Economia

Aziende, i regimi fiscali per le spese di propaganda e di rappresentanza

ROMA – Per la verità è un’abitudine che, a causa della crisi economica, si va sempre di più diradando. Eppure, ci sono ancora delle aziende che, nel periodo natalizio, sono solite fare omaggi, più o meno costosi, ai propri clienti o ai propri dipendenti.

Esamineremo, qui di seguito, il regime tributario applicabili a queste forme di operazioni gratuite, ricordando che il trattamento fiscale degli omaggi natalizi è diverso a seconda che i beni rientrino o meno nell’oggetto dell’attività esercitata oppure che gli stessi siano effettuati nei confronti dei clienti o nei confronti dei dipendenti.

Giova ricordare, preliminarmente, che la cessione gratuita di beni la cui produzione o commercio non rientra nell’attività dell’impresa rappresenta una spesa di rappresentanza, a prescindere dal valore e dal costo di acquisizione.

È, pertanto, la disciplina delle “spese di rappresentanza”, in materia di imposte dirette, la normativa fondamentale in questo particolare settore fiscale, visto che, anche in materia di Iva, il concetto di spesa di rappresentanza è il discrimine tra l’imponibilità della cessione gratuita e l’esclusione dall’applicazione del tributo.

Ai fini delle Imposte dirette, la normativa di riferimento è costituita dall’articolo 108 del Tuir e dal decreto ministeriale attuativo datato 19 novembre 2008.

In generale, sono spese di rappresentanza i costi relativi all’attività svolta sostenuti con l’intento di accrescere il prestigio della propria attività. Rientrano tra le spese di rappresentanza le spese sostenute per l’acquisto degli omaggi da fare ai clienti in occasione di festività, nonché quelle relative a cene o a viaggi promozionali o a feste di inaugurazione.

Sono spese di pubblicità o di propaganda, invece, quelle spese relative alla pubblicizzazione di prodotti e servizi di un’azienda, attraverso un rapporto sinallagmatico che vede una parte (o lo sponsor) impegnarsi ad erogare un pagamento in denaro o in natura per la prestazione di cui ha beneficiato, e l’altra parte (o il soggetto sponsorizzato) obbligarsi a pubblicizzare e propagandare il prodotto o il servizio.

Le spese di pubblicità sono interamente deducibili al 100% durante l’esercizio in cui sono state sostenute, oppure possono essere ammortizzate nei successivi cinque anni.

Le spese di rappresentanza, invece, sono interamente deducibili dal reddito di impresa solo se di valore unitario non superiore a 50 euro mentre, al di sopra di tale importo, la deducibilità è limitata secondo determinate percentuali sui ricavi conseguiti previste dal citato articolo 108 del Testo unico 917/1986.

In materia di Iva, l’art. 19-bis1, c. 1, lett. h), Dpr 633/1972, stabilisce che la detrazione dell’imposta corrisposta per l’acquisto di beni da dare in omaggio e classificabili come “spese di rappresentanza” ai fini delle imposte dirette, non è consentita, a meno che non si tratti di beni di costo non superiore a 50 Euro.

L’articolo 2, secondo comma, punto 4, poi, stabilisce che non sono considerate cessioni da assoggettare ad Iva quelle gratuite aventi ad oggetto beni che non formano oggetto dell’attività propria dell’impresa, di costo unitario non superiore a 50 Euro. Quelle di importo superiore, sono quindi sempre soggette ad Iva. Quindi, in caso di omaggi aziendali (spese di rappresentanza), aventi ad oggetto beni che non rientrano nell’attività propria dell’impresa, la detrazione dell’Iva pagata per il loro acquisto è ammessa solo se il costo non supera i 50 Euro. Superando tale importo la detrazione non è ammessa (art.19-bis1, c. 1, lett. h), Dpr 633/1972). Al momento dell’omaggio, poi, la cessione (gratuita) sarà fuori dal campo di applicazione dell’Iva solo se il costo non supera i 50 Euro, oppure se, al momento dell’acquisto, non è stata effettuata la detrazione dell’Iva (art.2, c.2, p.4, Dpr 633/1972).

Se l’omaggio ha per oggetto beni che formano oggetto della propria attività, l’Iva sugli acquisti sarà sempre detraibile. Tuttavia, al momento della cessione (gratuita), l’imposta sarà dovuta, seppure (mancando in questo caso un “corrispettivo”), considerando l’imponibile pari al costo.
Per fare qualche esempio, l’omaggio natalizio (o in altre occasioni) di una forma di formaggio da parte di una salumeria, da un lato consente la detrazione dell’Iva “a monte”, ma dall’altro comporta la regolare applicazione dell’Iva al momento della cessione gratuita.

L’omaggio di un calendario (quindi di valore non superiore a 50 Euro) da parte della stessa azienda (nel nostro esempio una salumeria), proprio in relazione al suo valore, non solo consente la detrazione dell’Iva “a monte”, ma esclude anche l’applicazione dell’Iva al momento della cessione (gratuita).

Infine, l’omaggio di un qualunque altro oggetto (di valore superiore a 50 Euro), che non forma oggetto dell’attività propria dell’impresa, trattandosi di spesa di rappresentanza, da un lato non consente la detrazione dell’Iva pagata per l’acquisto, ma dall’altro esclude l’applicazione dell’imposta al momento della sua cessione a titolo di omaggio.

Sono disposizioni alle quali occorre prestare la dovuta attenzione se non si vuole correre il rischio di dovere sopportare non solo il costo dell’omaggio, ma anche il costo della sanzione irrogata dall’Agenzia delle Entrate.