Cassazione: no al riconoscimento per i figli di due padri - QdS

Cassazione: no al riconoscimento per i figli di due padri

redazione

Cassazione: no al riconoscimento per i figli di due padri

mercoledì 08 Maggio 2019

Nelle coppie omosessuali maschili un solo genitore, mentre l'altro può soltanto adottare, perché "il riconoscimento si pone in contrasto con il divieto della surrogazione di maternità"

Le coppie omosessuali che hanno avuto un figlio all’estero nato con la maternità surrogata non possono ottenere in Italia la trascrizione all’anagrafe dell’atto di figliazione del bambino, riconosciuta nel paese straniero.

Lo ha deciso la Corte di Cassazione sottolineando che per le coppie omosessuali rimane aperta la strada dell'”adozione particolare”.

Il verdetto è “a tutela della gestante e dell’istituto dell’adozione”.

La decisione è stata presa dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza 12193, pubblica oggi in cui viene spiegato che “non può essere trascritto nei registri dello stato civile italiano il provvedimento di un giudice straniero con cui è stato accertato il rapporto di filiazione tra un minore nato all’estero mediante il ricorso alla maternità surrogata e un soggetto che non abbia con lo stesso alcun rapporto biologico, il cosiddetto genitore d’intenzione”.

La sentenza ha rigettato “la domanda di riconoscimento dell’efficacia del predetto provvedimento, riguardante due minori concepiti da uno dei componenti di una coppia omosessuale mediante il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, con la collaborazione di due donne, una delle quali aveva messo a disposizione gli ovociti, mentre l’altra aveva provveduto alla gestazione”.

La Corte ha ritenuto che “il riconoscimento del rapporto di filiazione con l’altro componente della coppia si ponesse in contrasto con il divieto della surrogazione di maternità, previsto dall’art. 12, comma sesto, della legge n. 40 del 2004, ravvisando in tale disposizione un principio di ordine pubblico, posto a tutela della dignità della gestante e dell’istituto dell’adozione.

In proposito, è stato chiarito che la compatibilità con l’ordine pubblico, richiesta ai fini del riconoscimento dagli artt. 64 e ss. della legge n. 218 del 1995, dev’essere valutata alla stregua non solo dei principi fondamentali della Costituzione e di quelli consacrati nelle fonti internazionali e sovranazionali, ma anche del modo in cui gli stessi hanno trovato attuazione nella legislazione ordinaria, nonché dell’interpretazione fornitane dalla giurisprudenza”.

E’ stato tuttavia precisato che “i valori tutelati dal predetto divieto, ritenuti dal legislatore prevalenti sull’interesse del minore, non escludono la possibilità di attribuire rilievo al rapporto genitoriale, mediante il ricorso ad altri strumenti giuridici, quali l’adozione in casi particolari, prevista dall’art. 44, comma primo, lett. d), della legge n. 184 del 1983”.

Nessun cenno è rivolto dai supremi giudici alla circostanza che la coppia di questo caso giudiziario – svoltosi a Trento – sia omosessuale. I valori che la Suprema Corte intende tutelare sono quelli della “dignità umana della gestante e l’istituto dell’adozione”, e non la famiglia tradizionale. Nel verdetto, infatti, si ricordano precedenti sentenze della stessa Cassazione che hanno dato il via libera al riconoscimento di bambini nati all’estero da due madri, sposate all’estero.

I supremi giudici rilevano che i piccoli risultano legati alle due mamme da un “rapporto biologico” con “ciascuna” di loro “in quanto una lo aveva partorito, mentre l’altra aveva fornito gli ovuli necessari per il concepimento mediante procreazione medicalmente assistita”.

Invece nel caso della coppia di Trento – sposata in Canada e lì ricorsa alla maternità surrogata che è consentita solo a titolo “gratuito” – i due bambini venuti al mondo hanno un rapporto biologico solo con uno dei padri, e non con tutti e due poichè uno solo ha dato i gameti.

