PALERMO – L’etichetta “regionalizzata” in Sicilia sta cominciando a prendere piede, e le aziende dell’Isola sembrano averne riconosciuto il valore.
L’Osservatorio Immagino GS1 Italy studia ormai da anni la risposta del mercato, sia dalla parte degli acquirenti che dalla parte delle aziende, ai prodotti che danno rilevanza, nella propria immagine e nella propria comunicazione alla provenienza da una determinata regione o località, e ogni anno questo elemento diventa sempre più importante.
Dai dati raccolti dall’osservatorio Immagino, che conta nel suo carnet 84.804 prodotti, la Sicilia registra, nel 2020 (ultimo anno censito, ndr), circa l’1,3% dei prodotti con denominazione locale, o la cui etichetta richiama alla località in cui il prodotto nasce.
In termini di valore, sul totale, ci fermiamo all’1%, ma la crescita, rispetto al 2019, è stata del 5,1%, un trend positivo già segnalato nell’anno precedente, quando, era stata individuata una crescita del 4,2%. Meglio della Sicilia soltanto il Trentino Alto Adige, con l’1,1%; al terzo posto, invece, troviamo il Piemonte, con lo 0,9%.
La scelta di acquistare “siciliano” non sembra essere però strettamente degli isolani. Le regioni in cui regna il “sovranismo” alimentare sono la Saregna, il Trentino-Alto Adige e il Friuli Venezia Giulia, mentre in Lombardia, Emilia-Romagna, Campania, Molise e Calabria i prodotti del territorio locale restano preponderanti e sviluppano più vendite rispetto alla media nazionale.
In Sicilia, invece, c’è da dire che sembra avere un ottimo appeal anche il paniere “made in Lombardia”, come in Calabria, Campania e Basilicata.
C’è inoltre da segnalare che il prodotto in sé, secondo i dati raccolti dall’Osservatorio GS1 Italy, spesso diventa solo una piccola parte, non predominante, della esperienza di acquisto del cliente, al di là di quello che potrebbe essere considerata una scelta puramente razionale, per cui si sceglie in base alla propria necessità. Invece, molto spesso è lo stesso punto vendita a rappresentare quell’elemento di svolta che si inserisce nel processo decisionale di acquisto.
Non è un caso che, ancora, il 73% degli italiani preferisce acquistare gli alimentari nel punto vendita fisico, perché non vuole rinunciare alla spesa dal vivo (37%) e vuole toccare i prodotti (21%).
“Il negozio è legato a un modello che ha 40 anni, lo scaffale – sottolinea Matteo Arata, consulting retail lead per Accenture Italia, azienda leader nella consulenza commerciale strategica -e dei 27 minuti mediamente spesi per fare la spesa oltre la metà è dedicata ad attività a basso valore aggiunto”.
Partendo da questo assunto, ormai condiviso, è stato formulato il TradeLab Shopping Index dell’Osservatorio Non Food di GS1 Italy, un indicatore esclusivo che misura la capacità di attrazione complessiva dei contenitori commerciali in cui sono inserite le insegne della distribuzione moderna specializzata presenti in Italia.
“Questo indice – spiega Marco Cuppini, research and communication director GS1 Italy – permette d’inquadrare l’evoluzione della nuova dimensione competitiva nella distribuzione, quella tra sistemi di offerta commerciale in grado di attrarre quote significative di potenziali clienti”.
Tra le agglomerazioni urbane centrali, Palermo, si trova al 10° posto con il centro storico, nelle arterie principali delineate da via Maqueda, via Roma, via Ruggero Settimo, corso Finocchiaro). Un buon risultato, anche se in discesa di una posizione rispetto allo scorso anno.