Amministratore condominio e appropriazione indebita - QdS

Amministratore condominio e appropriazione indebita

Antonino Lo Re

Amministratore condominio e appropriazione indebita

sabato 22 Giugno 2019

La pronuncia della Cassazione: reato utilizzare denaro di un condominio per spese in favore di un altro edificio. Il possesso del denaro non conferisce alcun potere di compiere atti di disposizione non autorizzati

ROMA – Nel caso in cui un amministratore utilizzi denaro derivante da un condominio per effettuare dei pagamenti in favore di un altro edificio condominiale, viene integrato il reato di appropriazione indebita anche se il soggetto amministra entrambe le strutture. A pronunciarsi è la Corte di Cassazione con l’ordinanza 18699/2019.

Il giudizio della Suprema Corte trae origine dal fatto che la Corte d’appello di Milano ha accolto il ricorso proposto dal pubblico ministero della parte civile avverso la sentenza pronunziata dal Tribunale di Milano, il quale aveva assolto un amministratore di due condomini per insussistenza del fatto di appropriazione indebita. L’imputato aveva utilizzato somme di denaro ricevute da un condominio per versarli in un altro che presentava crisi di liquidità.

Il ricorrente presentando ricorso in Cassazione ha sottolineato di avere preso soldi non per sé ma per effettuare pagamenti in favore di altri condominii da lui amministrati e tale condotta esclude che sia stata posta in essere quella interversione del possesso che integra il reato attribuito l’imputato.

L’articolo 646 del codice penale è chiaro a riguardo: chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria di denaro di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a 1.032 euro.

La Cassazione ha rigettato il ricorso dell’amministratore poiché “è fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerarsi non specifici”. A dire della Suprema Corte, infatti, le doglianze solo formalmente evocano vizi di legittimità: in concreto esse sono articolate sulla base di rilievi che tendono ad una rivalutazione del merito delle statuizioni della Corte territoriale. Statuizioni, peraltro, nella specie operate dalla Corte di appello con argomenti esaurienti e privi di vizi logici.

Nella sentenza gli Ermellini sottolineano come già la Corte d’appello aveva “rilevato che le emergenze processuali – si legge nella sentenza – e le stesse ammissioni degli imputato hanno dimostrato che vi era stato un uso non consentito del denaro dei diversi condomini di cui l’imputato aveva il possesso ed una destinazione incompatibile con le ragioni del possesso, che ha determinato quella interversione che integra, secondo il consolidato principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità, il reato di appropriazione indebita.

“Ed invero è pacifico che ai fini della configurabilità – prosegue la Suprema Corte – del delitto di appropriazione indebita, qualora oggetto della condotta sia il denaro, è necessario che l’agente violi, attraverso l’utilizzo personale o altro tipo di distrazione non autorizzata, la specifica destinazione di scopo che esso può avere”.

Molte delle sentenze della Cassazione penale, tra cui 50672/2017, 24857/2017, 12869/2016 e 46474/2014, si sono espresse sulla questione. Il possesso di quel denaro da parte dell’amministratore, non conferisce allo stesso il potere di compiere atti di disposizione non autorizzati o, comunque, incompatibili con il fatto che debbano essere a disposizione del condominio e, ove ciò avvenga, si commette il reato di appropriazione indebita.

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