Per la Cassazione, i casi delle due mamme e quello dei padri di Trento “hanno in comune il fatto che il concepimento e la nascita del minore hanno avuto luogo in attuazione di un progetto genitoriale maturato nell’ambito di una coppia omosessuale, con l’apporto genetico di uno solo dei partner”, ma nel caso dei due padri è “pacifica l’insussistenza di un rapporto biologico con il genitore intenzionale”, gap superato invece dalla mamma che ha portato avanti la gravidanza di un figlio anche se privo dei suoi geni.

Anche se la Cassazione ha detto ‘no’ al riconoscimento dei due figli minori da parte del padre “intenzionale”, sono gli stessi ‘ermellini’ a sottolineare che nulla cambierà nella vita domestica di questo nucleo familiare composto da due uomini e due bimbi, riconosciuti comunque a tutti gli effetti come figli del padre biologico.

Non è “in discussione il rapporto di filiazione con il genitore biologico, ma solo quello con il genitore di intenzione, il cui mancato riconoscimento non preclude al minore l’inserimento nel nucleo familiare della coppia genitoriale nè l’accesso al trattamento giuridico ricollegabile allo ‘status filiationis’, pacificamente riconosciuto nei confronti dell’altro genitore”, afferma il verdetto 12193 depositato oggi dalle Sezioni Unite e discusso lo scorso sei novembre. Nella pronuncia si sottolinea inoltre che gli unici a poter fare ricorso contro le sentenze – se mai altre ce ne fossero – che hanno dato il disco verde ai figli di due padri, sono il Ministero dell’Interno e il sindaco del Comune dove l’anagrafe ha dato validità alla doppia paternità.

E’ escluso, invece, che a ricorrere in Cassazione possano essere i Pg delle Corti di appello. In questo caso, a fare ricorso alla Suprema Corte contro l’ordinanza della Corte di Appello di Trento che nel febbraio 2017 aveva detto ‘si’ ai due padri, erano stati il Pg di Trento, il ministero e il sindaco di Trento. Il ricorso del Pg è stato dichiarato inammissibile, gli altri due ricorsi invece hanno fatto breccia e l’ordinanza contestata è stata annullata senza rinvio per cui torna in vigore il ‘no’ opposto ai due padri dall’ufficiale di stato civile nel 2016.

“Non smetteremo mai di lottare per i pieni diritti di tutti i nostri figli e figlie”.

L’Associazione delle Famiglie Arcobaleno rivolge un “pensiero affettuoso” alla “famiglia di nostri soci che oggi si vede negare un riconoscimento dovuto” e assicura che anche dopo la sentenza della Cassazione continuerà a dare battaglia.

La decisione dei giudici “non tiene conto della recente pronuncia della Corte europea per i diritti umani, che aveva già invitato i Paesi membri a riconoscere i figli e le figlie nati/e da gestazione per altri e altre, ritenendo preminente la tutela dei diritti dei minori sopra ogni cosa”, fa notare il presidente Gianfranco Goretti.

D’altra parte, “i giudici hanno ribadito l’applicabilità dell’adozione in casi particolari alle coppie omogenitoriali, confermando così che la tutela delle famiglie arcobaleno è sempre più un dato acquisito nel nostro ordinamento giuridico.

Tuttavia è bene sottolineare come l’adozione in casi particolari non offra le stesse tutele delle trascrizioni, dal momento che, ad esempio, alle bambine e ai bambini adottati non vengono riconosciute le figure delle nonne e dei nonni e – in caso di adozione incrociata – i minori non sono tra loro fratelli. Inoltre a tutt’oggi l’adozione in casi particolari è riconosciuta a macchia di leopardo nei tribunali italiani, con tempi di attesa spesso molto lunghi”.

La sentenza di oggi, inoltre, “non è una sentenza che riguarda solo le nostre famiglie ma riguarda tutte le coppie che accedono alla gestazione per altri e altre. Da questo punto di vista, è necessario un grande lavoro culturale che l’Associazione continuerà a fare con trasparenza e convinzione…”.

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