I nostri figli stanno perdendo il contatto con la realtà - QdS

I nostri figli stanno perdendo il contatto con la realtà

Chiara Borzi

I nostri figli stanno perdendo il contatto con la realtà

venerdì 22 Maggio 2020

I preoccupanti risultati dello studio del docente Andrea Praticò (Unict) pubblicato sulla rivista “Nature Pediatric Research”. “Bambini meno vulnerabili al virus ma l’isolamento ha azzerato la socialità, genitori stimolino lettura e disegno”

CATANIA – L’impatto del Covid-19 sulle fasce più giovani della popolazione ha prodotto lo sviluppo di nuovi comportamenti sia tra quanti hanno convissuto con la patologia, sia tra chi ne ha subito le conseguenze negli stili di vita.

Il catanese Andrea Praticò, docente del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell’Università di Catania, ha analizzato l’impatto della pandemia nell’età pediatrica dagli ospedali alle famiglie, fino ai singoli piccoli pazienti.

Lo studio ha trovato spazio tra le pagine della rivista Nature “Pediatric Reserch”.

“Nell’editoriale – analizza il docente – ho cercato di porre l’attenzione sull’impatto della pandemia nei bambini e nella gestione ospedaliera dei piccoli pazienti. Ho riportato brevemente alcune gravi conseguenze legate alla pandemia e alle necessarie misure di contenimento attuate a livello globale. Tra gli svantaggi, ad esempio, oltre alla gravità della patologia stessa e del triste bilancio in vite umane pagato da molte regioni italiane, salta subito all’occhio di qualsiasi genitore le difficoltà nella gestione esclusivamente domestica dei bambini, notoriamente portati alla socializzazione e al gioco con altri bambini. La mancanza delle attività didattiche (sostituite con grande sforzo dei docenti dalle lezioni online) ha creato qualche difficoltà nell’apprendimento soprattutto dei più piccoli, ma ha anche reso i più grandi facilmente ‘distratti’ da social e cellulari (e da fake news). Altro svantaggio, per chi è affetto da patologie croniche o rare, è stata l’eccessiva ‘polarizzazione’ del dibattito medico sul Covid-19, la conseguente dimenticanza di alcune patologie (anche da parte degli stessi pazienti e dei medici, talvolta!). Infine l’eccessiva perdita di risorse con la crisi economica causata dalla pandemia, potrebbe gravare su diversi ambiti sanitari, in particolare quello pediatrico”.

La pandemia è stata anche una opportunità per approfondire lo studio della malattia nei bambini: a che punto siamo sotto questo profilo?
“Tra le opportunità c’è stato lo studio del perché nei bambini la patologia è meno grave. Il principale motivo sembra essere la naturale assenza di un recettore, ovvero una proteina a cui il virus si lega, nel loro apparato respiratorio. Tale recettore (Ace2) è la principale ‘porta di accesso’ del virus nell’organismo e in assenza di esso le cellule sarebbero naturalmente più protette. Altri autori hanno sottolineato che le recenti vaccinazioni (i bambini sono vaccinati più ‘recentemente’ degli adulti) possano contribuire a rendere l’organismo più pronto ad affrontare la malattia anche se le vaccinazioni sono rivolte ad altri virus. Un gruppo di studiosi ha evidenziato che nei bambini, pur in presenza del virus, non si scatena la fase di malattia più acuta perché mancano alcune proteine “pro-infiammatorie”. In un certo senso, lo studio della risposta ai bambini, potrà aiutare a capire cosa accade (di sbagliato) nella risposta immunitaria dei soggetti più anziani”.

Bambini incollati al tablet: una “guerra” quotidiana che si consuma tra genitori e figli. Che consiglio si sente di dare ai genitori?
“Abbiamo notato un incremento considerevole dei cosiddetti gaming disorders, ovvero patologie legate all’eccessivo utilizzo di dispositivi elettronici e tablet. In America chiamano i piccoli dipendenti dai video YouTube Zombies, sottolineando la perdita di contatto con la realtà circostante. Il consiglio che mi sento di dare è di ridurre al minimo (se non abolire del tutto) l’impiego dei dispositivi elettronici, soprattutto nella prima infanzia. È stato infatti osservato un incremento di patologie neuropsichiatriche, come l’Adhd (la sindrome da iperattività e distraibilità) o alcuni deficit specifici dell’apprendimento (dislessia, discalculia) legati all’utilizzo dei tablet. Potrò essere anche banale, ma giocare con le costruzioni, le bambole o la palla (anche dentro casa, col rischio di rompere qualche vaso), disegnare qualsiasi cosa su un foglio di carta o ascoltare la lettura di un bel libro per bambini è il metodo migliore per stimolare la fantasia e la creatività (e l’intelligenza) delle future generazioni”.

Twitter: @ChiaraBorzi

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