Editoriale

ArcelorMittal verso l’India, ex Ilva, continua l’imbroglio dei media

L’articolo 1 del Codice penale , recita: “Nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato della Legge, né con pene che non siano da essa stabilite”.
L’articolo 51 recita: “L’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della Pubblica utilità, esclude la punibilità. Se un fatto costituente reato è commesso per ordine dall’Autorità, del reato risponde sempre il pubblico ufficiale che ha dato l’ordine…”.
Giornali, televisioni e media sociali continuano a confondere l’opinione pubblica su questa materia, quella che comunemente viene indicata come lo “Scudo” nei confronti degli amministratori di ArcelorMittal. Sostengono che essi non siano responsabili per fatti compiuti da precedenti amministratori, cioè dai commissari straordinari.
Questo è l’inghippo, perché se da un canto è vero che nessuno risponde per atti compiuti da altri in precedenza, in quanto la responsabilità penale è personale, d’altro canto il permanere di un reato comporta la responsabilità di chi gestisce in quel momento l’azienda.

Il cosiddetto “Scudo” copriva tutto il periodo in cui la conduttrice Mittal avrebbe dovuto mettere in atto il Piano di risanamento ambientale, per evitare ulteriore inquinamento. Ma per farlo occorre un certo periodo di tempo, stimato in qualche anno.
Dal momento che lo “Scudo” viene tolto, con l’abrogazione della relativa norma, lo stabilimento ex Ilva inquina l’ambiente, per cui del relativo reato rispondono gli amministratori attuali.
Ecco che cosa non scrivono i media, i quali si sono gettati sull’ipotesi che alla compagnia franco-indiana non convenisse più proseguire questa attività. Ma i commissari non hanno avuto buon fiuto e quindi non hanno suggerito al Governo di evitare di offrire un pretesto, peraltro perfettamente legittimo.
Si è trattato di un comportamento inefficiente, perché l’avere violato una clausola del contratto di locazione, come quella del non considerare reato l’attuale inquinamento fino a compimento del risanamento ambientale, ha consentito di trovare l’escamotage per uscire da questa situazione.
Chi è ArcelorMittal? Una compagnia che gestisce impianti per la produzione di acciaio in Messico, Canada, Algeria, Brasile e in altri Paesi. Metà sono in Europa, gli altri negli altri continenti. Il giro d’affari è di ottanta miliardi di euro e gli utili distribuiti agli azionisti nell’ultimo anno di circa cinque miliardi.
La compagnia gestisce tutti gli stabilimenti con sei trust che hanno sede nell’Isola di Jersey, un paradiso fiscale del Regno Unito, situato nel Canale della Manica, cioè in Europa.
I sei trust hanno nomi di metalli: Platinum, Gold, Silver, Chromium, Americium, Osmius e Titanium. I trust pagano pochissime tasse, pur essendo ubicati nella stessa Europa, che consente tale paradiso fiscale (una vergogna!).
Il contratto fra i commissari e ArcelorMittal è un contratto di locazione con diritto all’acquisto dopo un certo periodo, in cui è inserito il Piano di risanamento ambientale, ma anche il rinnovamento e lo sviluppo dell’attività. La società si è impegnata a investire quattro miliardi.

La Corte Suprema indiana ha dato il via libera ad AM per acquistare il gruppo siderurgico Essar Steel per 6,15 miliardi di euro. L’acquisto è stato effettuato in tandem con i giapponesi di Nippon Steel. Cosicché, la società ha perso interesse su Taranto, perché qui vi sono 10.700 dipendenti, in India ne bastano 3.800, pur avendo una potenzialità di produzione di 10 milioni di tonnellate di acciaio l’anno nello stabilimento di Harizia, contro i 4/8 milioni, a regime, di Taranto.
La Procura di Milano ha aperto un’inchiesta, la Procura di Taranto ne ha aperto una seconda, cosicché le due iniziative hanno fatto perdere definitivamente interesse ad AM per il polo di Taranto. L’amministratore delegato di ArcelorMittal Italia, Lucia Morsell, sta pertanto procedendo a restituire l’impianto ai commissari (4 dicembre) e ha comunicato di voler spegnere i forni in gennaio 2020, per non inquinare più.
Non crediamo che la battaglia giudiziaria farà tornare indietro la compagnia franco-indiana. Pertanto i commissari, al di là della stupida idea di nazionalizzazione, dovranno trattare di nuovo con l’altro competitor, l’indiana Jindal.
Questo il quadro, non smentibile. Basta menzogne!