Quattro anni fa eravamo in lockdown. Per me, ma non solo per me, fu un periodo pessimo. Mi subentrò uno stato depressivo, rimasi sempre a casa in pantofole, senza una mission, un progetto alternativo. Passavo ore a guardare la TV, vecchi film, a leggere nel migliore dei casi.
In quel momento ho capito cosa significhi il disagio mentale, che molti accanto a noi hanno, che infierisce sulle loro esistenze. Le malattie dell’animo sono meno percepibili e giustificabili dalle persone che abbiamo intorno, anche da quelle che ti vogliono bene.
Ne sono uscito scrivendo, riprendendo una abilità espressiva abbandonata da ragazzo. Prima scrivevo solo su FB, usandolo, assurdamente, come un lettino di psicanalisi, una pagina bianca con scritto sopra “Cosa stai pensando?”.
E tutto quello che pensavo lo vomitavo fuori, con quasi un ardore compulsivo. Costruivo gruppi di whatsapp, come Liberiamo Palermo che ha quasi raggiunto i 18.000 iscritti, a cui è seguito Radio Lamp, con il mio amico Vincenzo Terrasi , e Sicilia Folle, a cui mi dovrei dedicare di più. Il disagio è tanto ed è crescente, come mi certifica la mia amica/sorella Carmencita Mangano, imprescindibile dirigente medico dell’Asp di Palermo. Poi un’altra sorellina della mia squieta vita, Antonella Del Sordo mi invitò a scrivere più seriamente, sui blog o giornali online. Il primo che accolse i miei editoriali, al limite della provocazione nonsense, fu Salvo Messina su Sicilia2.0news. Li firmavo come La Blatta, non tanto perché il mondo Covid mi facesse schifo, ma per sempiterna stima al mio gruppo preferito i Beatles.
Poi grazie alla vecchia amica Raffaella Tregua è iniziata la importante collaborazione con il QdS, giornale che mi ha dato spazio e fiducia, e su cui in questi pochi anni ho scritto oltre 600 articoli, che purtroppo per molti di voi sono peggio degli allarmi delle pillole o delle prenotazioni in palestra. Mi scuso per avervi subissato di articoli, a tutte le ore, di avervi inzuppato i neuroni di miei riflessioni, spunti, ed anche sciocchezze a volte. Mi scuso di avervi taggato con insistenza degna di migliori cause, in particolare con alcuni di voi.
Ringrazio anche altri autorevoli editori e giornalisti che mi hanno ospitato nei loro siti, come Marco Benedetto, grande vecchio della stampa italiana, e Filippo Rossi.
Non so se vi può servire il mio esempio sullo scrivere come terapia, ma ve lo consiglio, riesce a tirare fuori ciò che è meglio che esca, perché dentro può spesso incancrenirsi.
Lo scrivere non mi fa guarire, ma gestisce e controlla lo stato di disagio mentale di cui soffro, l’inquietudine del vivere.
Così è se vi pare