Inchiesta

Gap Nord-Sud, dopo la rapina del federalismo fiscale “M5s inadeguato e Pd partito nordista”

di Serena Grasso, Ivana Zimbone, Patrizia Penna

PALERMO – Del furto di 840 miliardi perpetrato in 17 anni dal Nord ai danni del Sud e certificato dall’Eurispes non ci stancheremo mai di parlare. Non se n’è parlato a sufficienza, evidentemente, se consideriamo l’indignazione mediatica che ne è scaturita, fin troppo flebile rispetto alla gravità del fatto.
Anziché correre ai ripari e invertire la rotta, nei confronti del Sud si è preferito continuare nell’assurda logica dell’assistenzialismo e delle mance. Adesso però, l’accordo sul Recovery Fund riaccende la speranza: è questo il momento della svolta. Ora o mai più, verrebbe da dire.


Lo sa bene anche Gaetano Armao
, vicepresidente della Regione siciliana che senza mezze misure ha commentato così la firma dell’accordo: “Adesso tocca all’Italia assumere scelte di sviluppo e di responsabilità”.
“L’Unione europea – scrive ancora Armao – ha risposto come doveva in termini di solidarietà e di coesione. Questa è la prova che l’Europa rappresenta una garanzia e che l’unità serve a tutti i Paesi. Certo è stato un percorso difficile e pieno di spinte contrastanti, ma alla fine l’Europa ne è uscita più forte. E l’Italia ha ottenuto 208 miliardi, buona parte dei quali in forma di sussidi a fondo perduto. Ha vinto l’Europa delle solidarietà e dei diritti contro l’Europa degli egoismi e questo rappresenta un grande risultato per il Partito Popolare Europeo, che ha fortemente voluto l’accordo.

Armao ha cercato inoltre di delineare lo scenario futuro: “Occorre prima di tutto coinvolgere le opposizioni e determinare un clima di forte coesione nazionale, pur nella inevitabile divisione dei ruoli. E occorre, dato che i fondi Recovery non saranno disponibili prima del 2021, utilizzare nel frattempo i 37 miliardi del MES e ogni altro fondo disponibile da subito. Mi impegnerò, nell’ambito dei miei ruoli, affinché le isole europee e la Sicilia possano ottenere un particolare riconoscimento nella allocazione delle risorse”.

Servono infrastrutture, investimenti, cantieri aperti, occupazione. In una sola parola, un serio piano di rilancio del Sud perché, come spiega Pietro Busetta (Istituto Esperti Studi Territoriali) al Qds: “Senza il Sud il Paese non si salva”.

Ed è proprio a Busetta che abbiamo chiesto di commentare alcuni dati sull’impatto della crisi da pandemia sul prodotto interno lordo siciliano e su un tessuti produttivo già fragile che, prima del lockdown, stava scontando gli effetti di un’altra durissima crisi, quella esplosa nel 2008.

Nel Defr 2021-23 diffuso qualche settimana fa, la previsione per il 2020 è un calo del Pil siciliano del 7,8% che farebbe scendere la ricchezza prodotta a poco più di 79 miliardi. Secondo Lei è una stima ottimistica?
“Dare numeri in questo momento è complicato ma considerato che abbiamo avuto due mesi di lockdown e secondo le analisi del report Sicilia coronavirus del Diste consulting, probabilmente la perdita del Pil per il 2020 sarà un po’ più elevato di quanto, ottimisticamente prevede il Defr 2021-2023. D’altra parte se si pensa che ogni mese vi è una produzione di Pil di 7 miliardi circa e che in due mesi si perdono un po’ meno, visto che alcune attività (poche) sono rimaste,è facile capire che la previsione di una perdita annuale di soli 6,7 miliardi è molto ottimistica”.

“Svimez nelle previsioni per il 2021 ha parlato di una ripresa “dimezzata” nel 2021 per il Sud: perché “dimezzata”, secondo lei? Perché la distanza con il Nord si fa sempre più siderale e quindi riguadagnare il terreno perduto è sempre più difficile oppure perché dal governo nazionale non sta arrivando la giusta spinta in termini di investimenti?
“Purtroppo la logica è sempre la stessa. Prima la locomotiva Nord poi il resto. D’altra parte pensate che la classe dirigente (sindaci, rappresentanti in Parlamento, Confindustria, sindacati) si facciano togliere risorse per farle investire al Sud? E sono i nostri in condizione di contrastare i Bonaccini, i De Micheli, i Gualtieri ma anche i Boeri, i Cottarelli ma anche i media nazionali? La solfa sarà sempre la stessa, mancette per il Sud e soldi veri e seri per il Nord. Ma questo Paese senza il Sud non si salva”.

