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Matteo Frasca: “Testi unici per razionalizzare il sistema normativo vigente”

Intervistato dal direttore Carlo Alberto Tregua, il presidente della Corte d’Appello di Palermo, Matteo Frasca, risponde alle domande del QdS.

In Italia abbiamo leggi che cambiano spesso e in molti casi incomprensibili. La legislazione negli ultimi anni sta rallentando il funzionamento del “sistema Paese”, come ci segnala il mondo delle imprese. Si può uscire da questo caos normativo?
“Oggi abbiamo un sistema normativo che, oggettivamente, è molto più complesso rispetto al passato. Molti anni fa le leggi avevano un pregio straordinario, erano poche e chiare. Mi rendo conto che, oggi, la realtà è più complessa, per cui legiferare sui rapporti giuridici che non sono quelli di una volta è anche molto complicato. Le nuove frontiere del diritto, le nuove situazioni sociali, il confronto con la legislazione europea rendono meno agevole la scrittura delle leggi. Dobbiamo pensare, però, che la prima garanzia della comprensibilità della legge e, quindi la possibilità che i cittadini la osservino, è la chiarezza. E il problema, oggi, non è solo la complessità delle leggi, ma anche il numero delle norme. Abbiamo un’ipertrofia normativa che rende necessario il coordinamento tra leggi preesistenti e leggi nuove. Per questo, anche tra gli addetti ai lavori c’è difficoltà a districarsi in una legislazione ordinaria e speciale in continua evoluzione che deve armonizzarsi con il sistema normativo vigente. Questo comporta un rallentamento dei tempi, un dispendio di energia e un’incertezza che può generare inefficienza. Da tempo noi invochiamo i Testi unici. Lo chiedono avvocati, magistrati e chiunque lavora confrontandosi con il sistema normativo”.

Un altro problema che rallenta la giustizia è la carenza di organico. In Corte di Appello il personale è adeguato al carico di lavoro?
“La Corte di Appello di Palermo ha un organico di magistrati che risale a tantissimo tempo fa. La pianta organica negli anni ha avuto piccoli aggiornamenti. Oggi siamo sessanta e circa quattrocento in tutto il Distretto. La Corte di Appello è il primo filtro efficace della Corte di Cassazione. Se funziona la Corte di Appello, risponde benissimo la Corte di Cassazione, altrimenti ne subisce l’inefficienza. I dati numerici e di qualità di tenuta del processo del settore penale ci dimostrano un buon rendimento. Questo significa che se un ufficio giudiziario è posto nelle condizioni di funzionare la risposta alla domanda di giustizia è adeguata. Noi in Italia ci lamentiamo di organici incompleti e inadeguati, ma se guardiamo all’Europa, la produttività dei magistrati italiani è la prima in assoluto in proporzione al numero dei magistrati, delle cause e dei cittadini”.

Eppure, il cittadino ha l’immagine di un sistema giudiziario italiano lento e costoso, nonostante gli sforzi che si compiono anche dal punto di vista telematico…
“Il cittadino che si interfaccia con la giustizia si aspetta che la propria vicenda venga trattata con un servizio adeguato. Così come l’utente che chiede un servizio sanitario. Se dal Palazzo di giustizia il cittadino riceve una sola volta un’immagine sbagliata, dirà sempre che la giustizia è quella. Questo perché la giustizia non è solo l’esito delle cause, è il servizio che si offre. Dall’accoglienza, al modo di relazionarsi, ai tempi di attesa, alla chiarezza da parte di giudici e avvocati. L’approccio individuale con l’utente della giustizia serve a dare l’immagine del funzionamento della stessa”.

La riforma della giustizia civile punta a ridurre i tempi di durata dei processi, dando impulso in particolare a strumenti come la mediazione e la conciliazione per la risoluzione delle controversie. Funziona in Sicilia?
“La mediazione e lo strumento della conciliazione risultano più difficili da attuare nei territori di forte crisi economica, perché presuppongono la risoluzione di una controversia mediante un accordo tra chi ha torto e ragione, quindi con un esborso di denaro. Nei territori dove c’è crisi, quindi, c’è difficoltà di accesso alle strutture di mediazione e difficoltà di chiudere le controversie, quindi le parti preferiscono andare in causa. Un esempio sono le cause di lavoro”.

