Il microbiologo sottolinea: "il limite delle 48 ore è ragionevole, calato nella realtà di tutti i giorni" e si dichiara contrario alla gratuità dei tamponi
“Alla luce delle conoscenze molecolari e soprattutto delle evidenze pratiche di soggetti risultati negativi la mattina e positivi la sera non sarebbe logico”.
Risponde così il microbiologo Guido Rasi, ex capo dell’Ema e consulente del commissario per l’emergenza coronavirus Francesco Figliuolo, alla domanda se sia possibile considerare l’ipotesi di estendere la validità del tampone da 48 a 72 ore per agevolare i lavoratori nell`accesso al certificato.
“Il Sars-CoV-2 ha i suoi tempi – ha spiegato Rasi al quotidiano -. Se io mi contagio, ad un certo punto scatta la replicazione virale. Una singola particella ne può produrre fino a 100.000 in 5 ore. Questo significa che una persona negativa all`inizio della giornata può a metà giornata non esserlo più”. Pertanto, il tampone negativo attesta l’effettiva assenza del virus per non più di 5-8 ore dall`secuzione “Il tampone può essere utile per gestire lo svolgimento di un grande evento tenendo conto che dopo questa breve fase di incubazione un individuo può iniziare ad essere infettivo” ha spiegato il medico.
Il limite delle 48 ore “è un tempo ritenuto ragionevole, calato nella realtà di tutti i giorni. Si è visto che i negativi nell`arco di 48 ore infettano molto poco. Almeno questi erano i dati raccolti prima che si affacciasse la variante Delta” ha spiegato ancora Rasi. “La variante Delta ha tempi di incubazione circa dimezzati, circa 2-4 giorni anziché 5-7, e velocità di replicazione molto più rapida. Come unico vantaggio questo ha consentito di ridurre la durata della quarantena”.
Il microbiologo si è detto contrario alla gratuità dei tamponi.
“Il tampone gratuito sistematico non dà nessuna garanzia di sicurezza e costituisce quindi uno spreco assoluto ed irragionevole di denaro pubblico” secondo Rasi. il tampone gratuito per i non vaccinati “significherebbe avallare l`uso non etico delle limitate risorse per la sanità pubblica quando invece bisogna ribadire con fermezza il dovere civico e morale di vaccinarsi in caso di pandemia e non smettere di rammentare la persistenza di un rischio generalizzato per la salute della collettività. La libertà di non immunizzarsi non viene lesa, ma devono rimanere in piedi le limitazioni che questo comporta”.