Editoriale

Dura lex sed lex. No, quando è cattiva

Un vecchio brocardo ci ricorda: Dura lex sed lex. Il che significa che la legge va sempre osservata anche se è “pesante”. Diversamente ci sarebbe il caos.
Ma da quella prescrizione alle cose concrete, che capitano tutti i giorni ai comuni mortali e anche a quelli che si credono immortali, ne corre parecchia.

Le leggi dello Stato sono approvate dal Parlamento, che è rappresentativo del Popolo, cosicché, almeno in teoria, esse rappresentano la volontà dello stesso. Ma ormai con l’imperante assenteismo dal voto (va alle urne meno di un/a elettore/trice su due), il rapporto fra Popolo e Parlamento è fortemente mutato con una conseguente distorsione, che vi spieghiamo.
Se i/le votanti che eleggono i vertici istituzionali nazionali, regionali e locali sono meno del cinquanta per cento e la maggioranza di essi/e ottiene il maggior numero di parlamentari, consiglieri regionali e comunali, sindaci e presidenti di regione, significa che essi non rappresentano il Popolo, bensì solo un quarto di esso.

Ne consegue che le leggi approvate da una minoranza del Popolo, ripetiamo, all’incirca un quarto, perdono valore morale, anche se non legale.
Vi è da aggiungere che la minore qualità generale dei legislatori produce leggi di scadente qualità, ingarbugliate, scritte in pessimo italiano, non sempre coerenti con l’obiettivo che vogliono raggiungere. La conseguenza è che rispettare le stesse diventa eticamente più difficile.

Una delle aberrazioni legislative del nostro tempo, che deriva da un Parlamento dequalificato, riguarda la legge di bilancio annuale dello Stato, che viene di solito approvata con un articolo unico e, dopo, un migliaio di commi. In nessun Paese del mondo con democrazia matura si legifera in questo modo.
Relativamente al brocardo, dobbiamo ricordare che nessuno doveva obbedire, per esempio, alle leggi razziali, a quelle fasciste, a quelle naziste e in genere a qualunque legge emanata da organi non democratici. Quindi non sempre è vero l’assunto secondo il quale alle leggi bisogna obbedire anche quando sono rigorose o rigide.

Ebbi la fortuna, nel 1983, di fare un Forum con il grande presidente della Repubblica, Sandro Pertini. Quando entrai nella sua stanza al Quirinale, con voce burbera mi tacciò: “Cos’è venuto a fare qua, giovanotto?”. Risposi prontamente: “Presidente, per fare un Forum con lei”.
Fra le tante cose interessanti che mi disse toccò proprio il punto in esame oggi, confermandomi che bisogna obbedire alle leggi, salvo quelle ingiuste, che ledono la libertà individuale e collettiva.
Ma chi giudica se una legge sia giusta o ingiusta? Il buonsenso di ogni persona che sia basato sugli eterni principi etici, che denotano equilibrio fra diritti e doveri.

La questione non è di facile interpretazione perché potrebbe consentire abusi che possono commettere, però, solo le persone che non osservano i suddetti principi etici, immortali.
è inutile girarci intorno, le regole di convivenza nei popoli devono sempre fare riferimento, più che alle leggi fatte dagli umani, a quelle scritte nei testi sacri, non di tipo religioso, ma di tipo etico.

Vogliamo proporvi, nella materia indicata, una questione quasi insignificante, ma perciò stesso significativa e cioè quella dei semafori.
Notiamo spesso nelle strade di tutte le città che essi mantengono il colore rosso che obbliga al divieto di transito, anche quando non vi è alcun motivo della sua persistenza perché nessuno attraversa le strade, né auto né pedoni. Cosicché questo stallo obbliga decine e decine di auto, nonché pedoni, a stare fermi ad attendere che il contatore faccia scattare la luce verde dell’attrezzo.
Come dovrebbero funzionare invece i semafori? Con delle apposite telecamere, le quali fanno modificare il colore in base al traffico della direzione, cosicché nessuno perderebbe tempo e le auto non inquinerebbero l’aria per minuti e minuti.
Per risolvere la questione basterebbe che i Comuni installassero tali telecamere, insieme ai semafori. Ma questo è l’ultimo pensiero dei sindaci, perciò passare col rosso, come indicato, non è peccato mortale.