Asili, centoventimila bimbi siciliani senza nido - QdS

Asili, centoventimila bimbi siciliani senza nido

redazione

Asili, centoventimila bimbi siciliani senza nido

martedì 03 Settembre 2019

La Fp Cgil, i Comuni non hanno soldi a causa del federalismo fiscale voluto dalla Lega Nord e il fallimento delle politiche di esternalizzazione: le strutture private sono molto care e di numero insufficiente

Sono centoventimila i bimbi che in Sicilia non trovano posto negli asili nido, né pubblici, né privati.

Lo segnala la Funzione pubblica della Cgil regionale alla vigilia della ripresa delle scuole.

Nel dettaglio l’elaborazione, sulla base Istat 2016-2017, distingue tre fasce di età: da zero a un anno la popolazione dell’infanzia si attesta sui 42.976, da uno a due anni sui 44.427 e dai due ai tre anni è di 44.051. Complessivamente, da zero a tre anni, gli aventi diritto sono 131.454, ma l’accesso è assicurato appena a 12.036 bambini.

“Le ragioni di questa imperdonabile carenza – ha detto il segretario della Fp Cgil Sicilia, Gaetano Agliozzo – risiedono nella scarsa offerta pubblica, con gli asili nido gestiti dai Comuni che diminuiscono per mancanza di fondi, nei costi troppo alti dell’offerta privata e convenzionata e, fenomeno più recente, nella rinuncia da parte delle madri che, non avendo un lavoro, scelgono di accudire a casa il loro figlio”.

Il Federalismo fiscale leghista colpisce il Sud

Insomma, anche negli asili nido il federalismo fiscale leghista continua a martoriare il Sud e dunque la Sicilia.

La vicenda venne denunciata dal quotidiano napoletano “Il Mattino” sin dal 2014 e scatenò i ricorsi presentati da settanta Comuni del Mezzogiorno con capofila Riccia in Molise, Altamura in Puglia e Cinquefrondi in Calabria e recepiti dal Tar del Lazio: il caso degli asili nido zero, infatti, è solo il più clamoroso di una serie di storture che incidono sui diritti di cittadinanza nel Meridione.

A volere il federalismo fiscale furono i governi Berlusconi a trazione leghista. La Legge delega n. 42 di Riforma del Federalismo fiscale venne firmata da Roberto Calderoli il cinque maggio del 2009. La legge conteneva già principi e criteri direttivi per l’attuazione del federalismo fiscale. Vennero poi emanati, prima della caduta, nel 2011, del Governo Berlusconi – del quale faceva parte, come sottosegretario al Lavoro, l’attuale presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci – ben nove decreti legislativi.

Le regole diaboliche del Federalismo fiscale leghista

Secondo Marco Esposito, giornalista del “Mattino” e autore del libro “Zero al Sud” che dimostra come il federalismo fiscale abbia affossato i Comuni italiani da Roma in giù, parla di “regole diaboliche”.

“Praticamente – spiega – invece di dare il livello essenziale a tutti, cioè un minimo da garantire a tutta Italia, si è stabilito che chi aveva poco era giusto che avesse poco”.

Tra gli esempi pratici quello del già citato Comune pugliese di Altamura che ha 70.000 abitanti, 1.800 bambini e risulta un fabbisogno di asili nido pari a zero.

Esposito, nel libro, spiega perché le regole siano diaboliche paragonando due città, Reggio Calabria e Reggio Emilia: alla prima il diritto riconosciuto per gli asili nido è novantamila euro, alla seconda, un po’ più piccola della prima, vengono riconosciuti ben nove milioni di euro, ossia cento volte di più.

Dai dati della Cgil questa follia che affossa il Meridione viene perfettamente confermata. Il parametro del 33% fissato dall’Unione Europea viene ampiamente superato al centro nord (Valle d’Aosta record con il 44,/%, ma anche Emilia Romagna, Toscana, Provincia di Trento) mentre in Abruzzo, Molise e Sardegna i posti privati e pubblici superano appena il 20%, con il minimo del 7,6% di copertura in Campania.

Agliozzo, “Certificato il fallimento delle privatizzazioni”

“Tutto questo – aggiunge Agliozzo – certifica in primo luogo il fallimento della politica delle esternalizzazioni e privatizzazioni, visto che affidarsi al mercato non ha portato a un allargamento del diritto, ma semmai a un aggravio dei costi per il bilancio domestico. In secondo luogo è evidente che le famiglie vanno sostenute in modo concreto”.

Per il sindacalista è “necessario poi invertire la rotta legata agli investimenti sul personale che opera nel settore, attraverso nuove assunzioni, percorsi di riqualificazione e rinnovo del contratto nazionale”.

Per questo rilancia “con forza la campagna della categoria, dietro le parole #ChiedoAsilo, perché l’asilo nido sia un diritto e non più un servizio a domanda individuale”.

“Chi ha responsabilità di governo è chiamato a fare scelte strategiche – conclude Agliozzo – per garantire i diritti fondamentali e per dare una prospettiva e una visione sociale nuova ai territori e alle comunità”.

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