Falcone, Mattarella a Palermo, la mafia esiste, lo Stato vigili - QdS

Falcone, Mattarella a Palermo, la mafia esiste, lo Stato vigili

redazione web

Falcone, Mattarella a Palermo, la mafia esiste, lo Stato vigili

lunedì 24 Maggio 2021

L'Italia ha ricordato ieri, nel ventinovesimo anniversario, le vittime della strage di Capaci. Il Capo dello Stato e diversi ministri a Palermo per la cerimonia nell'aula bunker dell'Ucciardone,

Ieri a Palermo, nell’ora esatta della strage di Capaci – alle 17.58 – davanti all’albero Falcone, il silenzio ha chiuso le celebrazioni per il ventinovesimo anniversario dell’attentato dinamitardo in cui vennero uccisi Giovanni Falcone, la moglie e gli uomini della scorta.

Una ricorrenza vissuta con emozione in tutt’Italia e in particolare in quell’aula bunker dell’Ucciardone, “luogo di grande valenza simbolica, dove la Repubblica ha assestato colpi di grande rilievo nel cammino della lotta contro la mafia”, in cui il Capo dello Stato, Sergio Mattarella ha fatto rimbombare ieri parole ferme.

“La mafia, lo sappiamo – ha detto il Presidente della Repubblica – esiste tuttora. Non è stata ancora definitivamente sconfitta, è necessario tenere sempre la guardia alta e l’attenzione vigile da parte di tutte le forze dello Stato”.

E “nessuna zona grigia – ha incalzato Mattarella, il cui fratello, Piersanti, presidente della Regione siciliana, da Cosa nostra venne ucciso – nessuna omertà, né tacita connivenza: o si sta contro la mafia o si è complici dei mafiosi, non vi sono alternative”.

“E’ impressionante”, ha sottolineato il Capo dello Stato, il numero delle vittime di mafia, “una lista interminabile, una scia di sangue e di coraggio, che ha attraversato dolorosamente la nostra storia recente”.

“La loro morte – ha aggiunto – ha provocato lutti, disperazione, sofferenze. Non li possiamo dimenticare. Ognuno di loro ha rappresentato un seme e chiede decisi passi avanti verso la liberazione e il riscatto”.

Ma “al contrario di quanto i mafiosi speravano, la conseguenza del sacrificio di Falcone, Borsellino e di chi si trovava con loro è stato il grande aumento della diffusione, permanente nel tempo, di una mentalità nuova, di consapevolezza e di rifiuto del fenomeno mafioso”.

Nel giorno di “Palermo chiama Italia”, l’iniziativa del ministero dell’Istruzione e della “Fondazione Falcone” presieduta dalla sorella Maria per ricordare la strage di Capaci, non c’erano, nel bunker, solo i ragazzi delle navi della legalità, anche quest’anno ferme a Civitavecchia per il Covid.

Nelle strade d’Italia ci sono stati però i lenzuoli esposti nei palazzi istituzionali e nelle abitazioni private per non dimenticare Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta, assassinati da Cosa nostra il 23 maggio del 1992.

A testimoniare la passione degli studenti impegnati in questa giornata di memoria ci ha pensato il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, che prima nel porto di Palermo ha seguito l’apertura delle celebrazioni con l’Inno di Mameli e poi nel bunker ha mostrato il lenzuolo realizzato dai ragazzi di una scuola di Roma, affisso al ministero.

“Bisogna portare la scuola ancora di più al centro del Paese: non più speranze ma fatti concreti”, ha detto il ministro.

In rappresentanza del governo, assieme al capo della polizia Lamberto Giannini, la ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, ha deposto una corona d’alloro ai piedi della Stele commemorativa di Capaci, sull’autostrada dove la mafia fece saltare in aria il giudice.

Nel suo intervento all’Ucciardone, poi, Luciana Lamorgese ha sottolineato come “il metodo di Giovanni Falcone era quello di creare una rete tra organismi investigativi come al tempo del terrorismo, un’intuizione fondamentale”.

Un “lavoro straordinario”, l’ha definito la Guardasigilli Marta Cartabia, anche lei all’Ucciardone, “a livello europeo, fu Falcone il primo a intuire che occorreva una protezione penale degli interessi finanziari: tra qualche settimana prenderà avvio la Procura europea, una istituzione dell’Ue, anche qui troviamo un lascito di Falcone”.

“La presenza delle istituzioni è un segnale per noi importantissimo, il segnale che lo Stato c’è ed è al fianco dei cittadini in questa lunga battaglia per la legalità che portiamo avanti ormai da 29 anni: è il segnale che lo Stato non intende arretrare perché è consapevole che la mafia non è vinta e che deve restare una priorità nell’agenda politica del Paese”, ha affermato Maria Falcone, che il Capo dello Stato ha ringraziato per il lavoro che porta avanti da tanti anni.

E se il presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè, per rinnovare la memoria ha proposto una “Biennale dell’Antimafia’ perché “il coinvolgimento dell’arte onorerebbe la memoria più del discorso di un ministro”, le parole più amare sono arrivate da Manfredi Borsellino, che indossando la divisa di vice questore, per la prima volta ha parlato del “depistaggio” nell’inchiesta sulla strage di via D’Amelio.

“Questa uniforme che indosso – ha detto – non l’hanno onorata alcuni vertici della polizia in quegli anni, prima e dopo la morte di mio padre”.

A ricordare i tanti poliziotti uccisi dalla mafia è stato Mattarella nella caserma Lungaro, dove è stata svelata la teca che contiene l’auto della scorta distrutta dal tritolo.

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