L’industria siciliana ci crede, nonostante non riesca a tenere il passo con le regioni del Nord Italia. Nel 2022, il contributo dato al Pil da parte delle industrie isolane è aumentato del 3,51%, e per il 2023 è prevista una crescita ulteriore dello 0,66%, secondo i dati Prometeia di aprile, elaborati dall’ufficio studi della Cgia. Purtroppo però, la Sicilia rimane al di sotto della media nazionale. Nella penisola, infatti, la crescita nel 2022 è stata del 3,67%, mentre per il 2023 è prevista per lo 0,69%. Per macroaree territoriali, è il Nord Est a segnare la maggiore crescita, con il 3,79% per il 2022 e lo 0,80% per il 2023.
Si tratta comunque di un quadro positivo per l’intera nazione in tutti i suoi comparti: l’anno scorso la regione che è cresciuta maggiormente è stata la Lombardia che ha registrato un significativo +3,93%. Subito dopo, il Veneto (+3,87%), la Valle d’Aosta (+3,85%) e l’Emilia Romagna (+3,82%). Bene anche la Campania (+3,72%), la Calabria (+3,52%) e la Sicilia. E per il 2023, al Sud sono attesi dei risultati lusinghieri. Se in Campania si prevede una crescita dello 0,62%, in Abruzzo dello 0,65, in Sicilia dello 0,66, in Basilicata dello 0,71 e in Puglia dello 0,73%. Con tali numeri, nel 2023 il Mezzogiorno, con una media dello 0,64%, potrebbe ottenere un incremento del Pil superiore alle regioni del Centro. Nord Est e Nord Ovest salgono ben più in alto, rispettivamente dello 0,80 e dello 0,74%.
Un risultato inatteso, perché raggiunto nonostante permangano ancora molti fattori di instabilità (guerra, costo del denaro, inflazione, caro energia, siccità, strascichi della pandemia), che hanno reso molto difficile procedere e andare avanti per moltissimi settori produttivi, che hanno affrontato incognite mai valutate prima. In tal modo, il settore produttivo del Paese sta dimostrando livelli di resilienza impensabili fino a qualche tempo fa. Anche nel 2023 i consumi delle famiglie, gli investimenti e la produzione industriale si manterranno su soglie importanti. Le presenze turistiche sono destinate a toccare quelle registrate prima dell’avvento del Covid, grazie ad una rinnovata voglia di uscire e muoversi, e ciò avrà influssi positivi sia per il turismo di prossimità che di lunga distanza.
Per contro, nel 2023 a soffrire saranno, in particolar modo, l’edilizia, che sconterà la progressiva riduzione dei bonus, e l’agricoltura che già adesso soffre tremendamente l’emergenza idrica e la difficoltà di reperire personale. Il traino del Paese rimangono la Lombardia e il Nord Est, rafforzando la leadership del nuovo triangolo industriale allargato (Milano-Bologna-Venezia) che da qualche decennio ha “scalzato” quello storico (Milano-Torino-Genova) che, come ricorda la Cgia, ha determinato il boom economico degli anni ’60 del secolo scorso. A fronte di un valore aggiunto complessivo ascrivibile a queste regioni che nel 2022 ha toccato gli 883 miliardi di euro, l’incidenza sul Pil nazionale è pari al 46,3%.
Il nuovo triangolo industriale ha mantenuto fermo il vertice su Milano, ma, rispetto alla versione storica, è ruotato di 180 gradi, posizionando i due nuovi ipotetici vertici su Bologna e Venezia. Questa nuova collocazione geografica che, comunque, comprende tutto il Nordest, è confermata anche dal risultato del conteggio del numero dei veicoli pesanti che transitano lungo le autostrade del Nord. Se sull’A4 Torino-Milano il numero medio giornaliero dei Tir è pari a 13.432, sull’A4 Milano-Brescia è di 26.108 (quasi il doppio) e sul tratto dell’A4 Brescia-Padova è di 28.795 (più del doppio).