All’origine del Fascismo c’è l’ispirazione al cambiamento rappresentata dal movimento dei Fasci siciliani tra il 1889 e il 1894, poi represso nel sangue dall’unico palermitano, difensore dei poteri forti altoborghesi, presidente del Consiglio, Francesco Crispi.
La simbologia del fascio, l’unione di simili per contrastare il potere dei padroni e apportare cambiamenti sociali, è poi ripresa dal corporativismo mussoliniano. Ci sono idee socialiste, di liberazione dal latifondo, derivanti proprio dal movimento represso con le armi da Crispi.
Questo corporativismo è molto presente nella nouvelle vague di destra meloniana. Giorgia proviene dal mondo della destra sociale in effetti e da sempre cerca rapporti con precise comunità intermedie, che possano rappresentare pezzi di società. Infatti, se osserviamo i mondi più presidiati, e non da oggi, sono luoghi fortemente labour intensive, a grande partecipazione di risorse umane, come il turismo, lo sport, presenza storica, e oggi l’agricoltura. Turismo e agricoltura consumano, seppur stagionalmente, numeri elevati di risorse umane. Usiamo il termine consumo perché sono lavori ad alto tasso di orari concentrati ed estenuanti. Che gli italiani dopo anni di benessere e cultura del posto fisso garantito, pubblico o privato sindacalizzato, rifuggono come il diavolo. Da cui, o una conversione repentina dei neet o dei RDC, impossibile nel breve e medio periodo, o l’utilizzo di nuove risorse umane, si stimano in circa un milione e mezzo, da trovare fuori dall’Italia, per fare campare questi settori primari.
Questo avrebbe bisogno di intellettualmente oneste “gabbie salariali”, che contrastino il caporalato in nero, contratti d’area e di filiera. Il contrario del contratto nazionale unico, non sostenibile per alcune filiere e parti del paese.
Soprattutto in Sicilia, ma anche nel resto dell’ex Regno delle due Sicilie, terra dei Fasci siciliani, questo è evidente. Il latifondo non c’è più, ci sono una miriade di piccole e medie aziende agricole, alcune a valore aggiunto come quelle vinicole, e tutte queste hanno bisogno di lavoratori regolari a un costo del lavoro possibile. Stessa cosa per il variegato mondo del turismo e della connessa gastronomia. Per cui il Governo Meloni è al bivio. Da un lato ha conquistato voti sul “no”, soprattutto leghista, all’immigrazione; dall’altro, in primis Lollobrigida, capisce l’esigenza di importanti comparti produttivi su cui ha puntato.
Da qui il Decreto flussi che in pochi giorni di click day ha mandato esauriti gli 80.000 ingressi regolari.
Ma il problema è di transizione politica. Si possono abbandonare parte dei voti presi su logiche identitarie ristrette, sovraniste, e trovare nuovi voti in comunità intermedie di interessi legittimi diffusi e corporativi. Quello che faceva una volta il Pci con le cooperative rosse, che in origine ottocentesca erano fasci del lavoro, operaio e agricolo. Alla sinistra rimangono ormai alcune masse di sindacalismo novecentesco, Landini vero dominus, e il mondo a meno, oggi, lavoro intensivo, dell’innovazione digitale. Mondi più di nicchia, con meno gente, anche se molto più attrezzata intellettualmente. Se con l’attuale crisi della formazione il PD fosse il partito dei laureati sarebbe destinato all’irrilevanza. Mentre alla destra converrebbe puntare su una formazione professionale, vedi ITS, alla tedesca, di facile attivazione e di risultati sul breve periodo. Cosa che per un paese ancora manifatturiero non sarebbe proprio una bestemmia.
Se togliamo l’ismo, sempre negativo, se non distruttivo, che oggi, al di là di alcune frange, non vediamo come tendenza di massa di ritorno al fascismo, il neo conservatorismo meloniano potrebbe caratterizzarsi come un partito corporativo di Fasci. Fasci intesi come unioni di comparti, le vecchie comunità intermedie. Più siciliani che Littori. Certo si dovrebbe avere più coraggio nel prendere le distanze dai Fasci combattenti, che non sono quelli del passato ma i gruppi di estrema destra, se si vuole aumentare rappresentanza in quelli dei lavoratori. Ma questo è un processo che vuole un po’ di tempo. Non troppo però. Perché il mondo, con i problemi della globalizzazione, scorre ormai su clessidre molto più veloci.
Così è se vi pare.