La strada delle mance e dell’assistenzialismo non conduce allo sviluppo ma purtroppo è stata quella imboccata fin troppo spesso anche in passato e ora anche da questo governo, tra reddito di cittadinanza e bonus a pioggia. La Sicilia deve andare oltre le elemosine: come, secondo lei?
“Dovremmo superare la classe dominante estrattiva, ancora dominante, che si contenta delle mancette per i propri clientes. Ed avere un vero progetto per la Sicilia che passi dalle Zes manifatturiere ma passi anche da una serie di Zes turistiche che potremmo ideare anche prima che lo faccia il Governo nazionale. Ma anche fiscalità di vantaggio per i pensionati stranieri e centri di eccellenza nella sanità e nella formazione. Imporre l’alta velocità ferroviaria a da Salerno ad Augusta con il ponte del Mediterraneo. Ma è necessario qualcuno che non pensi alle prossime elezioni ma in grande e non mi pare che ci sia”.

Ponte sullo Stretto: svanisce il sogno, ancora una volta. Il Governo promette investimenti in infrastrutture, poi però, si capisce che manca la volontà politica. Ci prendono in giro?
“Il ponte non costa sei miliardi, ma 50 miliardi . Tanto è il costo dell’alta velocità/capacità da Salerno ad Augusta. Ma significa scegliere rispetto all’altra velocità Bergamo-San Candido ed il Nord bulimico e non vuole cedere nemmeno un euro. Viva Milano ed abbasso Napoli. La provincia lombarda non ha dimensione per guidare questo Paese. Ma i Cinquestelle sono assolutamente inadeguati ed il Pd un partito nordista. Siamo messi male”.

Reddito famiglie, in Sicilia 5mila euro in meno rispetto alla media italiana

Anno dopo anno si allunga la distanza che separa il reddito disponibile delle famiglie siciliane da quello rilevato mediamente nel resto d’Italia. E così è successo anche nel 2019: infatti, secondo i dati contenuti all’interno del report “Economie regionali – L’economia della Sicilia” della Banca d’Italia, nell’Isola in media ogni famiglia disponeva di un reddito pari a 13.600 euro, valore sensibilmente inferiore alla media nazionale (circa 18.900 euro).

Nella nostra regione, il reddito familiare netto è distribuito in modo più diseguale che in Italia: ciò significa che la maggior parte della ricchezza si concentra in un numero esiguo di nuclei familiari.

La disuguaglianza del reddito da lavoro si è mantenuta negli ultimi anni sui valori elevati che erano stati raggiunti a seguito della crisi e che rimangono sensibilmente superiori alla media nazionale: tale andamento è ancora principalmente riconducibile alla quota di individui in famiglie senza redditi da lavoro, che in Sicilia è rimasta pressocché stazionaria e nel 2019 si attestava su valori più che doppi rispetto all’Italia (rispettivamente pari al 22,3 e al 9,9%).

A tal proposito, i picchi più elevati si raggiungono nei casi in cui la persona di riferimento ha un basso titolo di studio (31% per chi ha fino alla licenza media) o è una donna (35,7%). Anche la quota di minori in tale tipologia di famiglie si è stabilizzata su valori particolarmente elevati (28%).

Tali incidenze, già ingenti, rischiano di aumentare ulteriormente a seguito degli effetti recessivi legati all’emergenza sanitaria. Tra i nuclei attivi l’impatto delle ricadute occupazionali potrebbe essere maggiore per quelle famiglie in cui non c’è alcun lavoratore a tempo indeterminato (in esse vive circa il 47,3% della popolazione). In Sicilia poco meno di un terzo delle persone in nuclei attivi percettori di redditi da lavoro ha in famiglia almeno un componente impiegato nei settori che sono stati interessati dalla sospensione dell’attività; mentre in circa un quinto dei casi, tutti gli occupati della famiglia lavoravano nei settori oggetto di interruzione.

Naturalmente ad un simile scenario corrisponde una drastica riduzione dei consumi. Infatti, nel 2019 si è drasticamente arrestata la fase di moderata ripresa dei consumi avviata nel 2015. Ad influire pesantemente è stata la minore crescita della spesa delle famiglie siciliane per i beni durevoli, che in base ai dati dell’Osservatorio Findomestic è stata dello 0,8% (nel 2018 era stata dell’1,8%). Nel 2019 la spesa media mensile di una famiglia siciliana per consumi è stata pari a circa 2.000 euro: poco più di un quinto di tale spesa era destinato all’acquisto di generi alimentari e poco meno di un terzo all’abitazione (manutenzioni, utenze, canoni di affitto).

Tali quote potrebbero aumentare ulteriormente nel 2020, anche in considerazione dell’accresciuta permanenza delle famiglie presso la propria abitazione, così come è avvenuto nel corso degli anni della precedente crisi.