Coldiretti, dai migranti un quarto del made in Italy a tavola - QdS

Coldiretti, dai migranti un quarto del made in Italy a tavola

redazione

Coldiretti, dai migranti un quarto del made in Italy a tavola

venerdì 25 Ottobre 2019

Senza di loro il comparto crollerebbe. Secondo il Rapporto Migrantes 2019, quello del loro impiego nei campi è fenomeno strutturale. Come combattere le forme di schiavismo del caporalato, in particolare al Sud e nell'ibleo

Nelle campagne italiane viene ottenuto da mani straniere più di un quarto del made in Italy a tavola.

Sono infatti trecentosettantamila i lavoratori stranieri provenienti da 155 Paesi diversi che hanno trovato regolarmente occupazione in Agricoltura, fornendo il 27,3% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore.

I dati sono contenuti in un’analisi della Coldiretti su Idos, diffusa in occasione della presentazione del rapporto Migrantes 2019.

Senza i migranti, l’intero comparto crollerebbe

Dati dai quali risulta evidente che, senza migranti, il comparto crollerebbe.

Nei campi italiani la presenza di occupati stranieri è divenuta un fenomeno strutturale, come dimostra anche la crescita della loro presenza alla guida delle imprese agricole con quasi diciassettemila titolari di nazionalità diversa da quella italiana.

La comunità di lavoratori agricoli più vasta è la rumena

La comunità di lavoratori agricoli più presente in Italia, ricorda Coldiretti, è quella rumena con 107.591 occupati, davanti a marocchini con 35.013 e indiani con 34.043, che precedono albanesi (32.264) e senegalesi (14.165).

Seguono polacchi (13.134), tunisini (13.106), bulgari (11.261), macedoni (10.428) e pakistani (10.272).

Sono molti i “distretti agricoli” nei quali sono impiegati i lavoratori immigrati. Che nel tempo sono diventati una componente bene integrata nel tessuto economico e sociale.

Indispensabili soprattutto nelle regioni del nord

I migranti, insomma, sono indispensabili soprattutto nelle regioni del nord. E’ il caso della raccolta delle fragole nel Veronese, della preparazione delle barbatelle in Friuli, delle mele in Trentino, della frutta in Emilia Romagna, dell’uva in Piemonte fino agli allevamenti da latte in Lombardia dove a svolgere l’attività di bergamini sono soprattutto gli indiani mentre i macedoni sono coinvolti principalmente nella pastorizia.

Sul sito del Governo nazionale si parla di caporalato

Sulle dinamiche dei migranti che lavorano in Agricoltura incide pesantemente il fenomeno del caporalato, come viene sottolineato anche sul sito del governo italiano www.integrazionemigranti.gov.it.

“Una cospicua parte di questo bacino di manodopera – si legge – risulta ingaggiata irregolarmente, attraverso il cosiddetto sistema del caporalato” ossia l’intermediazione, il reclutamento e l’organizzazione illegale della manodopera e al suo sfruttamento.

“I cosiddetti caporali, al di fuori dei normali canali di collocamento e senza rispettare le tariffe contrattuali sui minimi salariali, fungono da intermediari con i datori di lavoro, arruolando la mano d’opera e trattenendo per sé una parte del compenso (una sorta di tangente)”.

Un’economia illegale e sommersa da cinque miliardi di euro

Il sito riporta le stime del IV Rapporto dell'”Osservatorio Placido Rizzotto” della Flai-Cgil, secondo il quale “le infiltrazioni mafiose nella filiera agroalimentare attraverso la pratica del caporalato muovono un’economia illegale e sommersa di oltre cinque miliardi di euro”.

Inoltre oltre quattrocentomila lavoratori stranieri “sono esposti al rischio di ingaggio irregolare, e di questi ben 130 mila sono in condizione di grave vulnerabilità”.

La situazione nell’ibleo e in particolare a Vittoria

Nel maggio scorso a Vittoria, nell’ibleo, la Polizia di Stato ha scoperto un giro di caporalato “fai da te”: i titolari di quattro aziende agricole non solo facevano lavorare i migranti senza contratto, ma imponevano loro di pagare l’affitto per alloggiare in case fatiscenti.

I quattro sono stati denunciati per sfruttamento della manodopera, compresi due minorenni.

La pratica, come hanno dimostrato anche altri casi di cronaca, è piuttosto diffuda nella zona, dove si trovano grandi serre.

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