Glaucoma, quel nemico silenzioso che ci “ruba” la vista - QdS

Glaucoma, quel nemico silenzioso che ci “ruba” la vista

Glaucoma, quel nemico silenzioso che ci “ruba” la vista

venerdì 13 Marzo 2020

Ne soffrono 1 milione 200 mila persone in Italia; 55 milioni nel mondo; il 50% dei pazienti non sa di averlo; il 20% è esposto al rischio

ROMA – Ne soffrono 1 milione 200 mila persone in Italia; 55 milioni nel mondo; il 50% dei pazienti non sa di averlo; il 20% è esposto al rischio concreto di perdere la vista e colpisce principalmente le persone di oltre 40 anni. Sono questi i dati confermati dai migliori esperti dell’Aisg, Associazione italiana studio per il Glaucoma.

Il glaucoma è una patologia degenerativa che generalmente coinvolge entrambi gli occhi determinando danni permanenti al nervo ottico, che nel tempo possono portare a ipovisione e cecità (oggi è la seconda causa di cecità nei Paesi industrializzati). Il fattore di rischio più importante è la pressione oculare elevata, ma in un terzo dei casi viene osservato in pazienti con pressione oculare normale. Il soggetto può andare incontro a una progressiva riduzione del campo visivo fino alla visione cosiddetta “tubulare” che dà l’impressione di guardare attraverso un cono, perché si riesce a vedere solo una piccola parte di ciò che si ha davanti. Non esiste una cura definitiva, ma la patologia può solo essere rallentata. è stato osservato che in alcuni pazienti glaucomatosi si assisterebbe anche a una progressiva compromissione strutturale e funzionale di zone cerebrali non propriamente deputate alla visione. Non è raro che le persone non si accorgano, anche per lungo tempo, di esserne affette e arrivino dall’oculista quando la situazione è ormai già compromessa. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, il 50% dei pazienti non sa di averlo perché si arriva tardi alla diagnosi. I controlli oculistici periodici sono fondamentali.

Ma quali sono le nuove armi nella terapia medica del glaucoma?
“A tutt’oggi nuove armi nella terapia medica del glaucoma non sono ancora state introdotte in Italia – riferisce Stefano Miglior, presidente Aisg – abbiamo a disposizione una significativa batteria di molecole che, in mono-terapia o terapia combinata, permettono di gestire un numero elevato di pazienti. All’orizzonte sono in arrivo due classi di molecole, gli inibitori delle Rho-Kinasi e l’ossido nitrico. Verosimilmente queste due nuove possibilità terapeutiche verranno introdotte in Italia per la fine di quest’anno o per l’anno prossimo”.

La diagnosi precoce dipende dai seguenti fattori:
1. l’individuo sano deve farsi visitare dall’oculista con una cadenza almeno bi-annuale una volta superati i 40 anni (una soglia arbitraria).
2. Nel caso in cui il clinico dovesse osservare una papilla ottica “sospetta” con possibili segni di danno glaucomatoso (qualunque sia il valore della pressione oculare), verranno richiesti due esami, quello del Campo Visivo, e quello di Imaging della papilla ottica e delle fibre nervose retiniche (Oct), la cui corretta interpretazione permetterà di definire l’individuo esaminato come “affetto da glaucoma”, “sospetto” o “sano”.
3. Nel caso in cui il clinico dovesse osservare una papilla ottica “normale” ed un valore della pressione oculare elevata (superiore a 21 mmHg), verranno richiesti due esami, quello del Campo Visivo, e quello di Imaging della papilla ottica e delle fibre nervose retiniche (Oct), la cui corretta interpretazione permetterà di definire l’individuo esaminato come “sospetto glaucoma” o “iperteso oculare”, quei pazienti cioè che per caratteristiche hanno un rischio più elevato di sviluppare il glaucoma.
4. Nel caso in cui il clinico dovesse osservare una papilla ottica “con chiari segni di danno glaucomatoso” qualunque sia il valore della pressione oculare, verranno richiesti due esami, quello del Campo visivo, e quello di Imaging della papilla ottica e delle fibre nervose retiniche (Oct), la cui corretta interpretazione permetterà di confermare che l’individuo esaminato è “affetto da glaucoma”. In questo caso però non potremo più parlare di diagnosi precoce, ma di diagnosi di malattia ad uno stadio decisamente più avanzato, per cui alla fine si tratterebbe di una “diagnosi tardiva”.

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