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Chi l’ha visto, corpo ritrovato in grotta, chi era Mauro de Mauro

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Chi l’ha visto, corpo ritrovato in grotta, chi era Mauro de Mauro

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mercoledì 10 Novembre 2021

Il giornalista venne rapito la sera del 16 settembre 1970, mentre rientrava nella sua abitazione di Palermo. Il rapimento avvenne un paio di giorni prima della celebrazione delle nozze della figlia

Mauro De Mauro è stato un giornalista italiano, rapito da Cosa nostra e mai più ritrovato.

Tra le varie ipotesi formulate sulle ragioni della sua sparizione figura anche quella relativa all’inchiesta sulla morte, secondo De Mauro dovuta a omicidio e non a incidente, del presidente dell’ENI Enrico Mattei, una trama che si è intrecciata con altri affaire italiani quali il golpe Borghese.

Dopo il rapimento, il suo corpo non è mai stato ritrovato. Il 10 Novembre 2021 la trasmissione televisiva Chi l’ha visto? ha annunciato che il corpo ritrovato in una grotta potrebbe corrispondere al giornalista scomparso nel 1970.

Figlio di un chimico e di un’insegnante di matematica,
fratello del futuro linguista Tullio De Mauro, fu sostenitore
del Partito Nazionale Fascista e allo scoppio della seconda
guerra mondiale si arruolò volontario. Militò nella Xª
Flottiglia MAS di Junio Valerio Borghese; dopo l’8 settembre 1943,
aderì alla Repubblica Sociale Italiana. Restò legato al principe anche dopo
la guerra e in suo onore chiamò la seconda figlia Junia.

Il giornalista venne rapito la sera del 16
settembre 1970, mentre rientrava nella sua abitazione di Palermo. Il
rapimento avvenne un paio di giorni prima della celebrazione delle nozze della
figlia Franca. De Mauro fu visto l’ultima volta dalla figlia Franca mentre
parcheggiava l’auto davanti alla sua abitazione di via delle Magnolie.

La figlia, nell’attesa che il padre raccogliesse delle vettovaglie dal sedile della macchina, entrò nell’androne per chiamare l’ascensore. Vedendo però che non la raggiungeva, uscì nuovamente dal portone e scorse suo padre circondato da due o tre persone risalire in macchina e ripartire senza voltarsi a salutarla.

Riuscì a cogliere soltanto la parola «amunì» detta da qualcuno a suo padre poco prima di mettere in moto e ripartire senza lasciare traccia

La sera successiva l’auto venne ritrovata a qualche chilometro di distanza in via Pietro D’Asaro, con a bordo piccole vettovaglie che il giornalista aveva acquistato rincasando. L’auto fu ispezionata con cura, il cofano fu aperto dagli artificieri, ma non furono reperiti elementi utili alle indagini. Furono allestiti posti di blocco e disposte minuziose ricerche, ma dello scomparso non si seppe più nulla.

Le indagini sulla sparizione del giornalista furono condotte sia dai carabinieri di Palermo, secondo i quali sarebbe stato sequestrato da Cosa nostra indispettita dai suoi articoli contro il traffico di stupefacenti, sia dalla polizia, che ritenne piuttosto che la sua aggressione fosse collegata alle sue ricerche sul caso Mattei. Principali investigatori per l’Arma furono il capitano Giuseppe Russo, responsabile dell’ufficio investigativo, e il col. Carlo Alberto dalla Chiesa; per la polizia il commissario Boris Giuliano. Anni dopo tutti e tre sono caduti, in circostanze diverse, vittime della mafia.

Per decenni investigatori, giornalisti e storici si sono chiesti quali scoperte potesse aver effettuato De Mauro per meritare una fine così atroce. Le località visitate durante le ferie estive del 1970, i personaggi incontrati, le deposizioni di familiari e collaboratori di giustizia inducono a ritenere che egli avesse scoperto retroscena del delitto Mattei che dovevano rimanere segreti. Per esempio dal riascolto ossessivo dell’audiocassetta contenente i discorsi pronunciati dai politici a Gagliano Castelferrato il 27 ottobre 1962 poteva aver dedotto il carattere pretestuoso dell’ultimo viaggio di Mattei in Sicilia, organizzato da Verzotto con motivazioni risultate fasulle. Durante la visita a Gela poteva aver avuto sentore delle speculazioni immobiliari effettuate da personaggi dell’entourage di Mattei, così come delle attività malavitose avviate da Cosa Nostra sull’indotto dello stabilimento petrolchimico, le une e le altre intollerabili agli occhi del presidente dell’Eni.

Dall’incontro con l’avv. Guarrasi , suggeritogli da Verzotto, poteva aver capito che costui era stato privato da Mattei anche del contratto di consulenza, indubbia fonte di risentimento e quindi plausibile movente per una sua partecipazione al complotto sovranazionale ordito contro il presidente dell’Eni.

Dagli appunti del giornalista recuperati nel cassetto della sua scrivania presso la sede del quotidiano “L’Ora” si poteva altresì evincere che nel corso del loro colloquio era stato toccato lo scottante tema dell’appoggio concesso da Mattei ai congiurati libici intenzionati a detronizzare il filoamericano re Idris, goccia che probabilmente nell’autunno del 1962 aveva fatto traboccare il vaso dell’indignazione statunitense. De Mauro poteva infine aver intuito che il 27 ottobre 1962 Verzotto non si era mai allontanato da Catania accertando quindi l’inconsistenza degli impegni politici a Siracusa con cui il futuro senatore aveva giustificato la sua lontananza da Mattei e il rifiuto di tenergli compagnia durante il volo di rientro a Linate.

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