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Beni confiscati, Libera: “5 su 10 ancora da destinare”

redazione

Beni confiscati, Libera: “5 su 10 ancora da destinare”

venerdì 05 Marzo 2021

Dossier “Fattiperbene”, le criticità: lungaggini burocratiche, disordine normativo, competenze non sempre adeguate. La Sicilia è al primo posto per numero di beni immobili confiscati (6.906), segue la Calabria (2.908)

ROMA – Più di 36.600 beni immobili confiscati dal 1982 ad oggi, il 48% destinati dall’Agenzia nazionale per le finalità istituzionali e sociali, ma ben 5 beni su 10 rimangono ancora da destinare.

Il maggior numero di beni immobili confiscati in Sicilia (6906), segue Calabria (2908), Campania (2747), Puglia (1535) e Lombardia (1242). Sono invece 4384 le aziende confiscate di queste il 34% è stata già destinata alla vendita o alla liquidazione, all’affitto o alla gestione da parte di cooperative formate dai lavoratori delle stesse. Libera presenta il dossier Fattiperbene in occasione dei 25 anni dall’approvazione della legge n.109 del 1996.

Anche sul fronte delle aziende confiscate, la Sicilia prima tra le regioni per il numero aziende destinate (533) segue Campania (283), Calabria (204) e Lazio (160). Nel dossier Libera elabora i dati dell’Agenzia Nazionale: sono 36.616 i beni immobili (particelle catastali) confiscati dal 1982 ad oggi. Circa 17.300 sono stati destinati dall’Agenzia nazionale per le finalità istituzionali e sociali mentre sono 19.309 beni immobili in gestione all’Agenzia (dati aggiornati al 2 marzo 2021), di cui più di 11.000 confiscati in via definitiva (dati al 31 dicembre 2019) e che rimangono ancora da destinare perché presentano varie forme di criticità (per quote indivise, irregolarità urbanistiche, occupazioni abusive e per condizioni strutturali precarie) oppure restano accantonati in attesa delle verifiche dei creditori.

Secondo una ricognizione avviata nel corso del 2019 dall’Agenzia nazionale su un campione di indagine di circa 6.000 beni immobili destinati alle amministrazioni comunali, dai riscontri pervenuti su 2.600 beni, risulta che soltanto poco più della metà dei beni è stato poi effettivamente riutilizzato.

Dalle relazioni annuali dei Commissari straordinari di Governo e dell’Agenzia nazionale è possibile anche tracciare l’andamento storico delle confische e delle destinazioni, a partire dal 1982 fino ad oggi. In particolare, dal 1982 al 1996 ci sono state 1263 confische e 34 destinazioni: erano i primi anni di applicazione della legge Rognoni – La Torre, durante i quali non era ancora in vigore la legge per il riutilizzo sociale. Nella seconda decade, dal 1996 al 2008 aumentano notevolmente i numeri e nel solo anno 2001 si arriva addirittura a 1023 confische e 315 destinazioni. Negli anni successivi fino al 2019, ultimo anno per cui si dispone della relazione dell’Agenzia, viene riportato solo il dato relativo alle destinazioni, che raggiunge le 1512 nel 2019.

L’andamento storico delle destinazione dei beni mobili registrati è tracciabile dal 1982: nella relazione 2017-2018 dell’Agenzia nazionale, infatti, viene riportato che fino al 2018 sono stati destinati 3.829 beni mobili di diversa tipologia, con queste percentuali: Distruzione/Demolizione: 42.07%; Comodato gratuito: 20,55%; Vendita: 18,65%; Assegnazione forze dell’ordine:14,60%; Cessione ai VVFF e soccorso pubblico 4,12%.
“In questi 25 anni – commenta Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera – abbiamo assistito a un lavoro straordinario: il lavoro della magistratura e delle forze di polizia per individuare i beni frutto degli affari sporchi delle mafie, e renderne operativa la confisca; il lavoro di associazioni ed enti pubblici per restituire davvero quei beni alla gente, trasformandoli in scuole, commissariati, centri aggregativi per giovani e anziani, realtà produttive che offrono lavoro pulito e rafforzano il tessuto sociale ed economico dei territori. Un enorme lavoro corale, insomma, che dopo 25 anni ci chiede però uno scatto ulteriore di impegno, intelligenza e determinazione. La legge può essere migliorata, potenziata sia nel dispositivo che soprattutto nell’attuazione. C’è una debolezza strutturale dello Stato nei confronti delle mafie che vive di lungaggini burocratiche, disordine normativo, competenze non sempre adeguate. Non possiamo permettere che tutto questo si traduca in un messaggio pericoloso: cioè che la 109 è un bluff, uno specchietto per le allodole, nient’altro che un giocattolino per illudere gli onesti”.

Mafie e corruzione stanno approfittando sempre di più dell’emergenza sanitaria e della crisi economica e sociale: per questo Libera contro le mafie di don Luigi Ciotti chiede l’effettiva estensione ai “corrotti” delle norme su sequestri e confische previste per gli appartenenti alle mafie, con la loro equiparazione e l’attuazione della riforma del codice antimafia nelle sue positive innovazioni. E ancora, l’assegnazione di adeguati strumenti e risorse agli uffici giudiziari competenti e all’Agenzia nazionale in tutto il procedimento di amministrazione dei beni, prevedendo il raccordo fra la fase del sequestro e della confisca fino poi alla destinazione finale del bene ed assicurando il necessario supporto agli enti locali.

Inoltre Libera chiede la piena accessibilità delle informazioni sui beni sequestrati e confiscati e la promozione di percorsi di progettazione partecipata del terzo settore e di monitoraggio civico dei cittadini. La destinazione di una quota del Fondo Unico Giustizia, delle liquidità e dei capitali confiscati ai mafiosi e ai corrotti, per rendere fruibili i beni mobili ed immobili e sostenere la continuità delle attività aziendali, tutelandone i lavoratori, nonché per dare supporto a progetti di imprenditorialità giovanile, di economia e inclusione sociale e l’utilizzo delle risorse previste per la valorizzazione sociale dei beni confiscati nella proposta di Piano nazionale di ripresa e resilienza Next Generation Eu, assicurando un percorso di trasparenza e di partecipazione civica nella progettazione e nel monitoraggio.

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