Da anni i comuni della provincia di Trapani aspettavano l’assegnazione dei beni confiscati alla Mafia nei loro territori. Un “tesoretto” da circa 14 milioni di euro, fatto principalmente da terreni agricoli, ma anche da qualche appartamento, casolari, e in alcuni casi edifici anche di un certo valore (come l’albergo da 3,5 milioni di euro sequestrato e riassegnato al Comune di Valderice), che dà finalmente la possibilità ai comuni di mettere a disposizione delle associazioni o dei privati, anche per scopo di lucro, beni fino a questo momento abbandonati.
Ma c’è un risvolto della medaglia: perché questi beni, spesso, sono anche un “peso” per i comuni, che non hanno le risorse per gestirli e, spesso, neanche i dipendenti che possano sbrigare tutta la burocrazia necessaria ad assegnarli.
Tant’è che i comuni che hanno fatto richiesta di assegnazione sono soltanto una decina, nonostante quella di Trapani, subito dopo la provincia di Palermo, in Sicilia sia uno dei territori con più beni confiscati alla criminalità organizzata.
Qualche giorno fa la Prefettura di Trapani ha avviato il ciclo 2023 di conferenze di servizi indette dall’Agenzia Nazionale per l’assegnazione di beni immobili e terreni attualmente destinabili, definitivamente confiscati alla criminalità organizzata dopo la conclusione di procedimenti penali e di prevenzione: sono 327 in totale quelli che riguardano la provincia.
Una scelta, quella di iniziare il ciclo di conferenze con la provincia di Trapani, di certo simbolica, visto che più di 120 beni sono stati riconosciuti come riconducibili all’ex boss superlatitante Matteo Messina Denaro, arrestato qualche settimana fa. I beni in questione sarebbero di proprietà di familiari, boss locali e degli affiliati al boss, e sono stati assegnati quasi tutti (108) al comune di Castelvetrano, dove Messina Denaro è nato.
Un traguardo importante, considerato che i beni saranno destinati a fini sociali.
“I Sindaci – ha commentato il Prefetto di Trapani Cocuzza – devono adesso dimostrare il valore di questi beni per la collettività”.
I beni che ora diventeranno parte del patrimonio del comune hanno un valore di circa 4,5 milioni di euro, e sono per la maggior parte terreni agricoli (73), 3 abitazioni, 3 appartamenti in condominio, 10 locali di deposito, 1 fabbricato in costruzione, 6 terreni, 3 box garage, 8 terreni con fabbricato rurale e 2 altri ben
Tra i comuni in lista per maggior numero di beni assegnati c’è il comune di Campobello di Mazara, dove Messina Denaro invece ha passato gli ultimi anni della sua latitanza: 49 beni per un valore di 1,8 milioni di euro, tra cui 10 appartamenti in condominio, 3 abitazioni indipendenti, 5 magazzini, 1 villa, 1 terreno con fabbricato rurale, 3 terreni agricoli, 2 negozi, 3 box garage, 21 terreni.
A Salemi invece toccheranno 54 i beni per un valore di 514.576 euro, 52 a Custonaci, per un valore di quasi 2 milioni, tra fabbricati, alberghi e pensioni. Castellammare del Golfo riceverà invece 49 beni (539.988 euro), anche in questo caso prevalentemente terreni agricoli. A Trapani, invece, andranno 5 beni (per 23.445 euro), mentre 3 terreni agricoli, per 4.184 euro, sono stati assegnati a Paceco. C’è poi un albergo dal valore di 3,5 milioni che andrà al comune di Valderice e un’abitazione da 56.160 euro che è stata assegnata al comune di Partanna. Infine, un terreno agricolo a Marsala e uno, dal valore di 5.782 euro, al comune di Alcamo.
Un processo iniziato con la richiesta, da parte degli stessi comuni, di avere assegnati i beni di cui volevano la disponibilità.
E che adesso, per legge, dovranno prima essere messi a bando per scopi sociali e senza fini di lucro. In un secondo momento, se le gare andassero deserte, si potrà pensare di darli in gestione a privati, sempre attraverso gare pubbliche.
“I terreni sono interessanti dal punto di vista della produttività – commenta il sindaco di Castelvetrano Enzo Alfano – ci sono bellissimi uliveti, zone fertili che possono essere rese produttive per inserire i prodotti della terra in circuiti sociali e di legalità. A Castelvetrano abbiamo tantissimi esempi positivi di beni rimessi a disposizione della comunità. Purtroppo, però, ci sono anche le storie negative”.
Sì perché i comuni, spesso “questi beni spesso non sono in grado di gestirli”.
“Principalmente perché – spiega Alfano – trascorre un tempo troppo lungo prima della confisca definitiva e quindi prima che si possano rendere utilizzabili. Oltretutto è difficile avere i progetti esecutivi per tutti, perché il personale nei comuni è poco e la burocrazia troppa. Noi proveremo a far partire il lavoro sui bandi nel giro di due, tre mesi, ma poi? Le stesse associazioni, o i privati, spesso non hanno i fondi necessari a mettere a reddito questi beni.
Soprattutto nel caso dei privati, che dovrebbero investire un sacco di soldi, spesso per rimettere i beni a nuovo, per avere in gestione qualcosa che dopo un tot di anni non è più tuo: per far funzionare queste iniziative dovrebbero esserci dei fondi per gli aggiudicatari, per le start-up, che possano essere investimenti integrativi, altrimenti non ce la si fa. Su questo bisogna lavorare, altrimenti poi ci si stupisce se, dopo un tot di anni, i beni versano in stato di abbandono. E la colpa non può essere sempre dei comuni”.