Cgil Sicilia: “Def nazionale rischia di danneggiarci” - QdS

Cgil Sicilia: “Def nazionale rischia di danneggiarci”

Patrizia Penna

Cgil Sicilia: “Def nazionale rischia di danneggiarci”

giovedì 25 Aprile 2019

PALERMO – “Se la Sicilia vive il momento più tragico della sua storia forse piuttosto che la fiducia e la speranza, come ha detto il Presidente Musumeci nel suo messaggio di Pasqua, serve il coraggio di chi governa, che in realtà ci sembra ostaggio di logiche poco chiare che non fanno bene alla Sicilia e ai siciliani”.

Lo ha detto il segretario generale della Cgil Sicilia, Michele Pagliaro, nel corso dell’esecutivo del sindacato. Pagliaro ha aggiunto, riferendosi ancora alle parole di Musumeci: “Altro che aspirina o bisturi, per sistemare questa terra ci vorrebbe un vero cambio di passo da parte di chi pratica la politica da troppo tempo per tirarsi fuori dalle responsabilità. E che invece preferisce mosse come la recente Opa lanciata sulla sanità, tema di cui il Presidente ben si intende, – rileva Pagliaro – ovvero sul 60% del bilancio della Regione, mettendo uomini fidati al posto giusto mentre i posti letto si riducono e l’emigrazione sanitaria continua ad essere caratterizzata dai cosiddetti viaggi della speranza che costano un botto alla Sicilia”.
Immediata la replica dell’assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza: “Non so bene il segretario Pagliaro a cosa si riferisca quando parla di sanità e uomini fidati. Un consiglio non richiesto: parli con i suoi dirigenti e scoprirà che la sua opinione risente di un preconcetto ideologico che persino lui dovrebbe provare a superare”. Ma non è solo la Sanità siciliana ad essere terreno di scontro tra governo regionale e sindacati.
C’è grande preoccupazione per le ripercussioni che potrebbero avere sulle casse regionali e sui bilanci delle famiglie le misure contenute nel Def nazionale. Le perplessità espresse dalla Cgil Sicilia riguardano in particolar modo Flat tax e dalla riforma dell’Iva.
Pagliaro ha rilevato che la Sicilia “beneficerà meno della Fat tax poiché, come si evince dalle dichiarazioni dei redditi dell’anno 2017, il 97,86% degli oltre 2,8 milioni di contribuenti della regione sta nella fascia tra 1.000 e 50mila euro. Questa fascia – ha aggiunto il segretario della Cgil – contribuisce al gettito complessivo Irpef nella misura dell’86% contro una percentuale del 76% al livello nazionale. Questo significa che le famiglie del resto d’Italia avendo redditi pro capite più alti, avranno maggiori benefici dal provvedimento rispetto ai siciliani”.

Per la Cgil “preoccupante è anche il minor gettito Irpef che sarà riversato in Sicilia nei prossimi anni (pari a 7/10) mentre per le famiglie siciliane le regolazioni contabili (la possibilità di detrarre alcune voci di spesa in sede di dichiarazione dei redditi per un totale di un miliardo) potrebbero determinare nient’altro che una partita di giro”. Pagliaro ha sottolineato che “anche l’aumento dell’Iva avrà un impatto negativo sia per le casse regionali che per le famiglie che a causa dei redditi bassi e di una propensione al consumo più alta subirebbero l’aumento delle aliquote. La regione peraltro – ha aggiunto – avendo un accordo con lo Stato bloccato alla retrocessione dei 3/10 del reddito, di fatto verserebbe alla fiscalità generale più di quanto dovrebbe ricevere”.

La situazione dunque per la Cgil “è più che allarmante e richiede nessuna sottovalutazione ma un’attenzione e un impegno particolare da parte del governo regionale”.
Il sindacato chiede al Governo Musumeci di fare pressing per “definire al più presto la trattativa con la Regione allargandola a queste problematiche e alle refluenze negative dell’autonomia differenziata, onde evitare la spaccatura del Paese. La situazione è già difficile dal momento che diversi capitoli di spesa del bilancio 2019, per un ammontare di 191 milioni, sono sospesi in attesa che Roma autorizzi la Regione a spalmare in 30 anni il disavanzo di 600 milioni non contabilizzato in sede di riaccertamento dei residui attivi. Senza accordo anche gli esercizi 2020-2021 dovranno peraltro accantonare 200 milioni per ogni anno”.

P.P.

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