palesemente sbagliato, bastava dar retta ai pescatori che da subito avevano bocciato la scelta. Per il suo completamento sono programmati ancora due anni di lavori. Infine, diverrà effettivamente un porto con due invasature vicendevoli, oppure resterà com’è, un approdo mangiasoldi?

Il quadro di Tremestieri, in piccolo, riporta al Mose, altro abito scandaloso, sincopato in ambito veneto dalla ordalia mediatica, però di taglia nazionale sia per l’imponenza delle risorse impiegate sia per gli esborsi aggiuntivi, stornati fra rimodellamenti e necessità di gestione. ale premessa ci riporta alle risorse in atto col Recovery Fund: era prioritario fare il secondo porto a Tremestieri? O più necessario e conveniente anticipare la nascita di efficienti porti nordafricani nello Stretto di Sicilia, dove “la concorrenza sarà fortissima!”. Così mi disse negli anni Novanta l’illustre amico professor Giacomo Borruso, maestro di Economia dei trasporti, magnifico rettore di Trieste, mentre soggiornavo all’Istituto di anatomia e istologia patologica dell’Università.

Uno Stato serio e un Governo regionale conscio della posizione geocentrica e geostrategica della Sicilia, una classe politica meno imbevuta di prospettive dell’orticello avrebbero posto mano e realizzato tempestivamente una rete di infrastrutture nel Sud/Sud, la cui importanza resta basilare tutt’oggi. Il porto civile di Augusta, da costruire subito in luogo diverso rispetto a quello militare avrebbe in sé tutte le caratteristiche del porto gateway, compreso un retroporto a perdita d’occhio. Qui come nei porti di Palermo, Gioia Tauro, Napoli, Bari e Taranto, le Zes avrebbero la capacità di invertire la polarità dei mercati e far ripartire la crescita e lo sviluppo del Meridione d’Italia. Non sono sogni, sono numeri che anche un principiante farebbe presto a computare. Il prezzo dei nostri prefabbricati artigianali e industriali diverrebbe concorrenziale al netto dei costi aggiuntivi di risorse umane, di assicurazioni, carburante e logorio macchina, necessari affinché i teu-container raggiungano la piattaforma Nordeuropea. Intanto i cargo container, in numero quattro volte maggiore rispetto al Canale di Panama, continuano a scivolare lindi lindi sotto il nostro naso, colmi di ricchezza nello Stretto di Sicilia, mentre noi ricaviamo soltanto inquinamento.

In verità, con la Decisione n. 884/2004 su “Linea guida per lo sviluppo delle Reti Transeuropee” l’Ue aveva riconosciuto il carattere strategico dell’Italia nell’area euro-mediterranea, e soprattutto ne supportava la vocazione euro-africana con il Progetto prioritario Berlino-Palermo (Pp1). I nostri decisori hanno nicchiato, abbagliati dalla solita visuale nord centrica dell’Italia unitaria. Ed ecco la Commissione sulle Prospettive di bilancio “A budget for Europe 2020” presentare il 29 giugno 2011 al Consiglio ed al Parlamento europeo un cambiamento di approccio rispetto alla decisione del 2004. L’infelice modello era basato su due livelli di pianificazione e finanziamento. Sul primo livello di interesse europeo (core network) si concentreranno le risorse del bilancio comunitario; sul secondo livello di interesse nazionale (comprehensive network), la realizzazione e il finanziamento sarebbero spettati soprattutto agli Stati membri. Emergeva in modo chiaro l’intenzione della Commissione di razionalizzare le reti Ten-T di interesse comunitario. I Corridoi saranno localizzati nelle regioni ad alto reddito e a più forte domanda di connettività interregionale. Essi interesseranno l’area dell’Italia settentrionale con un’appendice sulla Emilia Romagna, mentre lasciano in completo isolamento la direttrice tirrenica. Hanno voluto deviare il Corridoio Berlino-Palermo verso la nuova direttrice Napoli-Bari, che prosegue via mare nel basso Adriatico fino a Malta. Un giochetto che avrebbe fatto trasalire dalle risate i ragazzi delle scuole medie, ma non la classe politica italiana nella sua totalità. Incredibile! Il nuovo tracciato taglia fuori dal nocciolo duro dei trasporti europei vaste aree della Campania meridionale, della Basilicata, Calabria, Sicilia, abitate da circa 10 milioni di cittadini. Il Corridoio Scandinavo Mediterraneo Helsinki – La Valletta del nuovo quadro di interventi prioritari, posti all’orizzonte europeo 2020 si sovrappone, come già richiamato, al Progetto prioritario originale Berlino–Palermo (Pp1) solo fino a Napoli. Qui il tracciato del nuovo Corridoio europeo si attesta su Bari e cambia incredibilmente acronimo (Pp5). Il collegamento Nord/Sud non è la 1^ priorità, bensì la 5^.

Questa tipologia monca della rete portuale, ferroviaria, stradale, lontana dagli standard europei penalizza non solo intere regioni del nostro Paese, ma l’area mediterranea nel suo complesso. Unica fra i grandi Paesi europei, l’Italia ha una configurazione geo-storica tale per cui taglia il Mediterraneo come un grande molo. Non solo grande molo, la nostra penisola costituisce un piano di scorrimento che la collega all’arco alpino, al mondo greco-balcanico, al mondo arabo-africano, del quale per molti versi ha fatto parte e in certo senso continua gloriosamente a far parte la Sicilia (Franco Cardini). Da notare che i porti del grande molo dichiarano un movimento complessivo di teu-container inferiore a quello del porto di Rotterdam. Un dato indicativo della miopia italiana, specie per i porti del sud. Ed è il braccio di mare dello Stretto di Messina, che interrompe la continuità del moncone terminale Napoli – Palermo dell’ex PP1, escludendo di fatto l’economia italiana dalla rotta nodale dei flussi commerciali est / ovest nel sud Mediterraneo.

Oggi stanno riaffiorando più che motivate ragioni per riposizionare la Sicilia al centro geo-strategico e geo-economico del Mediterraneo, da cui era stata estromessa per la mancanza di un grande porto a Sud, per la cecità programmatica e progettuale verso il meridione dei governi nazionali succedutisi nei decenni, per la cesura ferroviaria Av e Ac fra le sponde siciliana e calabrese. Tre noxae patogene della questione meridionale di oggi. Adesso tutto dipende da quel che avviene sul terreno scivoloso dei finanziamenti europei e nazionali (Recovery plan, Next generation, Mes, spese straordinarie), il cui plafond a favore del Sud non dovrebbe essere inferiore al 50% del totale. I decisori potranno mai trascurare il Pil negativo del Mezzogiorno, il reddito pro capite sperequato rispetto ai cittadini del nord del Paese ed ancora la scarsità dei progetti a fronte di centinaia di opere incompiute?

Concludendo l’Associazione europea per il mediterraneo (www.asseurmed.eu) sottolinea al Presidente Conte, ai Ministri Provenzano e Amendola l’importanza della qualità dei progetti e dei problemi che si avviano a soluzione. L’occasione è irripetibile per consolidare lo spirito di coesione fra le regioni del Paese e l’Ue.

Cosimo Inferrera
Presidente AeM- Associazione europea per il Mediterraneo