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Ucraina, “300 mila civili in ostaggio a Mariupol”, Zelensky apre a dialogo su Crimea e Donbass

E’ finito sotto il fuoco dei russi il convoglio di aiuti umanitari diretto alla città assediata di Mariupol. E’ quanto denuncia Iryna Vereshchuk, ministro per la Reintegrazione dei territori occupati. “Il nostro convoglio umanitario è diretto a Mariupol e contiamo sugli impegni presi dalla Russia riguardo alla disponibilità di rispettare il cessate il fuoco – ha detto – ma ora ci sono segnali che i russi stanno bombardando in direzione del convoglio”. Il convoglio, ha spiegato Vereshchuk, è composto da otto camion e 30 autobus partiti dall’area di Zaporizhzia, con l’obiettivo di arrivare in città per evacuare donne, bambini ed anziani.

Le accuse

“La Russia tiene in ostaggio 300mila civili a Mariupol, impedisce l’evacuazione umanitaria nonostante gli accordi con la mediazione della Croce Rossa internazionale. Un bambino è morto per disidratazione (!) ieri! I crimini di guerra fanno parte della strategia deliberata della Russia. Esorto tutti gli Stati a chiedere pubblicamente: ‘Russia, lascia andare le persone!'”. Lo ha scritto su Twitter il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, a proposito delle operazioni di evacuazione dei civili dalla città dell’Ucraina meridionale.

Negoziati su Crimea e Donbass

Il Presidente ucraino, Volodymir Zelensky, è pronto ad avviare negoziati sullo status della Crimea e delle regioni separatiste del Donbass, anche se non accetterà la richiesta di Mosca di riconoscerne l’indipendenza, o l’annessione della Penisola sul Mar Nero alla Russia, ha reso noto lo stesso Zelensky in una intervista all’emittente tv americana Abc. “Sono disponibile per un dialogo, ma non per una capitolazione. Possiamo discutere e trovare un compromesso sul come la vita proseguirà per questi territori“, ha affermato. La richiesta di Mosca per il riconoscimento “è un altro ultimatum, e noi non accettiamo ultimatum”, ha aggiunto, precisando che è importante capire se in queste regioni le persone che prima volevano aderire alla Russia continuano a pensarla allo stesso modo.

Russi in fuga nelle ex repubbliche sovietiche

In Georgia sono già 25 mila. Gli aerei per il Kirghizistan sono pieni. Erevan, la capitale dell’Armenia, viene ormai chiamata sui social “la piccola Costantinopoli”, in riferimento all’ondata di emigrazione verso Istanbul negli anni venti del secolo scorso. Sono queste le strade scelte dalle migliaia di giovani russi contrari alla guerra che hanno deciso di lasciare il loro paese, racconta il ‘Moscow Times’.

Con lo spazio aereo europeo chiuso, i biglietti aerei per Dubai o Istanbul alle stelle o introvabili, molti hanno scelto di partire per le ex repubbliche sovietiche. Sono giovani come Kirill Shamiev, 29enne di San Pietroburgo, che ha avuto paura di venir mandato al fronte o di una possibile legge marziale. Ha preso un volo per Yekaterinburg negli Urali e da lì è volato a Bishek, capitale del Kirghizistan. Tanti lo stanno imitando. Un reporter del Moscow Times è salito su un volo stracolmo per Bishek, con i 400 posti in maggioranza occupati da russi. All’aeroporto si vedono ovunque ragazzi russi o famiglie di giovani russi di classe medio alta con i bambini. Alberghi e ristoranti sono pieni di russi appena arrivati. Qui i russi non hanno bisogno di visto, la vita costa poco, si parla russo ed eventualmente si può proseguire il viaggio per l’Europa.

“La guerra è ovviamente oscena”, racconta il 26enne Ilya Yaroshenko, investitore in criptovaluta fuggito a Bishek da San Pietroburgo. L’anno scorso è stato anche in carcere per aver manifestato a favore del dissidente Alexei Navalny. Si è deciso a partire, racconta, dopo aver parlato con i suoi genitori. “Dicevano che Putin ha ragione e che si tratta di un’operazione rapida per distruggere i fascisti ucraini. Questo mi ha fatto capire come tutto sia sottosopra”, ha detto.