Il Coronavirus ora ci guarda da vicino: 16 contagiati in Italia - QdS

Il Coronavirus ora ci guarda da vicino: 16 contagiati in Italia

redazione

Il Coronavirus ora ci guarda da vicino: 16 contagiati in Italia

venerdì 21 Febbraio 2020

14 casi in Lombardia e 2 in Veneto. Isolamento per 250 persone. Il presidente della Società di malattie infettive, Marcello Tavio, invita alla calma: “Non c’è motivo di elevare il livello di allarme al massimo”. Possibile essere negativi al test anche dopo aver contratto l’infezione

ROMA – Si concentrano per ora tutti nel Nord Italia, i casi di persone risultate positive al coronavirus. Ce ne sono due in Veneto e 14 in Lombardia. I due veneti risultati positivi ai primi test sono in isolamento in ospedale in attesa degli esiti del secondo test.

Quanto ai casi in Lombardia, un paziente è un trentottenne, dipendente della Unilever di Lodi, ricoverato in terapia intensiva all’ospedale di Codogno. Le sue condizioni sono migliorate rispetto a gioved’ sera, quando si è presentato al pronto soccorso. L’uomo, nelle settimane scorse, sarebbe andato a cena con un collega tornato dalla Cina, un dipendente della Mae di Fiorenzuola d’Arda (Piacenza). Positiva al virus anche la moglie, un’insegnante, che è incinta e in questo periodo non \andava a lavoro. Positiva anche una terza persona, il figlio del titolare di un bar di Codogno che avrebbe fatto sport con il 38enne. Gli altri tre contagiati sono clienti del bar.

Il collega rientrato dalla Cina si trova in isolamento al Sacco di Milano ed è risultato negativo ad un primo test. Intanto è ricoverata in isolamento nel reparto di Malattie Infettive dell’Ospedale di Piacenza una donna, sintomatica, collega del 38enne positivo al coronavirus. Altri 8 casi resi noti dall’assessore al Welfare della Lombardia Gallera riguardano 5 operatori sanitari, infermieri e medici dell’ospedale di Codogno e 3 pazienti.

“Il nuovo SarsCoV2 è ora presente anche in Italia e la fase nuova è segnata dalla presenza di casi di trasmissione secondaria dell’infezione”. Queste le parole di Walter Ricciardi, membro del Consiglio esecutivo dell’Oms. L’ospedale di Codogno ha chiuso l’accesso al pubblico. L’assessore al Welfare della Lombardia Gallera ha invitato i cittadini di Castiglione d’Adda, Codogno e Casalpustergo, a scopo precauzionale, a rimanere a casa “in quarentena volontaria” e ha chiarito che sono già stati effettuati tutti gli accertamenti diagnostici necessari sull’intero staff medico e sanitario dell’ospedale di Codogno.

Il premier Conte ha annunciato che è stata disposta una quarantena per tutti quelli che sono entrati in contatto con i contagiati. Secondo quanto si è appreso sarebbero almeno 250 persone. A Castiglione d’Adda, dove risiedono i genitori dell’uomo contagiato dal coronavirus, sono stati sospesi i festeggiamenti per il carnevale e gli eventi sportivi ed è allo studio la chiusura delle scuole. Anche a Lodi si pensa alla chiusura delle scuole.

Il ministero della Salute ha disposto con un’ordinanza quarantena “fiduciaria”, cioè su base volontaria, per chi è tornato da un viaggio in Cina negli ultimi 14 giorni e “sorveglianza attiva” per chi è stato nelle aree a rischio, cioè nel paese asiatico così come indicato dall’Oms, con obbligo di segnalazione alle autorità sanitarie locali al proprio rientro in Italia. Per evitare contatti a rischio, prima di fare una visita domiciliare o di ricevere in studio un paziente con sintomi sospetti da coronavirus, i medici di famiglia faranno un triage telefonico.

La Federazione italiana medici di medicina generale invierà a tutti i medici una scheda con domande sui contatti, sulla capacità respiratoria del paziente, su eventuali episodi di dispnea. Il ministro della Salute Speranza, il viceministro Sileri, il ministro della Difesa Guerini e il capo della Protezione Civile Borrelli sono in Lombardia per seguire più da vicino la vicenda.

Intanto, sarebbe guarito il giovane ricercatore che era stato ricoverato allo Spallanzani di Roma visto che “risulta persistentemente negativo al test sul coronavirus”. Sono usciti, infine, dalla quarantena i 55 connazionali che erano stati rimpatriati da Wuhan ed erano stati tenuti in isolamento alla Cecchignola.

“Ma non c’è motivo di elevare il livello di allarme al massimo”

ROMA – È possibile essere negativi al test dopo avere avuto un’infezione da coronavirus SarsCoV2. Lo rileva Giorgio Palù, ordinario di Microbiologia e Virologia dell’ Università di Padova, dopo il caso del dipendente della Mae di Fiorenzuola d’Arda (Piacenza) attualmente isolato nell’ospedale Sacco di Milano, risultato negativo al tampone. Ci sono diversi motivi per i quali questo può accadere e al momento non ci sono elementi sufficienti per preferire un’ipotesi a un’altra, dice l’esperto.

“Come tutti i test, anche quello per il coronavirus è suscettibile al prelievo”, dipende cioè dal punto in cui è stato fatto il prelievo con il tampone, per esempio se dalla gola o dal naso. “è possibile che l’infezione sia passata dalle vie aeree superficiali a quelle profonde”, ha osservato l’esperto. Le ipotesi in campo sono comunque diverse e al momento non ci sono elementi per decidere quale sia la più valida. Non si può quindi escludere che “quando l’uomo ha fatto il test non aveva più virus rilevabile”, o che il contagio sia avvenuto dopo un contatto con un’altra persona o ancora in modo indiretto, per contatto con oggetti esposti al virus.

Si discute tra gli esperti, adesso, su quale sia la migliore strada da seguire per fermare la diffusione del virus nel Paese. Secondo Marcello Tavio, presidente della Società di malattie infettive e tropicali, al momento “non c’è motivo di elevare il livello di allarme in Italia al massimo. Il massimo livello è se si contano molti casi autoctoni in varie parti d’Italia, cioè servono focolai plurimi che si accendono contemporaneamente”.

“A quel punto – prosegue Tavio – non vale più il criterio epidemiologico di contatto con una persona che ha avuto o ha il virus o è stata in un paese ad alto rischio, perché chiunque potrebbe avere il virus, ma siamo ancora fuori da questo scenario”.

Dunque, rileva Tavio, “siamo ancora in una situazione in cui il criterio epidemiologico, ovvero il contatto con persona malata o che proviene da un’area infetta, ha grande valore”.

Quanto alla possibilità di trasmissione asintomatica del nuovo coronavirus, secondo l’esperto “le persone nella fase presintomatica, quando sono cioè asintomatiche ma di lì a poco sviluppano la patologia, sono potenzialmente infettive. Ci sono invece dubbi sui soggetti che restano totalmente asintomatici: per il momento – ha concluso – non possiamo dire che le persone completamente asintomatiche trasmettono l’infezione”.

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