Cronaca

Droga, sgominata banda che operava tra Calabria e Sicilia

Militari del Comando Provinciale di Messina della Guardia di Finanza hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di undici persone accusate di far parte di un’organizzazione criminale che gestiva un traffico di cocaina, hashish e marijuana tra la Calabria e la Sicilia.

I provvedimenti restrittivi sono cinque ordini di custodia cautelare in carcere, quattro arresti domiciliari e due obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria.

Tutti gli indagati nell’inchiesta

Questi i destinatati della misura cautelare: Gaetano Mauro, Giacomo Lo Presti, Alessio Papale, Giacomo Russo e Domenico Batessa, che sono stati arrestati.

Ai domiciliari sono finiti Domenico Sottile, Carlo Ardizzone, Giusi Stracuzzi e Paolo Di Bella.

L’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria è stato notificato a Domenico Papale e Orazio Margurio.

Il capo banda è il figlio di un killer della mafia

Il capo della banda di trafficanti scoperta dalla Dda di Messina è Gaetano Mauro, figlio del killer del clan Galli di Giostra Carmelo Mauro, assassinato il 22 maggio 2001 in un agguato mafioso con un colpo alla testa.

Proprio questo “blasonato” rapporto di parentela avrebbe consentito al ragazzo di scalare le gerarchie del clan.

Al giovane, come emerge dalle intercettazioni, veniva riconosciuto un ruolo di comando anche dai congiunti diretti del capo della cosca.
“Lo sanno che tu comandi…”, gli dicevano commentando un attentato incendiario appiccato a una sala scommesse dallo stesso Mauro a gennaio 2019.

Un’inchiesta nata nel 2018

L’inchiesta, coordinata dal procuratore di Messina Maurizio de Lucia, è stata condotta su indagini dei militari del Gruppo di Messina e dirette dalla Direzione Distrettuale Antimafia.

L’operazione è nata dagli accertamenti effettuati dopo l’arresto, avvenuto il 26 settembre 2018, di due messinesi, sorpresi agli imbarcaderi dei traghetti privati mentre trasportavano oltre due chili e quattrocento grammi di cocaina e hashish, nascosti nelle fiancate della loro auto.

Il quantitativo di droga sequestrato, l’elevato grado di purezza (il 76%), e le modalità operative adottate dagli arrestati, hanno spinto gli inquirenti a ipotizzare che non si trattasse di un episodio isolato.

Il due febbraio dello scorso anno poi, le Fiamme Gialle, sempre nell’ambito della stessa inchiesta, arrestarono un messinese sorpreso al rientro da Catania, a bordo di un’auto noleggiata con cinque chili di marijuana.

Le indagini sono proseguite per oltre un anno e hanno portato alla scoperta dell’organizzazione criminale che gestiva un grosso traffico di stupefacenti e che aveva la sua base nel rione Giostra di Messina, con canali di approvvigionamento in Calabria, a Catania e nella stessa città dello Stretto.

Nel corso degli accertamenti gli investigatori hanno fatto irruzione nell’abitazione di uno degli arrestati, nel Rione Giostra, sorprendendo due fornitori catanesi, oltre al proprietario della casa e il capo dell’organizzazione, e sequestrando altri cinque chili di marijuana.

La banda trafficanti aveva turni di “straordinario”

La banda di trafficanti e spacciatori scoperta dalla Finanza di Messina, aveva impiantato in un’abitazione nel rione Giostra un servizio di distribuzione di droga operativo 24 ore su 24, grazie a un sistema di turnazione tra gli appartenenti che si alternavano ai padroni di casa, al capo della banda e alla moglie, anche loro arrestati oggi.

Come una normale attività lavorativa, gli indagati si davano il cambio e pagavano lo straordinario per i turni di “reperibilità” come veri e propri dipendenti di un supermarket dello stupefacente.

I pusher, per le loro prestazioni, guadagnavano 1.200 euro al mese.

Nel corso dell’indagine sono stati sequestrati oltre due chili di cocaina, dieci chili tra marijuana e hashish.

Un trafficante percepiva il reddito di cittadinanza

Nove degli undici destinatari di provvedimento cautelare eseguito dalla Finanza nei confronti di una banda di trafficanti di droga facevano parte di famiglie che avevano reddito di cittadinanza, uno di loro era poi diretto percettore del sussidio.