L’economia circolare in Europa sta facendo passi avanti? A dieci anni dal primo Piano di azione, l’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) prova a fare un primo bilancio. Come spesso accade, luci ed ombre. Il documento ha il merito di dire alcune verità non sempre dichiarate. Soprattutto quando ricorda a tutti che “economia circolare” ormai è un concetto che va oltre alla semplice gestione dei rifiuti e al riciclo e riguarda i modi di produrre e consumare. Ma mentre le politiche europee sul riciclo sono ormai consolidate da oltre 20 anni, sul fronte delle politiche per il cambiamento dei modelli di produzione e consumo siamo ai primi passi. E i dati lo confermano.
I risultati in termini di riciclo dei materiali infatti sono buoni ed in costante miglioramento. Il continente europeo in media ricicla il 50% dei rifiuti urbani, il 46% dei rifiuti totali, il 64% dei rifiuti da imballaggio ed il 39% dei rifiuti elettrici ed elettronici. Molti Paesi (fra cui l’Italia) hanno risultati decisamente superiori alla media, le diversità fra Paesi sono ancora alte, ma i risultati ci dicono che non tutti i Paesi membri raggiungeranno nel 2030 i target previsti dalla nuova direttiva.
Siamo ancora molto distanti da un uso efficiente delle risorse materiali nel loro complesso, il sistema economico europeo usa ancora molte materie prime, prevalentemente vergini e in molti casi importandole da Paesi extra EU, alcuni di questi politicamente problematici.
Vediamo anche qui alcuni numeri. L’economia europea nel 2022 ha consumato circa 8 miliardi di tonnellate di materiali, fra minerali non metallici (per costruzione), metalli, biomasse e combustibili fossili. Un primo elemento appare incoraggiante: la quantità totale di materie prime utilizzate dal 2000 a oggi si è ridotta del 2%, mentre il Pil europeo è aumentato del 31%.
Produciamo più ricchezza con meno risorse, in gergo tecnico abbiamo migliorato la nostra efficienza nell’uso delle risorse ed iniziato un processo di disaccoppiamento fra ricchezza e uso di risorse. Una buona notizia. Ma l’impatto sulle risorse naturali del sistema economico europeo rimane comunque alto, con il conseguente impatto ambientale ed energetico.
I materiali riciclati rappresentano solo l’11,5% dell’intero flusso di materia (circa 1 miliardo di tonnellate). Il che significa che 7 miliardi di tonnellate le prendiamo dall’ambiente naturale. Per questo siamo un continente ancora poco circolare, nonostante il buon tasso di riciclo (il migliore del mondo). C’è un indicatore che sintetizza questo aspetto e si chiama “Indice di circolarità” (rapporto percentuale fra riciclo e flusso totale di materiali utilizzato).
L’Europa ha un tasso di circolarità dell’11,5%, il più alto del mondo (la media mondiale è 7,2%), ma questo indice sta rimanendo stabile dal 2000 ad oggi, è aumentato in 12 anni di solo un punto percentuale.
È interessante capire meglio di quali materiali stiamo parlando. L’Europa ha ridotto il quantitativo di combustibili fossili che utilizza (-28% dal 2000 al 2022), ed è una buona notizia perché conferma il trend continentale di crescita delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica. Stiamo riducendo anche l’uso di biomassa (-3 %), mentre sta aumentando il consumo di minerali non metallici (per l’edilizia e le costruzioni) e metallici, con un aumento del 10%. I modelli di produzione e consumo stanno un po’ cambiando quindi, ma non tanto da generare modifiche sostanziali al fabbisogno di materie prime ed il conseguente impatto sulle risorse naturali.
In questo quadro occorre mettere al primo punto dell’agenda la riduzione delle importazioni di materie prime ed in particolare di prodotti energetici e materie critiche. La leggera riduzione del consumo di materia in Europa in questi 20 anni non ha fatto ridurre l’importazione (oggi importiamo 1,6 miliardi di tonnellate di materie prime su un totale di circa 8 che usiamo, e ne esportiamo 0,7 miliardi). Questo dato espone l’Europa a crescenti rischi di vulnerabilità, e pone un problema di sicurezza degli approvvigionamenti, specie di combustibili fossili e materie prime critiche.
Per questo l’Agenzia Europea per l’Ambiente lancia un allarme sulla necessità di potenziare le politiche europee non tanto sul riciclo dei rifiuti, ma sulle modalità di produzione e consumo. Migliorare ecodesign, riuso, remanifacturing, durabilità, riparabilità, da un lato (produzione), ma anche promuovere consumi orientati alla condivisione (sharing al posto di proprietà, riuso) e alla sobrietà (regimi alimentari meno impattanti sulle risorse). Naturalmente proseguire sulla sostituzione di combustibili fossili con fonti rinnovabili, spinte dalle politiche di decarbonizzazione.
Scelte impegnative che devono coniugarsi, sempre secondo EEA, con una transizione “giusta” che non scarichi i costi sui più deboli. Come dichiara il documento stesso, non è automatico che politiche circolari o green generino maggiori e migliori posti di lavoro, in Europa. Così come non è automatico (e su questo il Rapporto è molto sfuggente) che l’uso di materie riciclate sia più conveniente rispetto alle materie prime vergini.
L’Agenzia individua solo tre mercati del riciclo ben funzionanti già oggi: alluminio, carta e vetro. Cinque filiere sono “non funzionanti bene” secondo EEA: legno, plastiche, biomasse, inerti aggregati e tessili. Da questa analisi emerge con chiarezza che l’economia circolare ha bisogno di strumenti economici, di mercato, (incentivi, responsabilità estesa del produttore, sgravi fiscali) che favoriscano il riciclo e penalizzino l’uso di risorse naturali vergini anche attraverso una tassazione ambientale specifica.
Chicco Testa
Presidente AssoAmbiente