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Fine vita, assolto Cappato “Il fatto non sussiste”

MILANO – “Il fatto non sussiste”. È questa la sentenza di assoluzione nei confronti di Marco Cappato, pronunciata dai giudici togati e popolari della Corte d’Assise di Milano. Lo storico esponente milanese del movimento Radicale era imputato per aiuto al suicidio: fu lui stesso ad autodenunciarsi dopo aver accompagnato Fabiano Antoniani, 40enne milanese conosciuto con il nome d’arte di Dj Fabo, rimasto completamente cieco e tetraplegico in seguito a un grave incidente stradale, a morire in una clinica svizzera specializzata nell’aiuto al suicidio.

Un verdetto praticamente scontato, quello dei giudici milanesi, dopo la pronuncia della Corte Costituzionale che nel settembre scorso aveva sancito la legittimità (e dunque la non punibilità) dell’aiuto al suicidio ma solo a determinate condizioni: ossia se esercitato nei confronti di individui capaci di assumere scelte libere senza subire condizionamenti esterni, colpiti da patologie irreversibili che provocano sofferenze fisiche e psicologiche atroci e mantenuti in vita da supporti esterni, come respirazione o idratazione artificiale.

Quattro paletti che nel caso di Fabiano Antoniani sono stati pienamente rispettati da Cappato. Lo ha sottolineato lo stesso procuratore aggiunto, Tiziana Siciliano, nella sua requisitoria prima di chiedere l’assoluzione dell’imputato: “La grandezza della sentenza della Consulta – ha detto il magistrato in un passaggio del suo intervento in aula – è data proprio dal fatto che rispetto alla sacralità dell’esistenza prevale la fragilità dell’uomo”. Il sentiero tracciato dalla Consulta lasciava poco spazio a interpretazioni. Ma per il pm Siciliano, quella di ieri è stata comunque “una giornata storica”. Soprattutto perché la sentenza dei giudici di Milano “realizza pienamente il significato dell’articolo 2 della Costituzione che mette l’uomo al centro della vita sociale e non lo Stato”.

La partita sul fine vita adesso si sposta sul piano politico: “Adesso – ha puntualizzato ancora il magistrato – sarà compito del legislatore colmare questa lacuna. Le pronunce della Corte Costituzionale e del Tribunale di Milano dovranno agire da stimolo per arrivare a dare un contributo a questo percorso”.

Tuttavia, la battaglia di Cappato non è finita con questa sentenza. L’esponente Radicale è infatti imputato davanti al Tribunale di Massa per l’aiuto al suicidio fornito a Davide Trentini, 53enne affetto da distrofia muscolare e morto in Svizzera con il suicidio assistito. “Il fatto che Fabiano fosse dipendente da un sostegno vitale – ha dichiarato in aula Cappato – lo ritengo del tutto irrilevante. Non è la tecnica del tenere in vita che è rilevante, ma la libertà di autodeterminazione del malato, quella sì”. Secondo l’esponente radicale, infatti, la Corte Costituzionale ha sbagliato a indicare “la presenza di un sostegno vitale” come “condizione necessaria” per poter ottenere il suicidio assistito. Questo perché “rappresenta di fatto – ha dichiarato l’esponente Radicale – una discriminazione irragionevole e incostituzionale tra chi è mantenuto in vita artificialmente e chi soffre atrocemente”.