Caporalato: Dia confisca dieci milioni di beni a imprenditore - QdS

Caporalato: Dia confisca dieci milioni di beni a imprenditore

Pietro Crisafulli

Caporalato: Dia confisca dieci milioni di beni a imprenditore

venerdì 19 Aprile 2019

Imprese, immobili, rapporti bancari e automezzi erano stati sequestrati nel luglio del 2017. Il provvedimento di confisca è stato emesso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale etneo su proposta del direttore della Dia

Beni per dieci milioni di euro sono stati confiscati a Rosario Di Perna, un imprenditore agricolo di Paternò dalla Dia di Catania, diretta dal primo dirigente della Polizia Renato Panvino.

Il provvedimento è stato emesso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale etneo su proposta del direttore della Dia al termine di un’inchiesta sul caporalato.

Il patrimonio oggetto della confisca era stato infatti sequestrato nel luglio del 2017 e comprende un’impresa individuale e una società del settore agricolo, rapporti bancari, numerosi immobili in provincia di Catania e Messina e una decina di automezzi.

Nel marzo del 2015 Rosario Di Perna – di 63 anni, di Raccuja (Messina) ma domiciliato a Paternò – fu arrestato assieme al figlio Calogero e ad alcuni romeni nel corso dell’operazione denominata “Slave” perché, secondo la Dia, aveva costituito un’associazione criminale che reclutava braccianti romeni per impiegarli nelle campagne senza le garanzie minime di tutela per i lavoratori.

Di Perna era stato accusato di, violenze e minacce, implicite ed esplicite, fino a reati di estorsione legati a un sistema di caporalato.

Condannato per truffa all’Inps, furto continuato e usura,
è stato anche sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per due anni e sei mesi.

“Le vittime – aveva raccontato allora Panvino – venivano collocate in alloggi di fortuna, privi delle condizioni minime di abitabilità come acqua corrente, energia elettrica, servizi igienici e riscaldamento. Una giornata lavorativa di dodici ore veniva pagata 25 euro e il soggiorno nelle baraccopoli costava al bracciante romeno cinque euro al giorno, decurtati, con altre somme, dalla paga”.

Dopo l’arresto, la Dia di Catania aveva svolto accertamenti patrimoniali non solo sul conto di Rosario Di Perna, ma soprattutto sulle attività riconducibili ai familiari, come il figlio Calogero, titolare di un’impresa e cointeressato in una società inserita nel settore del commercio all’ingrosso di prodotti ortofrutticoli.

Secondo quanto accertato, l’uomo non avrebbe avuto risorse lecite idonee a giustificare gli investimenti effettuati e vi è una cospicua e generalizzata sproporzione tra i redditi dichiarati rispetto al patrimonio posseduto.

Oggetto della confisca sono stati diversi rapporti bancari, otto automezzi, due aziende (la Difruit di Paternò e la ditta individuale Di Perna Calogero), venti fabbricati e ben 48 appezzamenti di terreno per un’estensione totale di oltre cinquanta ettari a Paternò, Belpasso, Biancavilla, Ramacca, Floresta e Patti.

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