L’Istat e la distribuzione sul territorio degli impiegati nel terzo settore. In Sicilia è la rivincita dei piccoli centri. L’esempio più significativo è Priolo Gargallo (5.000 occupati), poi Santa Venerina (800) e Custonaci (786)
CATANIA – L’Istat ha pubblicato nei mesi scorsi nuovi dati che riguardano la distribuzioni sul territorio italiano degli impiegati nel terzo settore e gli occupati nel settore industriale. Ne emerge un quadro nuovo, particolare, in cui – premettendo la maggior parte degli addetti all’industria sia trova soprattutto a Nord – quest’ultimi sembrano presenti più fuori la città, localizzati in provincia.
L’industria sta lasciando i grandi centri urbani? Sembra di sì e la Sicilia rispecchia il trend italiano sia per “territorialità” che per tipologia di addetti distribuiti sul territorio a livello regionale. Tra i due range considerati da Istat, anche nell’isola prevale quello legato al terzo settore e meno all’industria, che ugualmente sembra proprio preferire la provincia per le proprie attività.
L’esempio regionale più significativo è quello di Priolo Gargallo (Siracusa), ma sono indicativi anche i numeri censiti per le piccole cittadine di Santa Venerina (Giarre-Catania) e Custonaci (Trapani). Gli impiegati industriali priolesi, certamente occupati all’interno del petrolchimico, sono quasi 5.000. A Santa Venerina, pur in assenza di una grande zona industriale, gli impiegati nel settore sono quasi 800 e nella trapanese Custonaci 786.
Considerato il contenuto sviluppo del comparto industriale siciliano rimangono da restituire numeri inferiori, ma ugualmente significativi vista le dimensioni dei territori in cui quest’attività si sviluppa. Trovano così la “ribalta” San Piero Niceto (Milazzo – Messina) con 220 addetti nell’industria su 2 mila abitanti, San Marco D’Alunzio (Sant’Agata di Militello – Messina) 315 addetti su 1.957 abitanti, Gagliano Castelferrato (Troina – Enna) 389 addetti su 3.550 abitanti.
Analizzando poi brevemente i dati riguardanti gli addetti ai servizi, spiccano le cifre di Mineo (Catania) dove gli impiegati nel settore servizi sono 702 su una popolazione di 5.117 abitanti o San Giovanni La Punta (Catania) dove Istat ha censito 3.699 addetti ai servizi e 798 dell’industria su una popolazione più ampia di 23 mila abitanti.
Situazione equilibrata a Gela (altra città siciliana del petrolchimico) che si divide quasi equamente tra addetti ai servizi (6.400) e nell’industria (5.000). La stessa situazione si verifica nella più piccola Acate (Vittoria – Ragusa) e a Chiaramonte Gulfi (Ragusa), dove si trova una maggioranza addetta ai servizi (rispettivamente 478 e 681) e una minoranza all’industria (329 e 470). I territori interni della Sicilia sono evidentemente capaci di un discreto fermento nel terziario e a volte contemporaneo nel secondario.
Tenendo sempre in considerazioni le dovute proporzioni geografiche e il numero degli abitanti, possiamo dire che nelle tre principali città capoluogo siciliane gli addetti all’industria sono anche qui una minoranza. A Palermo il terziario conta 104 mila addetti contro i 18.600 dell’industria, Catania ne ha censiti 15.850 nell’industria contro i 61.180 nel terziario, a Messina Istat ha individuato 6 mila addetti al secondo settore contro i 32.800 addetti ai servizi.
I numeri siciliani confermano la svolta di un’industria sempre più vocata alla provincia e che pone sotto i riflettori piccole città come Torrenova (Sant’Agata di Militello – Messina), Montagnareale (Patti), Monforte San Giorgio (Milazzo – Messina), Ficarra (Brolo – Messina), Mirto (Capo d’Orlando – Messina), Gratteri (Cefalù – Palermo), Godrano (Corleone – Palermo), Comitini (Agrigento) o Buscemi (Noto).