“I più sinceri ringraziamenti per l’opportunità professionale concessa al presidio ospedaliero di Taormina”. Con poche righe formali, il commissario dell’Asp di Messina Bernardo Alagna ha informato il personale sanitario della Cardiochirurgia pediatrica di Taormina che dal 31 luglio il reparto chiude. Fine corsa per l’esperienza in convenzione con l’ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma. La Regione ha deciso di riportare dopo 13 anni la Cardiochirurgia pediatrica a Palermo: l’azienda Arnas (il reparto avrà sede all’ospedale Di Cristina) ha siglato un contratto triennale con la Fondazione San Donato di Milano, il cui presidente è l’ex ministro Angelino Alfano.
Negli stessi giorni in cui medici e infermieri di Taormina hanno ricevuto la comunicazione ufficiale della chiusura, tra le corsie e le sale operatorie sono presenti anche due dottoresse libiche, una di Haiti e una proveniente dall’Armenia. Già, perché dal 2010 a oggi l’equipe guidata del primario Sasha Agati ha tessuto una rete internazionale di aiuto e formazione. I camici bianchi siciliani sono volati in Zambia, Tanzania, Haiti, Panama, e da ultimo in Libia. Unici italiani a Bengasi nel 2020 quando il Paese nordafricano era in piena guerra civile. Non solo per sistemare i cuori malandati di centinaia di piccoli pazienti, ma per avviare un percorso di formazione. “Noi andiamo lì finché non saranno autonomi e non avranno più bisogno di noi”, ama ripetere il dottore Agati. Nel contesto di questi scambi il reparto di Taormina è diventato la meta per tanti medici provenienti dal Sud del mondo che vogliono diventare cardiochirurghi pediatrici. Nei fatti quello che a parole ripetono in tanti: la Sicilia dovrebbe essere il riferimento per la sponda Sud del Mediterraneo.
Lo stop imposto dalla Regione non metterà fine a queste esperienze internazionali: i singoli professionisti continueranno a volare in Africa, ma Taormina non sarà più il centro nevralgico del progetto. Allo stesso modo decine di piccoli pazienti siciliani in cura rimarranno senza quella che le loro mamme non esitano a definire “una famiglia”, oltre che un reparto di eccellenza. Attualmente vi lavorano circa 90 tra medici, infermieri e tecnici della perfusioni. I dipendenti del Bambin Gesù sono solo i quattro medici responsabili di area (cardiochirurgo, cardiologo, anestesista e neonatologo), la responsabile infermieristica e una segretaria amministrativa. Loro molto probabilmente torneranno a Roma. Il resto del personale dipende dall’Asp di Messina. Dove verranno collocati non è chiaro. Quello che è certo è che si tratta di professionisti formati negli anni e oggi titolari di competenze che non esistono nel resto della Sicilia, essendo Taormina finora l’unica Cardiochirurgia pediatrica.
Il Bambin Gesù arriva a Taormina nel 2010 e la convenzione prevede che in qualunque momento, con 90 giorni di pre avviso, la Regione possa comunicarne lo stop in favore del trasferimento della Cardiochirurgia pediatrica a Palermo, sua sede originaria. Negli anni l’accordo viene prorogato e, consapevoli delle difficoltà logistiche per le famiglie dei piccoli pazienti provenienti dalla Sicilia occidentale, si valuta anche la proposta dello stesso Bambin Gesù di mantenere il reparto fisso a Taormina e allo stesso tempo di essere presenti per alcuni giorni al mese anche Palermo. Ma non se ne fa niente. Sulla necessità di avere solo un reparto in tutta l’isola, la Regione rimanda ai paletti del ministero della Salute: una Cardiochirurgia pediatrica per un bacino di residenti compresi tra 4 e 6 milioni. La Sicilia conta circa 5 milioni di abitanti. Eppure il Veneto che ha una popolazione simile ha due reparti, a Padova e Verona. Mentre in Lombardia sono tre.
Il costo annuale della convenzione tra l’Asp di Messina e l’ospedale Bambin Gesù è stato di 800mila euro , a cui aggiungere un massimo di 380mila euro annui in caso di raggiungimento dell’obiettivo di ridurre del 10 per cento la mobilità passiva, cioè la percentuale dei siciliani che vanno a curarsi fuori Regione. Totale massimo: 1,2 milioni all’anno. Il nuovo accordo che l’azienda Arnas di Palermo ha siglato con la Fondazione San Donato ha un valore di 8 milioni 250mila euro per un triennio, rinnovabile per altri due. Quindi 2 milioni 750mila euro all’anno. Circa il doppio rispetto alla convenzione col Bambin Gesù.
Le figure richieste alla fondazione San Donato sono: un direttore per Cardiochirurgia, un secondo operatore di equipe chirurgica, un Cardio-anestesista, un tecnico perfusionista, un infermiere professionale ferrista e un responsabile infermieristico coordinatore del reparto. Ma solo per quest’ultimo è prevista una presenza in reparto di 365 giorni l’anno. Gli altri, stando al bando pubblico, dovranno garantire la presenza 52 giorni all’anno, una volta alla settimana. “L’equipe chirurgica dovrà garantire con cadenza bisettimanale la presenza per almeno due giorni nei quali saranno effettuati interventi chirurgici in elezione”. A questi si aggiungono in teleconsulto, 4 ore a settimana, una consulenza cardiochirurgica, una cardiologica e una cardio-anestesistica; e la presenza fisica 10 giorni all’anno di tre formatori medico-infermiristici. Questa equipe costerà 320mila euro all’anno, stima l’Arnas, ma questo costo si aggiunge ai 2 milioni 750mila euro annuali garantiti dalla convenzione. Uno scenario che, almeno sulla carta, sembra distante dalla operatività quotidiana che oggi offre, a costi inferiori, il Bambin Gesù a Taormina.
C’è, infine, un aspetto che né il presidente della Regione Renato Schifani, né l’assessora alla Salute Giovanna Volo hanno realmente chiarito. A novembre 2022 viene firmato il contratto con la Fondazione San Donato. A gennaio 2023 la commissione Salute esamina il caso Taormina davanti a Volo. Alla fine della seduta il presidente Giuseppe Laccoto riferisce dell’impegno preso dall’assessora. “La convenzione – dice – sarà rinnovata dopo un’adeguata rimodulazione”. Si parla di altri quattro anni. Stesse rassicurazioni filtrano dall’Asp di Messina verso i vertici del Bambin Gesù. Ad aprile l’annuncio invece dell’imminente chiusura. Cosa è cambiato? “A gennaio – risponde Volo al Quotidiano di Sicilia – io avevo solo preso l’impegno di approfondire col ministero, da cui è però arrivato un secco no. E non potevamo più prorogare perché – conclude – l’accordo del 2010 tra l’Asp di Messina e il Bambin Gesù non è frutto di un bando di evidenza pubblica, ma di un accordo fiduciario”.