Tratto da un famoso fatto di cronaca avvenuto dieci anni prima della caduta del Muro di Berlino, il film racconta i tentativi di fuga dalla Germania Est di due famiglie a bordo di una mongolfiera
BALLOON – IL VENTO DELLA LIBERTÀ
Regia di Michael Herbig. Con Friedrich Mücke (Strelzyk), Karoline Schüch (Doris Strelzik)
Germania 2018, 120’.
Distribuzione: Lucky Red – Netflix
Tratto da un famoso fatto di cronaca avvenuto dieci anni prima della caduta del Muro di Berlino, il film racconta i tentativi di fuga dalla Germania Est di due famiglie a bordo di una mongolfiera.
Di grande interesse la prima parte sin dall’incipit, con una sequenza in montaggio alternato in cui si rivela il doppio volto del totalitarismo socialista: da una parte un coro di voci angeliche dentro una scuola, dall’altra i colpi di pistola vicino al confine per fermare ogni fuggitivo.
I dialoghi sono brillanti, la regia fresca, la fotografia livida negli esterni con interni assolati e luminosi, bel modo per comunicare con codice puramente visivo la differenza tra la gelida temperatura sociale e la fiamma ancora accesa dentro le mura domestiche.
Il punto di vista privilegiato è quello del piccolo di casa, con inquadrature dal basso verso l’alto e riprese di grande mobilità, espedienti che si traducono, soprattutto nella sequenza del primo volo in mongolfiera, realizzata con uso insistito di primi e primissimi piani e rinunciando a spettacolari riprese aeree, in palpitante tensione emotiva.
Costruito con ambiguità, poi, il ruolo del commissario della Stasi deputato ad incastrare i fuggitivi, punto di ricaduta filosofica e morale sul tema della privazione della libertà.
Piuttosto convenzionale, invece, la seconda parte del film, in cui gli aspetti sociopolitici si indeboliscono fino a diluirsi completamente, con i personaggi che, svestiti i panni di attori di un tempo e di un luogo specifici, assurgono ad archetipi di un plot prevedibile e manicheo che strizza l’occhio al linguaggio della serialità.
È qui che la regia si aggrappa ai cliché narrativi e visivi del genere, per esempio con la rappresentazione in sequenza di montaggio del piano di fuga finale nei suoi vari passaggi e con un maggiore risalto alle musiche, che già in precedenza erano sembrate eccessivamente enfatiche. Anche l’innesto di una sottotrama sentimentale sembra rispondere più a un’esigenza di tipo funzionale (seminare per la chiusa ambientata dieci anni dopo) che ad una volontà di offrire altre sfumature al tema principe del film, universale ed eterno: la libertà.
Voto: ☺☺1/2☻☻