Femminicidio, uccisa da un cittadino ghanese Agitu Gudeta - QdS

Femminicidio, uccisa da un cittadino ghanese Agitu Gudeta

Giuseppe Lazzaro Danzuso

Femminicidio, uccisa da un cittadino ghanese Agitu Gudeta

mercoledì 30 Dicembre 2020

La rifugiata etiope che viveva in Trentino e, con la sua azienda agricola e il suo negozio bio era diventata un simbolo dell'integrazione, è stata violentata e assassinata a martellate da un dipendente dopo una lite per motivi economici

Una discussione per una questione di soldi.

Per questo sarebbe stata violentata e uccisa Agitu Gudeta, la rifugiata etiope di 42 anni diventata simbolo di integrazione per il successo della sua azienda agricola bio, la “Capra Felice”, con undici ettari e ottanta capre autoctone nella Valle dei Mocheni, in Trentino a Frassilongo (Trento).

Uno dei dipendenti della donna, fermato nella notte e interrogato dai Carabinieri, ha confessato.

Si tratta di un uomo di 32 anni, ghanese, Adams Suleimani, che nell’azienda agricola si occupava di fare pascolare le capre.

In un primo momento i carabinieri avevano anche interrogato l’uomo della Valle dei Mocheni denunciato da Agitu nel 2018 e poi condannato per averla aggredita dicendole “Sporca negra te ne devi andare”, giudicato estraneo ai fatti.

Nella notte, quindi, la confessione del dipendente, portato in carcere a Trento, dopo aver rivelato particolari agghiaccianti.

L’uomo prima ha infierito su Agitu Ideo Gudeta colpendola alla testa con diverse martellate, poi, quando la donna era agonizzante sul pavimento della camera da letto, l’ha violentata.

La vittima conosceva bene l’uomo che ieri mattina l’ha massacrata. Già in passato aveva lavorato nell’azienda e due mesi fa era stato richiamato.

A trovare la donna già morta, in camera da letto, uccisa forse con colpi di martello, sono stati i vicini di casa, allertati da un conoscente della vittima preoccupato perché Agitu non era andata a un appuntamento.

Agitu, nata ad Addis Abeba nel 1978, aveva studiato sociologia all’Università di Trento e poi era tornata nel suo Paese.

Nel 2010, a causa della situazione di conflitto interna, aveva fatto ritorno in Italia e nella Valle dei Mocheni, dove dal Medioevo vive una minoranza di lingua tedesca, aveva dato vita alla sua azienda della quale si erano occupate anche trasmissioni televisive e riviste come Vanity Fair.

A Trento aveva aperto un punto vendita di formaggi e prodotti cosmetici a base di latte di capra. Sul suo profilo Fb aveva appena scritto “Buon Natale a te che vieni dal sud, buon natale a te che vieni dal nord, buon natale a te che vieni dal mare, buon natale per una nuova visione e consapevolezza nei nostri cuori”.

Lo scorso gennaio, l’autore della violenza, che si era scagliato anche contro il casaro del Mali che aiutava Agitu, era stato condannato a nove mesi per lesioni dal Tribunale di Trento, mentre l’accusa di stalking finalizzato alla discriminazione razziale era stata lasciata cadere, contrariamente a quanto aveva chiesto il pm.

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