"Buche d'oro", indagine della Finanza sui lavori di rifacimento delle strade della Sicilia orientale e centrale. Un altro tassello dell'inchiesta della Procura etnea che portò all'arresto di tre persone in settembre. I nomi degli indagati
Militari del Comando provinciale della Guardia di finanza di Catania, su delega della locale Procura distrettuale, hanno eseguito eseguendo un’ordinanza cautelare nei confronti di otto tra funzionari dell’Anas dell’area etnea e imprenditori di Palermo, Caltanissetta e Agrigento.
Nei loro confronti il Gip ha emesso un provvedimento cautelare – una in carcere e gli altri agli arresti domiciliari – che ipotizza reati di corruzione in concorso commessi nell’esecuzione dei lavori di rifacimento di strade statali della Sicilia orientale e centrale.
Un nuovo tassello dell’inchiesta “buche d’oro”
L’inchiesta rappresenta, dopo gli arresti del venti settembre scorso, un tassello di una più vasta indagine, denominata “Operazione buche d’oro”, che, sottolinea la Procura distrettuale, sta “portando alla luce rodati meccanismi corruttivi” all’interno dell’Anas di Catania.
Il provvedimento del Gip fa seguito alla misura cautelare emessa il venti settembre di convalida degli arresti in flagranza di reato, per corruzione, operati dalla Guardia di Finanza di Catania nei confronti di tre dipendenti dell’Anas con la quale venne disposta la custodia in carcere per i geometri Riccardo Carmelo Contino, di 51 anni, e Giuseppe Panzica, di 48, e gli arresti domiciliari per l’ing. Giuseppe Romano, di 48.
Ai tre sono stati adesso contestati, si legge in una nota della Finanza, “nuovi fatti corruttivi caratterizzati ancora dal raggiungimento di accordi di spartizione con imprese compiacenti del profitto illecito derivante dalla difforme esecuzione dei lavori di rifacimento di strade statali della Sicilia orientale”.
“Il mercimonio e la dazione delle ulteriori tangenti – si legge ancora – trovavano linfa in illegittimi risparmi di costi consentiti alle imprese che, in accordo con capi centro, capi nucleo e rup dell’Area Tecnica Compartimentale di Catania (Anas), scovavano, tra le pieghe dei capitolati tecnici dei lavori loro affidati, ampi margini di manovra individuando le lavorazioni da non effettuare o da realizzare solo in parte”.
Gli arrestati nell’ambito della nuova inchiesta
L’arrestato condotto in carcere è il geometra Gaetano Trovato di 54 anni, Capo Nucleo B del Centro di manutenzione A dell’Area Tecnica Compartimentale dell’Anas.
Agli arresti domiciliari sono finiti Salvatore Truscelli, di 56 anni, rappresentante legale dell’omonima azienda di Caltanissetta, con un volume d’affari annuo superiore ai cinque milioni di euro annui, Pietro Matteo Iacuzza, di 40, rappresentante legale della Isap srl di Termini Imerese (Palermo), con un volume d’affari nel 2018 superiore a 17 milioni di euro, Roberto Priolo, di 48, rappresentante legale della Priolo srl di Ciminna (Palermo), con un volume d’affari annuo di circa un milione di euro, Calogero Pullara, di 40, titolare dell’omonima ditta individuale, di Favara (Agrigento), con un volume d’affari annuo di circa un milione di euro.
Interdizione dall’esercizio di pubblico ufficio per un anno per l’ing. Antonino Urso, di 38 anni, Capo Centro Manutenzione “A” dell’Area Compartimentale ANAS di Catania competente alla manutenzione ordinaria e straordinaria di diverse strade, che ha reso un’ampia confessione svelando la rete corruttiva nella quale erano coinvolti anche altri funzionari dell’Anas e imprenditori corruttori.
L’inchiesta, come detto, rappresenta il prosieguo dell’operazione ‘Buche d’oro’ del nucleo Pef della guarda di finanza di Catania su quelli che la Procura definisce i “rodati circuiti corruttivi all’interno dell’Anas di Catania che vedono coinvolti dirigenti e funzionari infedeli responsabili della manutenzione programmata di strade e raccordi della Sicilia Orientale e imprenditori corruttori compiacenti”.