Sta ottenendo risultati la perseguibilità a querela per alcuni reati, al fine di porre rimedio ai problemi della giustizia penale sovraccarica di lavoro?
“La depenalizzazione nella giustizia penale è una bella idea, ma resta sulla carta e non serve a snellire la giustizia, se si applica a reati che non si consumano da anni. Questo è accaduto in passato. Riguardo ai limiti che potrebbero derivare dalla perseguibilità a querela, ovvero che senza la querela della persona offesa non può procedersi, penso che la filosofia di base sia buona per l’obiettivo prefisso della riduzione del sovraccarico di lavoro in caso di piccoli reati. La perseguibilità a querela quindi va bene, ad accezione dell’aggravante mafiosa”.

Maggiore collaborazione con le Università
e Piani di studio che non siano solo teorici

Come si risolve la questione degli organici scoperti?
“La scopertura dell’organico della Magistratura è ricollegabile in gran parte al numero dei vincitori del concorso, in genere inferiore ai posti messi a disposizione. Dal 2000 al 2020 i concorsi in Magistratura hanno registrato un indice di mancata copertura dei posti in media del 13 per cento. Nel 2009, su cinquecento posti messi a concorso, ci sono stati soltanto 253 vincitori. Il problema intanto non è fare più concorsi, ma trovare magistrati. Dall’Università italiana ogni anno escono giovani di qualità. Una parte di questi va a svolgere la professione di notaio, un’altra di avvocato e un’altra va all’estero perché non si può permettere di restare in Italia per anni a studiare, prima di diventare magistrato. La nicchia che resta non supera mai le trecento unità”.

C’è una collaborazione con le Università?
“Bisognerebbe collaborare maggiormente con le Università per indirizzare gli studenti verso le professioni forensi con Piani di studi non solo teorici. La tecnica di redazione degli atti giudiziari, per esempio, meriterebbe attenzione già nelle aule universitarie”.

Il tempo è importante per la qualità della giustizia. Quali sono i vostri tempi di attesa?
“In Italia la durata ragionevole del processo è il vero problema della giustizia. Il tema è stato affrontato dal 2011, con l’introduzione dei programmi di gestione negli uffici giudiziari. Si tratta di criteri di priorità, parametri e verifiche periodiche che consentono di raggiungere gli obiettivi fissati. Questo sistema, nato per dare efficienza alla giustizia, ha accorciato l’indice di vetustà delle cause. Si è registrata una flessione dell’arretrato del 20 per cento, con un trend positivo rallentato in pandemia e in miglioramento dal 2022. Oggi in Corte d’Appello abbiamo un 50 per cento di cause ultrabiennali. In passato c’erano cause in giacenza per dodici anni, ora per cinque-sei anni con una forbice che si va restringendo”.

Digitalizzazione del lavoro
ed efficienza degli uffici

Qual è il livello di tecnologia negli Uffici della Corte di Appello? La digitalizzazione risponde in termini di risparmio di risorse economiche e di riduzione di tempi di attesa dei processi?
“Il processo civile telematico funziona, anche se si rileva ancora qualche criticità. Nell’ambito del processo penale, il percorso è stato più lento a partire, perché ci sono state alcune complicanze tecniche”.

Riguardo al funzionamento degli uffici giudiziari, le spese obbligatorie che erano a carico dei Comuni, con un rimborso statale parziale, sono state trasferire al Ministero della Giustizia con la Legge di Stabilità 2015. Questa procedura è servita a snellire i tempi d’attuazione di lavori, per esempio di manutenzione degli uffici?
“In termini di spesa ci sono dei vantaggi perché il soggetto fruitore ha la consapevolezza delle necessità organizzative degli uffici e un controllo diretto delle uscite. Quest’attività, però, presuppone la presenza di uno staffi di tecnici che diano il parere qualificato sulle opere da realizzare. La Conferenza permanente prevista dalla Legge per il funzionamento degli uffici, composta da personale del sistema giudiziario e da dirigenti amministrativi, serve a questo obiettivo. Il ministero della Giustizia si sta occupando del funzionamento delle direzioni territoriali. Mi auguro che si creino anche dei meccanismi di decentramento degli uffici per meglio rispondere ai bisogni delle realtà locali”.