Consulto psicologico e case-rifugio scialuppe per fuggire dall’incubo - QdS

Consulto psicologico e case-rifugio scialuppe per fuggire dall’incubo

Consulto psicologico e case-rifugio scialuppe per fuggire dall’incubo

Roberto Greco  |
martedì 19 Settembre 2023

“Ma la scarsità delle risorse limita le nostre capacità di intervento”

Quando la violenza esce dal privato e diventa denuncia, la vittima ha a disposizione, tra l’altro, anche un supporto psicologico. In realtà l’intervento degli psicologi, specificatamente formati su queste tematiche, si sviluppa sia nella fase precedente, ossia quando si configura l’ipotesi del reato, sia nella fase successiva, quando la vittima deve compiere le scelte necessarie per uscire dalla spirale delle violenze.

“Lo psicologo giuridico – racconta a QdS la dottoressa Antonella Luppino, psicologa giuridica che collabora con diverse procure – compie un lavoro di valutazione sulla base di una serie di indicatori psicologici e clinici della presunta vittima. Il nostro è un contributo relativo al funzionamento psicologico e, come dicevo, di elementi clinici che possono aiutare gli inquirenti a procedere o meno nelle fasi giudiziarie, archiviare o definire vittima con i relativi procedimenti di fermo del reo. Purtroppo non sempre il colloquio con la presunta vittima corrisponde al ‘primo racconto’ perché prima la presunta vittima può aver avuto colloqui informali e personali con familiari o, nel caso di minori, con insegnanti. In questo caso la vittima potrebbe avere, inconsapevolmente, distorsioni mnemoniche nella narrazione e questo, purtroppo, non è positivo. Questo vale, soprattutto, per i minori il cui racconto e i relativi ricordi può essere sovrascritto anche da domande specifiche che sono avvenute nel primo racconto”.

Ovviamente nulla è lasciato all’improvvisazione. “Il colloquio effettuato dallo psicologo giuridico si basa su protocolli d’interviste investigative basati su esperienze scientifiche. A nostra disposizione ci sono strumenti scientificamente validati a cui riferirsi. L’ascolto in ambito giuridico è specializzato perché il nostro fine è un parere che deve essere di aiuto al pubblico ministero e fornirgli pareri metodologicamente corretti. Siamo una sorta di lente d’ingrandimento, per i giudici, che potremmo definire un’integrazione di saperi. Questo permette alla presunta vittima di essere tutelata e il nostro intervento rientra nell’ambito un protocollo tra l’Ordine degli psicologi e le Procure competenti”.

Nel momento in cui la denuncia configura un reato, la vittima può usufruire di un supporto psicologico, fornito sia dai centri antiviolenza sia da professionisti del settore specializzati. L’associazione “Le Onde” si costituisce come Onlus a Palermo nel 1998, è un’associazione di donne, senza fini di lucro. Ha lo scopo di prevenire e contrastare la violenza verso le donne, le bambine e i bambini in ogni sua forma. Principio fondante è l’affermazione di una pratica di relazione tra donne in un contesto di professionalità. “Le Onde Onlus” gestisce un Centro Antiviolenza che accoglie circa 500 donne all’anno accompagnandole nei loro percorsi di uscita dalla violenza, con consulenze/terapie psicologiche individuali o in gruppo, consulenze legali civili e penali, inserimento lavorativo e start up di imprese femminili, connessione coi servizi aderenti alla Rete antiviolenza palermitana. Gestisce un servizio di ascolto telefonico, un centro di accoglienza e un centro clinico. L’associazione gestisce inoltre due strutture di ospitalità (Casa delle Moire e Casa di Maia), Case Rifugio a indirizzo segreto per le donne e i loro figli e le loro figlie, regolarmente iscritte all’Albo Regionale della Regione siciliana. L’indirizzo delle strutture è segreto e l’unico riferimento pubblico è quello del Centro Antiviolenza.

“Il supporto psicologico che forniamo – racconta al QdS la dottoressa Anna Immordino, socia fondatrice, psicologa e psicoterapeuta – permette di dare voce alla narrazione della violenza subita in tutte le sue forme, al suo riconoscimento e al dare nome alle varie forme di violenza, quella fisica, quella psicologica, quella economica e anche quella sessuale che avviene all’interno del matrimonio, uscendo dagli schemi dell’obbligatorietà dei rapporti sessuali, dando valenza al rispetto del proprio desiderio e quindi del proprio corpo. È necessario cogliere le radici di un rapporto in cui la donna ha subito violenze reiterate negli anni e si pone il compito di curare gli effetti generati da tali violenze cercando di recuperare la visione di se stessa, la capacità di progettare il proprio futuro, l’autostima e il valore di madre. È un lavoro di riconoscimento di queste ferite, una presa di consapevolezza che permetta alla donna di vincere la condizione di impotenza che spesso riscontriamo nelle donne”.

“L’accesso alle nostre strutture di ospitalità con indirizzo segreto – prosegue la dottoressa Immordino – può avvenire sia con l’invio da parte delle forze dell’ordine, dei servizi sociali o dai consultori. Dopo la valutazione iniziale la vittima ha accesso nella struttura. Riusciamo a reagire in maniera rapida alle necessità che si presentano. La ‘Casa di Maia’ può rispondere anche a necessità emergenziali e ben si adatta al periodo preliminare mentre la ‘Casa delle Moire’ è finalizzata al percorso a medio-lungo termine. All’interno delle strutture la donna si costruisce un nuovo futuro anche grazie al supporto abitativo, educativo nel caso abbia figli e con il supporto psicologico che le permette di valutare le proprie risorse al fine di poterla aiutare, tramite la consulente dell’orientamento, alla ricerca di un lavoro e quindi di autonomia economica”.

Risulta evidente che l’attuale società, anche a causa di una forte carenza culturale, abbia bisogno di attività educativa. “Per noi si tratta di un’importante attività di prevenzione – continua la dottoressa Immordino – I nostri progetti sono indirizzati alle scuole, partendo dalla materna, e ci rivolgiamo sia agli insegnati sia agli allievi e, là dove è possibile, anche ai genitori. Ci occupiamo anche della formazione degli operatori e contribuiamo anche a quella delle forze dell’ordine. Purtroppo la scarsità di risorse economiche disponibili limita la nostra capacità d’intervento ma, sembra, le ultime dichiarazioni della classe politica nazionale e regionale fanno ben sperare”.

A tal proposito è doveroso ricordare che lo scorso 8 settembre è stato approvato dalla Regione Siciliana l’Avviso pubblico volto alla concessione di contributi per la gestione dei Centri Antiviolenza già esistenti sul territorio regionale.

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