Caso Gregoretti, sul rinvio del voto scontri e propaganda - QdS

Caso Gregoretti, sul rinvio del voto scontri e propaganda

redazione web

Caso Gregoretti, sul rinvio del voto scontri e propaganda

sabato 11 Gennaio 2020

Salvini (Lega Nord), "Rischiare un processo per aver difeso i confini è indegno di un Paese civile". Zingaretti (Pd), "Non siamo noi che usiamo la giustizia per far politica: è Salvini a utilizzare toni indegni di un Paese civile"

Nel caso Gregoretti la lite è sui tempi, prima ancora che sulla sostanza, ossia l’accusa di sequestro di persona nella vicenda dei 135 immigrati che per diversi giorni non vennero fatti sbarcare dall’allora ministro dell’interno Matteo Salvini dalla nave della Guardia costiera Gregoretti, che li aveva soccorsi il 25 luglio 2019 al largo di Lampedusa.

La Giunta delle immunità del Senato deve decidere se dare il via libera al processo contro Matteo Salvini, ma la maggioranza chiede un rinvio del voto.

Secondo Salvini a dopo le Regionali: Pd e M5S non vorrebbero dare al leader della Lega il destro per presentarsi in campagna elettorale come una vittima.

E l’ex ministro dell’Interno, che per tutta la durata del suo mandato come ministro dell’Interno ha propinato agli italiani la bufala dei porti chiusi in un Paese con 3.600 chilometri di coste, ha indirettamente confermato questa linea di comunicazione cominciando ad agitare lo straccio rosso delle manifestazioni di piazza attraverso “La Bestia”, il suo sistema di propaganda on line.

“Stiamo pensando – ha detto il capo della Lega Nord, – a una mobilitazione nazionale. Che io rischi un processo per sequestro di persona per avere difeso i confini, la sicurezza e l’onore del Paese è indegno di un Paese civile”.

“Non siamo noi – ha prontamente risposto il leader del Pd Nicola Zingaretti – che usiamo la giustizia per fare politica: è lui, Salvini, che utilizza dei toni che non sono degni di un Paese civile”.

Contro il leader della Lega “non c’è alcuna persecuzione – ha sottolineato Zingaretti – però non ci vuole neanche alcuna impunità”.

A tirare in ballo i voti in Emilia Romagna e in Calabria era stato proprio Salvini su Facebook: “Vergogna, profonda vergogna per i parlamentari abusivi di Pd e 5S che vogliono processarmi, vogliono mandarmi in galera, ma hanno paura e vergogna quindi rimandano. Perché dopo il voto in Emilia? Perché hanno paura di perdere la faccia. Se siete uomini e non conigli o chiacchieroni, subito. Sono qua, venite a prendermi, non ho paura”.

Il fatto che Salvini perda la calma è testimonianza invece proprio della sua paura di andare sotto processo, dopo le “dichiarazioni di voto” del M5s.

La questione tempi, tra l’altro, ha assunto sapori burocratici.

Il voto in giunta su Salvini è previsto per il 20 gennaio.

Ma, in vista delle Regionali del 26, “per esigenze elettorali” i capigruppo hanno deciso di interrompere i lavori dell’Aula del Senato e delle commissioni per una settimana: in pratica, dal 20 al 26.

La maggioranza non disdegnerebbe un’interpretazione estensiva dello stop, per fare in modo che la sospensione riguardi anche la giunta delle immunità, così da rimandare di fatto la decisione sul processo a Salvini.

Il presidente della Giunta, Maurizio Gasparri (Fi) – che nella sua relazione ha proposto di non mandare a processo Salvini – ha assicurato: “Tutto sarà stabilito nel rispetto delle regole del Senato”.

E ha rinviato “le valutazioni” sulla richiesta di rinvio “alle riunioni dei prossimi giorni”.

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