AstraZeneca e Johnson&Johnson sono le due case farmaceutiche produttrici dei vaccini a vettore virale – a differenza di Pfizer e Moderna che utilizzano l’Rna messaggero – che in Italia vengono somministrati prevalentemente agli over 60 e che in altri Paesi sono addirittura stati sospesi. La motivazione di tali scelte risiede nelle rarissime controindicazioni verificatesi in varie parti del mondo – e anche nella nostra regione – che hanno addirittura portato alla morte diverse persone per trombosi. Nella maggior parte dei casi si è trattato di donne di età inferiore ai 60 anni. Ecco quali sono le cause possibili, i sintomi a cui prestare attenzione e l’eventuale terapia da seguire.
Come riportato anche dalla Fondazione Veronesi, nel caso di Vaxzevria – il vaccino AstraZeneca – la valutazione dell’Ema ha riguardato (su 34 milioni di somministrazioni) 169 casi di trombosi del seno cerebrale e 53 casi di trombosi della vena spalncnica riportati al 4 aprile 2021 dall’EudraVigilance e segnalati dai sistemi di farmacovigilanza dei Paesi europei e del Regno Unito.
Per il vaccino di Johnson&Johnson invece sono stati valutati 8 casi in USA su 7 milioni di somministrazioni, al 13 aprile 2021.
L’EMA non ha sospeso i farmaci, né ne ha limitato la somministrazione ad alcune fasce d’età, suffragando con dati scientifici il maggior beneficio della vaccinazione rispetto al rischio di infezione da Covid-19. L’Agenzia ha chiesto alle due aziende farmaceutiche di aggiungere l’informazione riguardante questi possibili effetti collaterali gravi – seppur rarissimi – sul foglietto illustrativo.
La maggior parte delle persone su cui è stata riscontrata una trombosi a seguito della vaccinazione (entro 2-3 settimane dalla somministrazione della prima o della seconda dose) erano donne entro i 60 anni d’età. Ma nessuno potrà mai verificare, con il senno di poi, quali reazioni evverse le stesse avrebbero potuto riscontrare a seguito dell’infezione da Covid-19.
Non ci sono certezze scientifiche sulla motivazione esatta di tale correlazione e pertanto non è possibile identificare specifici fattori di rischio. La comunità scientifica, nel cercare una spiegazione, propende per un’anomalia nella risposta immunitaria che abbasserebbe il numero di piastrine nel sangue. Un’evidenza già nota nel trattamento di alcuni pazienti con eparina (trombocitopenia indotta da eparina, HIT). Sul perché vengano colpite principalmente le giovani donne si sa ben poco, ma non è un fenomeno del tutto nuovo: è ampiamente noto che le malattie autoimmuni siano maggiormente riscontrabili nelle giovani donne in età fertile.
Dopo la vaccinazione, i sintomi a cui bisognerebbe prestare attenzione (e a seguito dei quali occorrerebbe chiedere immediatamente assistenza medica da personale specializzato in eventi tromboembolitici) sono: dolore al petto, gonfiore alle gambe, mancanza di respiro o “fiato corto”, dolore addominale, forte emicrania, offuscamento della vista, piccole chiazze di sangue sottopelle.
La tempestività del trattamento influisce sulle possibilità di recupero. La terapia consigliata è quella dell’infusione di immunoglobuline e anticoagulanti non eparinici.
La vaccinazione contro il Covid-19 è solo la più remota causa di trombosi (con un’incidenza che si discosta poco dallo zero). Tale evenienza è “molto più probabile” invece con l’assunzione di farmaci di largo consumo – come l’aspirina e la pillola anticoncezionale – e con il fumo di sigarette. E soprattutto è una delle tante complicanze che può generare il coronavirus.
Tutti i dati scientifici concordano invece sull’importanza dell’immunizzazione per tutte le fasce d’età. La vaccinazione è addirittura obbligatoria per il personale sanitario – anche in stato di gravidanza e allattamento -, oltre che consigliata alle donne che assumono la pillola anticoncezionale e a tutte le persone che regolarmente assumono farmaci anticoagulanti.