Interrogatorio Rackete, sit-in di solidarietà - QdS

Interrogatorio Rackete, sit-in di solidarietà

redazione

Interrogatorio Rackete, sit-in di solidarietà

giovedì 18 Luglio 2019

A organizzare la manifestazione davanti al Palazzo di Giustizia di Agrigento è stata la rete delle associazioni e di liberi cittadini. Lo striscione "Salvare vite umane non è reato". No del Consiglio comunale di Palermo alla cittadinanza onoraria ai militari della Gdf

Carola Rackete, all’uscita dal Palazzo di giustizia di Agrigento dopo un interrogatorio di quattro ore, è stata accolta una applausi e slogan, come “Brava Carola, brava”, da coloro i quali per tutta la mattinata hanno atteso la sua uscita per esprimere la propria solidarietà.

Un sit-in di solidarietà per l’ex comandante della Sea Watch3 era stato infatti organizzato dalla rete delle associazioni e di liberi cittadini.

“Salvare vite in mare non è reato” era scritto su uno degli striscioni tenuto alzato davanti la porta di ingresso del Palazzo di Giustizia, che è stato rimosso da due carabinieri.

I manifestanti si sono dunque spostati su via Mazzini, la strada antistante Palazzo di Giustizia, diffondendo un volantino “a sostegno delle azioni di soccorso in mare delle Ong e degli atti di resistenza civile operati da attiviste e attivisti contro il clima di paura nei confronti dello straniero e delle diversità”.

“Sono stata molto contenta – ha detto la Capitana, rispondendo alle domande dei cronisti all’uscita dal Tribunale – di avere avuto l’opportunità di spiegare tutti i dettagli del salvataggio del 12 giugno scorso. Spero che la Commissione europea dopo l’elezione del nuovo Parlamento faccia il meglio possibile per evitare queste situazioni e che tutti i Paesi accettino le persone salvate dalle flotte di navi civili”.

Non ha parlato di Salvini ma lo ha fatto il suo avvocato, Alessandro Gamberini, affermando: “Che il clima di odio ci sia e venga alimentato da dichiarazioni aggressive, irresponsabili e false, come quelle che il ministro Salvini ha presentato nei suoi profili social è pacifico, perché un conto sono le chiacchiere da bar, un altro le affermazioni di un uomo che ha responsabilità istituzionali”.

“Il ministro degli Esteri dice espressamente che la Libia non è un porto sicuro – ha aggiunto il legale -. Questo esigerebbe, se fossimo in una situazione coerente, che i Paesi europei si obbligassero a presidiare le acque Sar libiche. Criminalizzare le associazioni umanitarie per quello che dovrebbero fare i Paesi europei è una cosa incoerente, una vergogna. La motovedetta libica che si è avvicinata esibiva un’insegna del comandante di una milizia ed è una cosa documentata”.

Intanto oggi la Procura di Ragusa ha chiesto il processo per il comandante della Open Arms, Marc Reig Creus, e per il capo missione Ana Isabel Mier, accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

I fatti risalgono al marzo del 2018 quando la nave dell’Ong spagnola, contravvenendo alle direttive, decise di attraccare nel porto di Pozzallo invece che a La Valletta.

L’imbarcazione non tenne in considerazione le disposizioni arrivate dal Centro di coordinamento italiano e le indicazioni giunte da Madrid.

Ma il comandante era l’unico a poter giudicare sulle condizioni di salute dei migranti a bordo.

Sempre oggi il Consiglio comunale di Palermo ha bocciato ieri l’ordine del giorno per la concessione della cittadinanza onoraria ai militari della motovedetta della Guardia di finanza che si frappose Lampedusa tra la della Sea Watch, comandata da Carola Rackete, e la banchina del porto.
L’odg era stato ovviamente presentato dalla Lega nord e aveva scatenato un acceso dibattito.

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