I Pm, “mercimonio e dazione di tangenti”
I Pm parlano di “mercimonio e dazione di tangenti” con “illegittimi risparmi di costi consentiti alle imprese” che, in accordo con funzionari Anas compiacenti, “scovavano, tra le pieghe dei capitolati tecnici dei lavori loro affidati, ampi margini di ‘manovra’, individuando le lavorazioni da non effettuare o da realizzare soltanto in parte”.
“I pubblici ufficiali coinvolti – accusa la Procura di Catania – piegavano i loro poteri discrezionali di vigilanza e controllo orientandoli al perseguimento di scopi criminali, in totale dispregio dei rilevanti interessi pubblici in gioco. Il profitto conseguito era pari a circa il 20% dei lavori appaltati e veniva assegnato per un terzo ai dipendenti Anas corrotti e, per la parte restante, restava nelle casse dei corruttori”.
Complessivamente sarebbero state state versate tangenti per circa 93mila euro, e almeno in un caso con consegna di soldi avvolti nella carta stagnola, per chiudere gli occhi sui “lavori svolti in economia”. Come confermato da funzionari Anas coinvolti, i vantaggi per l’impresa era nella mancata rimozione di parte del manto stradale usurato, dichiarare falsamente di avere messo più strati di asfalto e nel risparmio delle spese di trasporto del materiale in discarica. E i funzionari dell’Anas collusi certificavano che i lavori erano stati eseguiti a regola d’arte, secondo il capitolato dell’appalto. Così, accusa la Procura di Catania, le ‘buche’ diventavano ‘d’oro’.
Il Gip, “Un vero e proprio sistema di corruttela”
Dall’inchiesta della Procura, su indagini del nucleo Pef della Guardia finanza, emerge “un vero e proprio sistema di corruttela” all’Anas di Catania con accordi “sistematicamente ricorrenti” tra gli indagati che hanno una “logica mercantile nel loro operare”.
Lo scrive il Gip nell’ordinanza cautelare di settanta pagine emessa per l’operazione “Buche d’oro”.
I funzionari indagati, osserva il Gip, “anziché fare gli interessi dell’amministrazione di appartenenza si preoccupano di favorire le ditte amiche, asservendo in tal modo la loro pubblica funzione agli interessi” delle imprese.
I funzionari, ricostruisce il Gip, “consentivano alle ditte di effettuare i lavori appaltati in misura inferiore a quanto dovuto” con “la profondità nella scarificazione, nell’apposizione della guaina d’attacco e nello spessore del manto bituminoso e con minore misura di materiale di conferire in discarica”.
Gli ingegneri Giuseppe Romano, ai domiciliari, e Antonino Urso, sospeso per un anno dai pubblici uffici, come scrive il Gip, hanno rivelato l’esistenza di altri casi adesso al centro di nuove indagini.
Anas sospende gli indagati e ne blocca gli stipendi
La dirigenza di Anas, “non coinvolta nei fatti, collabora attivamente con gli inquirenti nell’azione anticorruzione, improntata al massimo rigore, non solo con licenziamenti ma anche con richieste di risarcimento di danni: non appena acquisiti gli atti, Anas procederà anche alla costituzione di parte civile”.
L’azienda, dopo gli arresti ha provveduto a sospendere i tecnici arrestati e a bloccare i loro stipendi.
Inoltre, la Security di Anas, con il supporto di un gruppo di ingegneri della Direzione Generale, in stretto contatto con la Guardia di Finanza sta effettuando controlli a tappeto sui lavori avvalendosi di apparati tecnologici del Centro Ricerche di Cesano di Anas, per verificare, anche ai fini della sicurezza delle infrastrutture, se sono stati rispettati la qualità e la quantità dei materiali previsti dai capitolati d’appalto
Occorrerebbe un Araldo di Crollanza.