Il 60% delle donne beve alcol in gravidanza, ogni anno nascono 120 mila bambini con Fasd - QdS

Il 60% delle donne beve alcol in gravidanza, ogni anno nascono 120 mila bambini con Fasd

redazione

Il 60% delle donne beve alcol in gravidanza, ogni anno nascono 120 mila bambini con Fasd

martedì 01 Settembre 2020

Indagine della Società italiana di neonatologia (Sin) a pochi giorni dalla Giornata mondiale sulla sindrome feto-alcolica e i disturbi correlati che si celebra il 9 settembre, molte future mamme sono erroneamente convinte che consumo moderato non comporti problemi al feto

Nel mondo circa il 60% delle donne beve alcol durante la gravidanza e ogni anno nascono circa 120 mila bambini – in Italia quasi 2.500 – che probabilmente svilupperanno lo spettro dei disordini feto-alcolici. Ovvero anomalie fisiche e neuro-comportamentali diverse, di gravità molto variabile con i danni che ne seguono. Problemi che possono colpire il nascituro esposto all’alcol durante la gravidanza e l’allattamento. A tracciare il quadro la Società italiana di neonatologia (Sin) a pochi giorni dalla Giornata mondiale sulla sindrome feto-alcolica e i disturbi correlati che si celebra il 9 settembre, richiamando l’attenzione sulle disabilità e i problemi derivanti dall’uso di bevande alcoliche durante la gravidanza, per contrastare il problema e contribuire alla diffusione di una corretta informazione.

“A livello mondiale, la stima della prevalenza della sindrome feto-alcolica, che rappresenta la più grave ed evidente forma tra le alterazioni imputabili all’alcol, oscilla tra lo 0,5 e i 3 casi su 1.000 nati vivi nella maggior parte delle popolazioni, mentre l’interospettro dei disturbi correlati riguarda circa l’1% della popolazione globale. Un dato che deve far riflettere è che questa sindrome attualmente costituisce la prima causa di ritardo mentale nei bambini dei paesi ad alto tenore economico”, afferma Fabio Mosca, presidente Sin.

“Molte future mamme – ricordano i neonatologi – sono erroneamente convinte che consumare vino, birra, liquori, amari o superalcolici in maniera ‘moderata’ non comporti problemi per il feto. Viceversa, sono poche le donne informate del fatto che il consumo di alcol in gravidanza sia sempre nocivo, a prescindere dalla quantità assunta e dalle volte in cui viene consumato. L’Italia, dove culturalmente l’alcol è accettato e anzi associato tendenzialmente a immagini positive, è tra le nazioni al mondo con prevalenza maggiore di

Non esistono attualmente dati italiani sul consumo di alcol in gravidanza e sull’incidenza e la prevalenza dei disordini feto-alcolici. Per questo motivo il ministero della Salute ha recentemente finanziato all’Istituto superiore di sanità un progetto biennale sulla prevenzione, diagnosi precoce e trattamento mirato dello spettro Fasd (spettro dei disordini feto-alcolici) e della Fas (sindrome feto-alcolica). Al progetto, patrocinato anche dalla Sin e diretto da Simona Pichini del Centro nazionale dipendenze e doping, parteciperanno diverse Strutture di Neonatologia e di Ostetricia in varie regioni italiane.

“La Fas si può prevenire al 100%, ma per farlo – ricordano i neonatologi – è indispensabile che i medici forniscano alle donne in gravidanza e in età fertile tutte le informazioni utili per capire quali possano essere le conseguenze del consumo di alcol. Purtroppo, nonostante gli sforzi profusi per educazione e informazione sulla Fas,neonatologi e pediatri esprimono la preoccupazione sul possibile futuro aumento della prevalenza globale di questa malattia.

“La causa maggiore della diffusione della Fas – secondo i medici – è la diffusa accondiscendenza culturale al consumo di alcol, riscontrabile anche tra alcuni professionisti sanitari a contatto con le donne in età fertile. L’unica indicazione corretta da fornire sarebbe infatti la totale astensione da alcol già da quando si comincia a pensare di voler concepire un figlio, una consapevolezza purtroppo non ancora abbastanza diffusa”. “Per i bambini esposti all’alcol durante la gravidanza concludono i neonatologi – fondamentale è la diagnosi precoce, per garantire una presa in carico che preveda cure mediche e psichiatriche/psicologiche, logopedia, terapia fisica, educazione speciale ed altri servizi essenziali”.

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