Fisco, Messina, maxi evasione da quindici milioni di euro - QdS

Fisco, Messina, maxi evasione da quindici milioni di euro

Giuseppe Lazzaro Danzuso

Fisco, Messina, maxi evasione da quindici milioni di euro

venerdì 09 Ottobre 2020

Eseguito dalla Guardia di Finanza su disposizione del Gip un sequestro di beni per sei milioni e mezzo di euro. La frode realizzata attraverso tredici aziende con sedi legali solo formalmente fuori dalla città peloritana

I militari del Comando Provinciale della Guardia di finanza di Messina hanno scoperto una maxi-frode fiscale che avrebbe permesso all’imprenditore Antonino Giordano, di 52 anni, con la complicità del fratello, di 49, e di un prestanome, di evadere complessivamente oltre quindici milioni di euro tra Iva, imposte sui redditi, sanzioni e interessi.

Su proposta della Procura di Messina, guidata dal Procuratore Maurizio de Lucia, il gip ha disposto il sequestro di sei milioni e mezzo di euro, eseguito dalle Fiamme Gialle.

In particolare, le indagini del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Messina hanno accertato che la frode è stata commessa attraverso tredici aziende, con sede di fatto a Messina e sedi legali solo formalmente in Italia.

Aziende impegnate in vari settori

Gli inquirenti hanno scoperto un vorticoso giro di trasferimenti finanziari tra le realtà societarie, che operavano nei settori edile, delle pulizie, dei trasporti, alberghiero, della ristorazione e della grande distribuzione, riferibili all’imprenditore messinese Giordano 52 anni, al fratello e a un prestanome.

Un complesso sistema per frodare il fisco

Da un’analisi dei flussi bancari e della documentazione amministrativo-contabile delle società è stato possibile scoprire il complesso schema ideato per frodare il fisco.

Il sistema prevedeva il trasferimento di ingenti somme di denaro dai conti correnti della società debitrice dell’erario – all’epoca, titolare di un appalto di tredici milioni di euro con un ospedale del Nord, per il servizio di pulizia e sanificazione – ai conti correnti delle altre realtà societarie del gruppo, così svuotandone le casse e minandone la solidità finanziaria.

Ceduto il ramo d’azienda milionario

Il ramo d’azienda che si era aggiudicato l’appalto milionario è stato ceduto a una neo-costituita società, sempre riferibile allo stesso gruppo imprenditoriale, con lo stesso oggetto sociale, alla cifra irrisoria di ventimila euro.
Fatti sparire i soldi e un ramo d’azienda particolarmente redditizio, la procedura di riscossione coattiva per i debiti erariali iscritti a ruolo accumulatisi nel tempo era, quindi, definitivamente compromessa.

Complessi giri di contabilità

Le indagini hanno dunque consentito di ipotizzare come gli indagati abbiano distratto le somme che avrebbero dovuto essere utilizzate per adempiere agli obblighi tributari attraverso complessi giri di contabilità studiata ad arte, per prosciugare le casse di una società del gruppo.

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