Coronavirus, anche i parenti degli agricoltori nei campi contro la fame - QdS

Coronavirus, anche i parenti degli agricoltori nei campi contro la fame

redazione

Coronavirus, anche i parenti degli agricoltori nei campi contro la fame

martedì 31 Marzo 2020

ROMA – “Per garantire la disponibilità di alimenti e sopperire alla mancanza di manodopera potranno collaborare nei campi anche i parenti lontani fino al sesto grado, in una situazione in cui molti sono senza lavoro, reddito e con difficoltà anche per la spesa”. Lo rende noto la Coldiretti nel sottolineare che il decreto Cura Italia prevede per l’emergenza Coronavirus che le attività prestate dai parenti e affini fino al sesto grado non costituiscono rapporto di lavoro né subordinato né autonomo, a condizione che la prestazione sia resa a titolo gratuito.

“Potranno dunque collaborare alla raccolta dei prodotti agricoli anticipata dal caldo inverno – sottolinea la Coldiretti – anche nonni, genitori, figli, nipoti, suoceri, generi, nuore, fratelli, zii, cugini, figli di cugini, cugini dei genitori e figli dei cugini dei genitori, fratello/sorella del coniuge, zio del marito rispetto alla moglie e viceversa, cugino/a del marito rispetto alla moglie e viceversa. Si tratta di una prassi molto diffusa in agricoltura nel passato quando anche lontani parenti tornavano in fattorie, cascine e masserie di famiglia in occasione delle campagne di raccolta più importanti, dalla vendemmia alla raccolta delle olive, per collaborare attivamente e ricevere magari in cambio frutta, verdura, olio o vino”.

“Una partecipazione – afferma il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini – che negli ultimi anni era praticamente scomparsa anche per i vincoli burocratici ed amministrativi e che ora è stata resa urgente dalla stretta degli ingressi alle frontiere che ha fermato l’arrivo nelle campagne italiane di lavoratori dall’estero dai quali dipende ¼ dei raccolti nazionali. Occorre un intervento a livello comunitario per creare corsie verdi alle frontiere interne dell’Unione Europea per la circolazione dei lavoratori agricoli al fine di garantire gli approvvigionamenti nella filiera alimentare”.

Con il blocco delle frontiere, infatti, rischiano di mancare all’appello i 370mila lavoratori regolari stranieri che arrivano ogni anno dall’estero che in Italia trovano regolarmente occupazione stagionale in agricoltura fornendo il 27% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore, secondo l’analisi della Coldiretti. La comunità di lavoratori agricoli più presente in Italia è quella rumena con 107591 occupati, davanti a marocchini con 35013 e indiani con 34043, che precedono albanesi (32264), senegalesi (14165), polacchi (13134), tunisini (13106), bulgari (11261), macedoni (10428) e pakistani (10272) secondo le elaborazioni Coldiretti che ha collaborato al Dossier statistico Immigrazione 2019. Sono molti i ‘distretti agricoli’ dove i lavoratori immigrati rappresentano una componente bene integrata nel tessuto economico e sociale.

“A livello nazionale il Cura Italia prevede nello specifico – spiega la Coldiretti – l’estensione dal quarto al sesto grado del rapporto di parentela/affinità per l’utilizzo in modo meramente occasionale o ricorrente di breve periodo di parenti ed affini (Art. 105 D.L. 18/2020) disciplinato originariamente dall’articolo 74 della legge Biagi. Un intervento positivo per le attività agricole, e relative attività connesse, che consente di avvalersi di una platea più ampia di soggetti in una situazione in cui con l’emergenza Coronavirus è diventato più difficile il reperimento della manodopera per le necessità produttive”.

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