Coronavirus, verso la tracciabilità dei cellulari - QdS

Coronavirus, verso la tracciabilità dei cellulari

redazione web

Coronavirus, verso la tracciabilità dei cellulari

venerdì 20 Marzo 2020

Dopo il test che ha dimostrato come il 40% dei lombardi fosse fuori casa. Servirebbe però una norma per limitare privacy. Si studia anche l'app usata in Corea del Sud per ricostruire le interazioni dei positivi. Smartphone come banche dati

Consentire, per la durata dell’emergenza Coronavirus, di svolgere controlli sui movimenti dei cellulari dei cittadini, per verificare il rispetto della quarantena e la veridicità delle autocertificazioni.

Si tratta di una delle ipotesi al vaglio del Governo nazionale in queste ore, dopo il test che ha dimostrato, tracciando i collegamenti degli smartphone alle celle, come il 40% dei lombardi fosse fuori casa.

“Non è – ha dichiarato al proposito il governatore della Lombardia Attilio Fontana – un Grande Fratello pubblico. Si notano solo i grandi flussi, non c’è nessuna individuazione e nessuna volontà di controllo: vogliamo solo capire quanto si muovano i cellulari sul territorio”.

Si tratta di un’ipotesi decisamente complessa e difficile da realizzare ma che rientra comunque nel ventaglio delle possibilità, sia pure ancora con molti dubbi sull’efficacia.

L’idea sarebbe introdurre una norma di legge (potrebbe essere un decreto) che consenta, in deroga alla normativa sulla privacy, di svolgere verifiche con l’identificazione dei singoli utenti telefonici.

La disposizione avrebbe una funzione soprattutto di deterrenza e varrebbe per un tempo limitato.

Al momento si starebbe valutando sia l’efficacia della misura sia le ricadute, sia pure in via temporanea, sulla privacy dei cittadini.

Un’app per combattere il virus tracciando i contagiati

C’è poi l’idea che si possa combattere il Covid-19 con un’app che tracci i positivi e ricostruisca i loro movimenti e interazioni.

E’ stata questa la strada seguita, con successo, in Corea del Sud.

Sul tavolo del ministero dell’Innovazione stanno arrivando diversi progetti in materia, ma la Polizia postale è cauta.

“Tecnicamente – spiega la direttrice del servizio, Nunzia Ciardi – è fattibile, ma sarebbe uno strappo importante alle regole che ispirano il nostro ordinamento sulla tutela della privacy”.

“Ovviamente – sottolinea – oggi siamo in un’emergenza straordinaria e potrebbe anche giustificarsi una deroga a quei principi generali. Una valutazione spetta a chi strategicamente, politicamente e giuridicamente deve gestire l’emergenza”.

Il Garante della Privacy, Antonello Soro, frena: “finora – spiega – ho letto numerosi generici riferimenti all’esperienza coreana e, più timidamente, cinese. Bisognerebbe conoscere proposte più definite. Mi limito a osservare che quelle esperienze sono maturate in ordinamenti con scarsa attenzione, sebbene in grado diverso, per le libertà individuali”.

“E in ogni caso – aggiunge – mi sfugge l’utilità di una sorveglianza generalizzata alla quale non dovesse conseguire sia una gestione efficiente e trasparente di una mole così estesa di dati, sia un conseguente test diagnostico altrettanto generalizzato e sincronizzato”.

Dal Governo non arriva ancora un’indicazione in materia, ma gli sviluppatori italiani di app sono scatenati e hanno riversato al ministero dell’Innovazione guidato da Paola Pisano diversi progetti.

A uno di questi sta lavorando Luca Foresti, fisico e amministratore delegato della rete di poliambulatori specialistici Centro medico Santagostino.

“Vogliamo – informa l’esperto – costruire un sistema tecnologico che possa andare nelle mani delle istituzioni per aiutarle a gestire la crisi, tenuto conto del fatto che non sarà breve e avrà una crescita, è importante avere strumenti che permettono di tracciare cosa succede sul territorio”.

La tecnologia alla base dell’app permette, a partire dai dati georeferenziati e anonimi, di individuare movimenti e interazioni delle persone, raccoglie un loro diario clinico come l’insorgenza della febbre e altri sintomi, e sulla base delle informazioni georeferenziate ad esempio capisce, molto prima dell’arrivo in ospedale, che in una zona c’è un focolaio.

Un’analoga applicazione è stata sviluppata dall’Università di Urbino (“Digital Arianna diAry”).

“Consentiamo all’utente – spiegano gli autori – di conservare sul proprio dispositivo tutte le informazioni utili a tutelare sè stesso e gli altri. E’ come se tutti gli smartphone fossero una grande banca dati distribuita in cui ciascuno gestisce i propri dati senza farli viaggiare in rete, ma sapendo che potranno essere incrociati in caso di necessità”.

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