Cinema... da casa, il vento della libertà "soffia" su Netflix - QdS

Cinema… da casa, il vento della libertà “soffia” su Netflix

Francesco Torre

Cinema… da casa, il vento della libertà “soffia” su Netflix

venerdì 31 Luglio 2020

Tratto da un famoso fatto di cronaca avvenuto dieci anni prima della caduta del Muro di Berlino, il film racconta i tentativi di fuga dalla Germania Est di due famiglie a bordo di una mongolfiera

BALLOON – IL VENTO DELLA LIBERTÀ
Regia di Michael Herbig. Con Friedrich Mücke (Strelzyk), Karoline Schüch (Doris Strelzik)
Germania 2018, 120’.
Distribuzione: Lucky Red – Netflix

Tratto da un famoso fatto di cronaca avvenuto dieci anni prima della caduta del Muro di Berlino, il film racconta i tentativi di fuga dalla Germania Est di due famiglie a bordo di una mongolfiera.

Di grande interesse la prima parte sin dall’incipit, con una sequenza in montaggio alternato in cui si rivela il doppio volto del totalitarismo socialista: da una parte un coro di voci angeliche dentro una scuola, dall’altra i colpi di pistola vicino al confine per fermare ogni fuggitivo.

I dialoghi sono brillanti, la regia fresca, la fotografia livida negli esterni con interni assolati e luminosi, bel modo per comunicare con codice puramente visivo la differenza tra la gelida temperatura sociale e la fiamma ancora accesa dentro le mura domestiche.

Il punto di vista privilegiato è quello del piccolo di casa, con inquadrature dal basso verso l’alto e riprese di grande mobilità, espedienti che si traducono, soprattutto nella sequenza del primo volo in mongolfiera, realizzata con uso insistito di primi e primissimi piani e rinunciando a spettacolari riprese aeree, in palpitante tensione emotiva.

Costruito con ambiguità, poi, il ruolo del commissario della Stasi deputato ad incastrare i fuggitivi, punto di ricaduta filosofica e morale sul tema della privazione della libertà.

Piuttosto convenzionale, invece, la seconda parte del film, in cui gli aspetti sociopolitici si indeboliscono fino a diluirsi completamente, con i personaggi che, svestiti i panni di attori di un tempo e di un luogo specifici, assurgono ad archetipi di un plot prevedibile e manicheo che strizza l’occhio al linguaggio della serialità.

È qui che la regia si aggrappa ai cliché narrativi e visivi del genere, per esempio con la rappresentazione in sequenza di montaggio del piano di fuga finale nei suoi vari passaggi e con un maggiore risalto alle musiche, che già in precedenza erano sembrate eccessivamente enfatiche. Anche l’innesto di una sottotrama sentimentale sembra rispondere più a un’esigenza di tipo funzionale (seminare per la chiusa ambientata dieci anni dopo) che ad una volontà di offrire altre sfumature al tema principe del film, universale ed eterno: la libertà.

Voto: ☺☺1/2☻☻

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