Che la Meloni oggi, insieme al suo omologo polacco, sia un baluardo atlantico targato Nato e apprezzato in Usa non v’è dubbio alcuno. Al contrario di quella di Mao è stata una veloce marcia, quella della Meloni verso l’atlantismo. Ieri però la Meloni, alla vigilia del Consiglio Europeo è stata lasciata sola dai suoi alleati nell’emiciclo della Camera. Una solitudine che la definisce, ma certamente non l’aiuta.
Perché sostanzialmente diversa, rispetto alla Meloni, è la credibilità di tali posizioni atlantiche nella comunità italiana, sia quella politica che quella civica. La politica italiana non ha certamente, né in maggioranza né all’opposizione, una posizione univoca, tutt’altro. Sembra il Paese più confuso dell’Occidente sul conflitto russo-ucraino. La colla del potere ministeriale tiene insieme posizioni inconciliabili, ma le spaccature sono alla luce del sole, tra casse di vodka e magliette ripiegate.
Giorgia per l’Amministrazione Biden è diventata l’Americana, una risorsa nel fianco Sud dell’alleanza. Washington nutre dubbi su tutti gli altri leader politici italiani, considerati compromessi. Discorso a parte per Renzi, che gioca di soppiatto sottotraccia.
Un bis di Biden sarebbe propizio per l’attuale premier, in caso contrario tutto cambia. Con un’opposizione di tal fatta la Meloni non rischia una crisi parlamentare, nonostante i congiurati interni non manchino. Ma non si possono permettere un cambio di gabinetto e nemmeno un rimpastino. Certo le emergenze continuano, il PNRR è sempre al palo, e sempre più lontani saranno i benefici. C’è sempre l’immigrazione ormai non gestita. Le liste d’attesa ospedaliere sono insopportabili. Dopo la pandemia e la Guerra ucraina ora arriva la siccità. Problema serio che cavalcato da Salvini può diventare grottesco.
Ma le emergenze sono come le ciliegie, una tira l’altra; peraltro, fanno vendere i giornali e logorano una leader che per quanto tosta ha una linea difensiva esclusivamente familiare. La luna di miele è finita e oggi si lotta su terreni molli, arrivare al fango è un attimo. L’autunno, tra inflazione e arrabbiati senza RDC, sarà molto caldo. La finanziaria, senza continuità draghiana, tra promesse farlocche e Ponti sul fiume Kwei, sarà un calvario. Una volta nominati i boiardi di Stato non sono più facilmente riconducibili a un sostegno di maggioranza, soprattutto se pensano che la mano che firma dopo il triennio non sia più la stessa.
E poi ci sono le europee. E lì qualcuno aspetta sul fiume, mentre in Arno risciacqua i panni di leadership perdute. Se le europee vedranno diminuire le percentuali della maggioranza, e questo sembra probabile, la guerra oggi sottotraccia al suo interno erutterà come la sciara di Stromboli.
E i nostri alleati americani potrebbero cercarsi un altro cavallo, come fanno da decenni. Ma ogni cosa a suo tempo. Oggi è il tempo di Giorgia the First.
Così è se vi pare.